Per l’Occidente la priorità non è far cadere il governo di Netanyahu, ma sconfiggere i movimenti jihadisti che minacciano il mondo libero. La liberazione di quattro ostaggi da parte dell’IDF ha momentaneamente riacceso le attenzioni dei media sugli oltre 120 civili, tra cui bambini e neonati, catturati il 7 ottobre scorso ed ancora nelle mani da Hamas. Israele è in guerra ed oltre a combattere in uno scenario di guerriglia urbana quasi insostenibile per qualsiasi Forza armata, deve anche contrastare un flusso altrettanto ostile di disinformazione proveniente da Hamas e dai suoi numerosi sostenitori, che i media occidentali assumono come verità imparziale su quanto avviene a Gaza.
Ma se siamo inorriditi dalle vittime civili a Gaza, dovremmo anche domandarci perché gli ostaggi appena liberati dall’IDF erano tenuti nascosti a casa di una famiglia palestinese, altri in un campo profughi? Perché non ci si scandalizza del fatto che Hamas continua ad usare la popolazione di Gaza e gli ostaggi come scudi umani? Per Israele e per le opinioni pubbliche occidentali ogni civile morto è una tragedia. Per Hamas, ogni civile morto rappresenta un martire utile per il successo della propria strategia.
Se l’obiettivo è la sconfitta delle organizzazioni jihadiste transnazionali, capaci di utilizzare tutte le tecnologie disponibili, militari e cibernetiche, visibili e nascoste, l’Occidente è lontanissimo dal raggiungerlo.
Se si permette che la loro strategia e le loro azioni vengano giustificate e rimangano impunite, che i loro capi vengano equiparati ai leader delle democrazie occidentali, Hamas e tutti i gruppi terroristi che vogliono distruggere Israele guadagneranno potere e legittimazione sulla scena mondiale. Una minaccia esistenziale per il mondo libero.
Si dimette il direttore dell’antiterrorismo statunitense
“Gli attacchi di Hamas in Israele e il conflitto di Gaza hanno energizzato le minacce terroristiche in tutto il mondo.” È quanto ha dichiarato il direttore del National Counterterrorism Center (NCTC), Christine Abizaid, annunciando le dimissioni dall’incarico, dopo solo 3 anni dalla sua nomina da parte dell’Amministrazione Biden.
Recentemente, il primo direttore donna del Centro Nazionale Antiterrorismo statunitense, ha più volte messo in guardia sulle capacità militari di Hamas e sulla crescente minaccia di attentati terroristici in Occidente. L’attacco del 7 ottobre è stato un vero e proprio piano paramilitare capace di occupare il territorio, uccidere migliaia di civili, rapirne altre centinaia e mettere in discussione la sopravvivenza di uno Stato, e non uno Stato qualunque, ma una potenza militare come Israele.
In Occidente, i forti contraccolpi di questa nuova guerra in Medio Oriente si sono concretizzati sotto forma di sostegno ad Hamas ed in un preoccupante rigurgito di antisemitismo mostrato da settori della società e da alcune organizzazioni internazionali che, strumentalizzando la causa palestinese, giustificano gli atti terroristici e le decine di missili quotidianamente lanciati contro i civili ebrei dal Movimento di Resistenza Islamica nelle Striscia di Gaza, da Hezbollah e da altri gruppi jihadisti della regione.
L’errore strategico della Corte Penale Internazionale
La decisione del procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) di chiedere un mandato di arresto per il premier Benjamin Netanyahu ed il ministro della Difesa Yoav Gallant è un errore strategico.
Il provvedimento del procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan, che si avvale anche di un pool di esperti, tra i quali spicca Amal Clooney (moglie del famoso attore), ha provocato le durissime reazioni di tutte le istituzioni statunitensi. La Camera bassa del Congresso a maggioranza repubblicana, ha immediatamente approvato un provvedimento con il quale chiede di adottare pesanti sanzioni, incluso il divieto di accesso negli Stati Uniti, nei confronti di tutti i membri e degli esperti dell’Office of the Prosecutor della Corte penale internazionale che hanno richiesto l’emissione di mandati di cattura internazionali contro i membri del governo israeliano Netanyahu e Gallant.
La richiesta di mandato di arresto contro i leader di Israele è una forma di guerra ibrida
Il provvedimento con il quale l’Office of the Prosecutor (OTP) ha avanzato le “richieste di mandato d’arresto contro i leader del governo di Israele davanti alla Camera preliminare I della Corte penale internazionale per la situazione nello Stato di Palestina”, rientra nelle tipologie di guerra ibrida: international law warfare e disinformazione.
Equiparare Yahya SINWAR (capo del Movimento di Resistenza Islamica – “Hamas” nella Striscia di Gaza), Mohammed Diab Ibrahim AL-MASRI, (noto come DEIF, comandante in capo dell’ala militare di Hamas, nota come Brigate Al-Qassam) e Ismail HANIYEH (capo dell’Ufficio politico di Hamas) ai membri del governo israeliano, ha l’obiettivo di riconoscere politicamente Hamas e metterlo sullo stesso piano dello Stato di Israele.
Un atto di international law warfare che ha definitivamente tolto ogni dubbio sull’autorevolezza giuridica della Corte penale internazionale, equiparando Israele, una democrazia imperfetta, ad Hamas, un gruppo terroristico il cui unico obiettivo è quello di distruggere lo Stato di Israele ed uccidere tutti gli ebrei. Una implicita ma falsa simmetria subito fatta propria dai media occidentali, legittimando l’ennesima operazione di disinformazione contro Israele.
Disinformazione su Israele che viene alimentata da dichiarazioni di esponenti politici, da alcuni diplomatici e rappresentanti di istituzioni internazionali, e dai social media. Bugie su Israele che ripetute continuamente diventano verità nel senso comune di una piccola parte del mondo universitario, antisemita e manipolato dai finanziamenti che riceve dagli Stati che supportano i movimenti jihadisti.
La risposta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla richiesta della CPI di voler emettere mandati di cattura internazionali contro i leader israeliani è stata breve: “I mandati di cattura internazionali non mi scoraggeranno. Questa è una decisione politica e di parte. È una disgrazia e una vergogna. Andremo avanti fino alla vittoria“.
L’accusa del procuratore Khan che Israele, su ordine di Netanyahu e del ministro Yoav Gallant, stia deliberatamente affamando e prendendo intenzionalmente di mira i civili di Gaza per ucciderli è calunniosa. Durante la guerra che Hamas ha scatenato, Israele ha tenuto verso la popolazione civile di Gaza una condotta irrituale per un esercito durante una guerra: avvertendo per tempo dei bombardamenti, creando vie di fuga e interrompendo i combattimenti per consentirne l’uso, garantendo la consegna di aiuti umanitari, non solo acqua, cibo e medicine ma addirittura benzina. Aiuti che Hamas sequestra, aggravando la situazione umanitaria. L’IDF, agendo con tutta la possibile cautela in uno scenario di guerriglia urbana e sotterranea, paga un prezzo in velocità di avanzamento, in perdite di soldati che combattono consapevoli della presenza sul terreno degli ostaggi, compresi bambini, vecchi, ragazze e ragazzi sofferenti e abusati. Lungi dall’affamare o uccidere deliberatamente i civili, Israele sta facendo di più per proteggere le vite della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza di quanto qualsiasi altro esercito abbia fatto per proteggere le vite dei civili nelle zone di guerra.
L’obiettivo della CPI nel diffondere questo durissimo attacco contro lo Stato ebraico sembra essere quello di trasformare Hamas da un’organizzazione terrorista finanziata da Stati, in uno Stato sponsorizzato dal terrorismo; ed al contempo criminalizzare Israele, negandogli il diritto all’autodifesa.
La richiesta di arresto della CPI ha provocato la dura risposta della Casa Bianca, con una dichiarazione del Presidente Joe Biden, protagonista di pressioni a tutto campo nei confronti del governo israeliano per fargli porre fine al conflitto a Gaza: “La richiesta di mandati di arresto contro i leader israeliani da parte del procuratore della Corte penale internazionale è scandalosa. E permettetemi di essere chiaro: qualunque cosa il procuratore possa insinuare, non c’è alcuna equivalenza – nessuna – tra Israele e Hamas. Saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza.”
Il Segretario di Stato Antony Blinken ha, inoltre, accusato la CPI di aver oltrepassato, abusato e distorto la sua autorità. “Gli Stati Uniti sono stati chiari fin da prima dell’attuale conflitto sul fatto che la Corte penale internazionale non ha alcuna giurisdizione in materia. La Corte penale internazionale è stata istituita dai suoi Stati parte come tribunale con una giurisdizione limitata. Tali limiti sono radicati nei principi di complementarità, che non sembrano essere stati applicati in questo caso, vista la fretta del procuratore di richiedere questi mandati d’arresto piuttosto che consentire al sistema legale israeliano una piena e tempestiva opportunità di procedere“.
International law warfare
La Law warfare, (guerra giuridica), si riferisce all’uso dei sistemi e dei processi legali come arma nei conflitti o per raggiungere obiettivi strategici. Comporta la manipolazione di leggi, regolamenti e procedure legali per ottenere un vantaggio sull’avversario o per influenzare l’opinione pubblica. Ciò può includere la presentazione di cause legali, lo sfruttamento di lacune giuridiche e l’utilizzo del diritto internazionale per sostenere una particolare agenda politica. La guerra giuridica può essere utilizzata in diversi contesti, tra cui conflitti internazionali, controversie interne, lotte ideologiche. Può essere impiegata da governi, attori non statali, imprese multinazionali ed individui per raggiungere i propri obiettivi e indebolire gli avversari. Può essere usata per sovvertire lo Stato di diritto e manipolare i sistemi giuridici per ottenere vantaggi politici. La guerra giuridica è una delle tattiche ibride che solleva importanti questioni sul ruolo del diritto nella risoluzione delle controversie tra Stati, dei conflitti e sull’uso etico dei sistemi giuridici nel perseguire obiettivi politici e strategici.
La mossa del procuratore Khan è una evidente forma di international law warfare, perché la Corte penale internazionale non ha giurisdizione su Israele. Israele non è un firmatario del Trattato di Roma, al quale nel tempo hanno aderito 124 Stati che hanno fondato la Corte penale internazionale e ne hanno definito i poteri e la giurisdizione. Un Trattato che fino ad oggi è stato ratificato solo da uno sparuto numero di Stati aderenti. Per aggirare questi vincoli, la Corte penale internazionale ha accettato tra i suoi membri, violando gli accordi internazionali, la “Palestina” come firmatario del trattato.
L’entità politica che si presenta come “governo della Palestina” è l’Autorità Palestinese (A.P.). L’A.P. è stata istituita nel 1994 in virtù degli accordi bilaterali che l’”Organizzazione per la Liberazione della Palestina” ha firmato con Israele negli anni Novanta. Tali accordi – noti come “accordi di Oslo” – impediscono all’Autorità Palestinese di richiedere l’adesione come Stato sovrano agli organismi internazionali, compresa la Corte penale internazionale.
La mancanza di giurisdizione della Corte penale internazionale è solo una parte della manipolazione giuridica nella sua azione di law warfare contro Israele. Nella sua richiesta di arresto, il procuratore Khan ha anche tracciato una falsa equivalenza morale tra i crimini contro l’umanità e gli atti di genocidio commessi da Hamas il 7 ottobre – vale a dire, l’invasione del territorio dello Stato di Israele da parte del gruppo terroristico e il massacro di bambini, lo stupro, la tortura e il rapimento di migliaia di civili e soldati – da un lato; e gli atti di guerra legittimi che Israele ha condotto contro il regime terroristico di Hamas ed i suoi militanti del terrore, in risposta a tale invasione e alla commissione di atrocità. Hamas è vincolato dal suo Statuto a commettere un genocidio contro il popolo ebraico in tutto il mondo e ad annientare lo Stato ebraico. Le accuse del procuratore Khan contro il premier Netanyahu ed il ministro Gallant – e più in generale contro lo Stato di Israele – sono basate su disinformazione, falsi dati e fonti assolutamente inaffidabili provenienti dal regime di Hamas a Gaza. In questo modo, la Corte penale internazionale legittima e fornisce un sostegno politico e giuridico ad Hamas, un gruppo terroristico impegnato in una guerra genocida contro il popolo ebraico.
Le accuse che il procuratore Khan ha rivolto ai leader di Israele, sono anche uno strumento per influenzare l’opinione pubblica e le elezioni, che l’amministrazione Biden ha ben compreso e sta contrastando. Entrambe le camere del Congresso statunitense hanno avanzato proposte di legge per sanzionare la Corte penale internazionale ed il suo personale per l’accusa illegale nei confronti di Israele, alleato degli Stati Uniti.
Dopo aver appreso che i legislatori americani hanno presentato una legge per sanzionare i loro funzionari, il 3 maggio la Corte penale internazionale ha rilasciato un comunicato che il procuratore Khan ha pubblicato sul suo account X, minacciando azioni contro chiunque agisca contro di loro. La dichiarazione afferma che “le minacce di azioni contro la CPI e il suo personale possono… costituire un reato contro l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’art. 70 dello Statuto di Roma”.
Intanto, l’Unione Europea impegnata nel rinnovo delle proprie istituzioni, marcia divisa anche su questo tema. Sarebbe auspicabile che l’UE adottasse dei provvedimenti contro Hamas. In primo luogo, dovrebbe incriminarne i suoi capi per l’omicidio, lo stupro, il rapimento e la tortura di cittadini europei durante e dopo il 7 ottobre. Questi terroristi non solo non dovrebbero avere un lasciapassare per le loro azioni, ma dovrebbero essere ritenuti penalmente perseguibili da tribunali europei. L’UE deve sostenere Israele, perché sebbene sia un piccolo e l’unico Stato ebraico, circondato da nemici che lo vogliono far sparire dalle carte geografiche, ed ora anche isolato da una cospicua parte della comunità internazionale, le azioni pregiudiziali intraprese contro di esso rappresentano una minaccia per il mondo libero nel suo complesso.
Gli atti di guerra ibrida contro Israele portati avanti da organismi internazionali, rappresentano precedenti nefasti e pericolosi, che potranno essere utilizzati in futuro contro le democrazie occidentali che si potrebbero ritrovare costrette a combattere gruppi terroristici genocidi, eserciti e regimi che attaccano Stati sovrani. Se si permette ad una Corte senza la necessaria legittimità giuridica, di compiere azioni di international law warfare contro rappresentanti di Stati democratici che difendono la propria sicurezza, queste forme di conflitto ibrido acquisteranno sempre più forza agli occhi di quanti combattono l’Occidente libero e, come oggi la CPI sta abusando del suo potere giurisdizionale contro lo Stato ebraico, domani lo potrebbe usare perfino contro i rappresentanti della Nato.