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Biden

Come cambierà la politica estera Usa con Biden?

Che cosa succederà ai rapporti fra Stati Uniti e Unione europea con Biden alla Casa Bianca. L'approfondimento di Daniela Coli

 

I media statunitensi (per esempio The Hill) premono molto sulla necessità dell’alleanza transatlantica e sul rapporto con la Germania. Lo storico Adam Tooze, direttore degli European Studies alla Columbia University, twitta di aver perso le fede naif negli Stati Uniti e l’11 novembre discuterà a Berlino con Schäuble la fine del secolo americano. La parola faith (fede) è comune nel linguaggio politico statunitense ed era anche la parola base della filosofia politica di Gentile (piccole sfumature), ma Tooze è uno storico di Cambridge, cittadino britannico e specialista di storia tedesca.

L’ideologia americana è un mix di realismo offensivo (si pensi solo ad American Sniper di Clint Eastwood o alle teorie di Mearsheimer) e di nazionalismo religioso (la convinzione di essere stati scelti da Dio per la missione di dominare il mondo), ma ha dovuto scontrarsi con la realtà. Dalla guerra di Corea, gli Usa non hanno vinto una guerra, a parte la Prima Guerra del Golfo per liberare il Kuwait (1991) fatta con una coalizione di 35 stati da Bush sr che perse poi le elezioni con Clinton. Dal 2001 a oggi le guerre Usa e Nato in Medio Oriente sono state un disastro e la perdita dell’egemonia americana in Medio Oriente è uno dei grandi problemi dibattuti dai democratici (vedi, appunto, The Hill) e, per questo, si batte tanto sull’alleanza con l’Europa.

In realtà, Trump con gli Abraham Agreement ha risolto il problema di Israele riconosciuto da Emirati, Bahrain, vari stati africani e in parte anche dall’Arabia Saudita. Nemmeno da pensare la cancellazione di Gerusalemme capitale di Israele e degli Abraham Agreement da parte di Biden. Israele potrebbe addirittura cambiare alleato, come ha sempre fatto nella sua storia. Israele potrebbe tornare all’amicizia iniziale con la Russia e Francia. Inoltre, MbS ha un ottimo rapporto con Putin e Regno Unito, la Francia vuole un accordo con la Russia e vuole costruire un Islam francese con l’aiuto degli Emirati. La Germania ha una partnership con la Russia (sul manifesto Sergio Romano ha detto che l’avvelenamento di Navalny è contro la Merkel), ha l’Islam tedesco, un buon rapporto con la Turchia e non necessariamente questi Islam diversi devono combattersi. All’eccezionalismo abituale degli Stati Uniti Trump ha contrapposto un isolazionismo che ha rafforzato l’Europa, nonostante Brexit e i populisti trumpiani.

Come ha sottolineato Wolfgang Münchau, una vittoria di Trump sarebbe stata preferibile, perché la sovranità militare europea sarebbe diventata indiscutibile. Una sovranità non si fonda su teorie, come credono i filosofi, ma sulla capacità di reagire al nemico. Trump non ha mai pensato di distruggere la Germania, ma avrebbe preferito rapporti bilaterali con gli Stati europei perché più facilmente dominabili. Se la vittoria di Biden rallentasse il processo di sovranità europea sarebbe drammatico, come ha osservato Münchau. Per questo, ministri degli Esteri e degli Interni tedeschi e francesi premono sulla necessità di autonomia strategica dell’Europa. Norbert Röttgen, tra i papabili come successore della Merkel, molto monitorato in Usa e Uk, ha twittato qualche giorno fa che basta pochi stati si mettano d’accordo e comincino a fare politica per avere l’autonomia strategica: non è necessaria l’EU27, anzi sarebbe un ostacolo. Questa è sempre stata anche la tesi britannica e anche l’origine di Brexit.

La vittoria di Biden non cambia molto per Francia e Germania, rende più difficile Brexit perché i democratici sono filo-irlandesi e sono contrari a ogni cambiamento dell’attuale confine irlandese. Tra Uk e Usa c’è sempre stato il problema irlandese con i presidenti democratici: il Telegraph fu durissimo quando morì Ted Kennedy perché i Kennedy erano considerati finanziatori dell’Ira. Biden di origini irlandesi e Harris di madre indiana non sono stati presi bene a Downing Street e la battuta su una eventuale presidenza “indiana” Harris segnala l’insofferenza British al nuovo team presidenziale. L’immediata presa di posizione britannica in favore di Egitto ed Emirati in caso di punizione statunitense per i rapporti con la Cina dimostra che il Regno Unito ha le sue carte da giocare. Si è parlato molto dopo la vittoria di Johnson di un trattato di amicizia tra Regno Unito e Germania, simile a quello dell’Eliseo tra Francia e Germania. Insomma, gli inglesi si sono lasciati aperta qualche porta.

Trump prospettava a Brexit un accordo importante con gli Usa e la creazione di un’alleanza con Giappone, Australia, New Zeland, Canada e perfino India.  Un’ipotesi teorica, che si agganciava a Hong Kong e Taiwan, un’ipotesi perfino militare, non si sa quanto realizzabile, perché India e Giappone non sono poi così “americani” e “britannici” come li descrivono alcuni analisti “occidentali”. In ogni caso, la scelta commerciale e militare tedesca dell’Indo-Pacifico apre ai paesi asiatici una soluzione simili al TPP di Obama poi cancellato da Trump. La scelta tedesca è perseguibile anche da altri stati europei.

L’Europa, per essere autonoma, deve avere autonomia tecnologica, economica, militare, energetica, ed è chiaramente un progetto politico. Con la Cina e la Russia per gli Usa rimarranno i problemi storici di rivalità militare e tecnologica, oltre al terrore di essere superati economicamente dalla Cina. Con Biden cambierà poco. Cinesi, russi, messicani e brasiliani non hanno ancora inviato auguri a Biden. Al contrario di Venezuela e Bolivia che però sono nell’orbita russo-cinese. Anche Israele ha esitato a ringraziare Biden e probabilmente guarda a Russia, Francia, Cina come possibili alleati da sostituire agli Usa, se cambiassero la politica di Trump. Stiamo assistendo a una “balcanizzazione” dell’America Latina e forse anche del Medio Oriente dove l’impero americano dimostra una grande stanchezza. Probabilmente, anche la questione iraniana potrebbe essere risolta tra paesi arabi dell’Abraham Agreement e da Russia ed Europa. Una volta risolti i rapporti tra Israele e i paesi del Golfo, il resto viene di conseguenza. Dovremmo ricordarci che dal 600 al 1945 il mondo è stato dominato dal multilateralismo e Biden potrebbe inaugurare una nuova forma di multilateralismo, se abbandona l’eccezionalismo. Passate le sbornie ideologiche del secolo breve, rimangono le questioni geopolitiche di sempre e le diversità delle zone d’influenza tra europei potrebbero essere addirittura uno strumento di equilibrio per l’Europa. Difficile ripetere sempre la stessa storia.

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