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Svizzera

Covid-19, che cosa succede in Svizzera?

Covid-19 in Svizzera. L'articolo di Enrico Martial sull'esempio del Vallese

Anche un piccolo cantone svizzero merita di essere osservato, come confronto. Il Vallese, quello della piccola cittadina alpina di Zermatt, con l’altra metà del Cervino e che si trova dopo il Gran San Bernardo, è considerato nella confederazione come un cantone pieno di autenticità, ma non particolarmente sviluppato e avanzato. Ha adottato in autonomia delle misure restrittive, il 14 marzo, chiudendo anche gli alberghi, che però sono stati riaperti due giorni dopo dal governo di Berna. Le disposizioni applicate in Svizzera, salvo casi specifici, sono rigide ma non drastiche.

Fino al 16 aprile, sono vietati gli assembramenti di più di cinque persone, molte imprese sono chiuse – tra queste i bar e i ristoranti – ma altre sono rimaste in attività. Nel Vallese, all’inizio della crisi hanno individuato alcuni focolai, tra cui quello della stazione di sci di Verbier. Il Cantone voleva farne un cluster e sigillarlo, ma il governo federale non è stato d’accordo.

Il caso di Verbier ricorda quanto la Svizzera sia stata esposta al contagio, al pari delle grandi aree europee, dalla pianura padana, all’asse renano, ai poli urbani di Parigi e Londra: turismo alpino internazionale e intenso, forti scambi commerciali ed economia globalizzata, con grandi quantità di viaggiatori sull’intero globo, anche in Cina, collegati ai principali aeroporti elvetici.

La raccolta dei tamponi è stata dall’inizio relativamente ampia e ha permesso di individuare in Vallese, al 2 aprile, 1218 casi positivi, con una incidenza cumulata su 100 mila abitanti di 351,4. Il bollettino giornaliero del cantone non è stringato come quelli italiani, che si limitano a cifre, a volte insicure.

Offre i numeri insieme a quattro grafici per l’aggiornamento epidemiologico e sanitario: sui ricoverati – in cure intensive con il sottogruppo dei pazienti intubati – sui casi individuati, sui decessi, all’interno o all’esterno dell’ospedale, nonché sul totale dei decessi e dei casi positivi. Alle ore 17 del 2 aprile, i decessi erano 40, di cui 24 avvenuti in ospedale e 16 a domicilio. I ricoverati erano 135, di cui 23 in cura intensiva, e tra questi 21 con ventilazione meccanica. Il bollettino riporta anche il tasso di mortalità nel cantone, indicato al 3,3%.

Nel bollettino, il grafico sui ricoverati indica segnali di rallentamento ma anche di inversione della curva. Osservando la scala temporale, emerge che l’impatto finale dei decessi per numero di abitanti potrebbe essere inferiore a quello del nord ovest italiano.

Restano sempre forti le variabili di rischio: il 2 aprile sono per esempio state diffuse delle istruzioni sulla continuità lavorativa in caso di limitate risorse di personale, per medici e operatori sanitari risultati positivi ma senza o con pochi sintomi. Tuttavia, se il numero dei contagi si presenta proporzionalmente alto rispetto ad altri Paesi europei, nell’insieme della Svizzera le curve mostrano segni di rallentamento. Il tasso R0 di riproduzione a livello federale è ora a 1,1 in costante discesa. Il 2 aprile, anche nel vicino cantone di Vaud, cioè di Losanna, Agläe Tardin, il “medico cantonale” a capo del servizio della salute, annunciava la tendenza favorevole.

Tornando al nostro cantone: in Vallese hanno iniziato dopo di noi e sembra che finiranno prima, con misure meno restrittive.

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