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Trattato Quirinale

Draghi spinge per una conferma di Macron all’Eliseo?

Fatti e scenari sul Trattato Italia-Francia. Il commento di Tino Oldani per ItaliaOggi

 

Senza conoscerne il contenuto, tuttora segreto, giornaloni e tg stanno da giorni magnificando il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia. Un atto di fede degno di una democratura, non già di una democrazia parlamentare.

Tra le pochissime voci critiche, ItaliaOggi ha spiegato chiaramente, grazie a Carlo Pelanda e Pierluigi Magnaschi, quali sono gli aspetti inaccettabili di questo Trattato sotto il profilo geopolitico ed europeo: in buona sostanza, la sottomissione dell’Italia alla voglia di grandeur di Emmanuel Macron, nell’illusione di creare un’alternativa all’egemonia tedesca nell’Unione europea, dopo l’uscita di scena di Angela Merkel. Ma che senso ha, oggi, assecondare questa voglia di grandeur, tipica della cultura politica francese da Charles De Gaulle in poi? Perché mai una figura carismatica come Mario Draghi, che nel mondo gode di un prestigio superiore a quello di Macron, accetta una simile parte in commedia?

Tra cinque mesi in Francia si vota per l’elezione del presidente della Repubblica: come mai a nessuno viene il dubbio che questo Trattato, per l’eco mediatica che l’accompagna e per i tempi scelti per la firma, sia un assist a Macron nella sua campagna per l’Eliseo? In fondo, che Macron abbia bisogno di qualche aiuto, soprattutto mediatico, per restare in sella lo dicono i fatti, questi sì di dominio pubblico: l’economia francese va maluccio, stenta a riprendersi dopo la pandemia; i francesi, poi, non sembra che stravedano per Macron. Anzi.

Stando ai sondaggi: Macron è tuttora in testa, con circa il 25% dei voti al primo turno. Ma l’elettorato di destra, benché diviso, potrebbe riservare delle sorprese al secondo turno, qualora si unisse. L’estrema destra, sommando i consensi di Marine Le Pen e quelli del suo sorprendente rivale Eric Zemmour, ha messo insieme una quota del 35%, che non ha precedenti per questa area politica. Di conseguenza, il centrodestra gaullista dei Républicains, che è diviso al suo interno su più nomi e non ha ancora scelto il proprio candidato, rischia di arrivare quarto e sarebbe escluso dal ballottaggio tra i primi due, come è avvenuto nel 2017. Ma lo scontento sociale, le proteste dei gilet gialli, l’insufficiente ripresa dell’economia e l’aumento del carovita potrebbero fare da collante tra tutti gli elettori anti-Macron, e gli appelli degli intellò a non votare l’estrema destra, che in passato hanno sempre prevalso, questa volta potrebbero non bastare.

Esaminando i punti di forza e quelli deboli di Macron, Bloomberg sostiene che l’economia sarà decisiva nella corsa all’Eliseo. Di recente, la Banca centrale francese ha rivisto le stime sulla crescita dell’economia nazionale, aumentando la previsione sul Pil 2021 da +6,3% a +6,7%, risultato comunque inferiore alla contrazione dell’8,2% del 2020. Il rimbalzo è sostenuto da un forte aumento della spesa pubblica, accresciuta con il varo di un piano di 100 miliardi (di cui 40 provenienti dal Recovery Plan Ue), che ha spinto il rapporto debito/Pil al 120%, il terzo più alto in Europa, dopo Grecia e Italia. Tutto ciò non ha tuttavia ridotto la disoccupazione, che è salita sempre negli ultimi due anni (7,8% nel 2020; 8,3% nel 2021), con previsione a salire al 9,2% l’anno prossimo. Preoccupante il risultato negativo del settore manifatturiero: meno 1,4% su base mensile, contro un aumento previsto dello 0,4%. Un andamento inferiore a quello dell’Italia, dove la manifattura è in costante ripresa, nonostante le difficoltà di approvvigionamento post-pandemia.

In risposta alle critiche degli avversari, Macron cerca di far valere alcuni risultati ottenuti. Tra questi, Bloomberg ricorda «l’abolizione della tassa sui patrimoni, cosa che i rivali conservatori avevano cercato di fare, senza successo, quando erano al potere. Inoltre, ha reso più severe le condizioni per ricevere i sussidi di disoccupazione”. A chi gli rimprovera la scarsa crescita e il carovita, il presidente francese si giustifica «con il fatto che la ripresa economica è stata ostacolata dalle difficoltà di assunzioni per le aziende, dalle tensioni globali sulle catene di approvvigionamento, e dall’inflazione causata dalla carenza delle materie e dall’aumento del loro prezzo».

Il governo francese, nonostante le centrali nucleari, è stato messo sotto pressione anche dal rincaro dell’energia elettrica, salito a 172,58 euro per megawattora, con un aumento in ottobre del 27% rispetto al mese precedente. Per tamponare le proteste, ha congelato le bollette del gas a 38 milioni di francesi, con un bonus di 100 euro a persona. Inoltre, per placare le proteste dei settori più colpiti dalla pandemia, ha stanziato 300 milioni per i lavoratori indipendenti, 50 milioni per ristorare gli esportatori colpiti dalla Brexit e, con calcolo politico mirato, un miliardo e mezzo di euro per la città di Marsiglia, una delle più colpite dal disagio sociale, ma anche epicentro del lepenismo nel Sud della Francia.

Le frecciate dei partiti di opposizione puntano su temi popolari. Una parte dei gaullisti Républicains accusa Macron di essere stato troppo liberista. Altri candidati gaullisti sostengono l’esatto contrario, accusando Macron di essere stato troppo statalista, senza però riuscire a fare la riforma delle pensioni, né quella dell’orario di lavoro di 35 ore settimanali. A sinistra, socialisti, verdi e comunisti lamentano invece uno scarso impegno nella transizione energetica. Un filone che Macron ha deciso di cavalcare da poco, insieme a quello della difesa europea e delle telecomunicazioni, con la consueta ambizione di fare, almeno a parole, il primo della classe in Europa. E mettere le mani sull’Italia in questi settori, l’aiuterebbe non poco nella corsa all’Eliseo.

 

Articolo pubblicato da ItaliaOggi

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