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Ilaria Capua Coronavirus

Vi racconto il Coronavirus Sars-Cov-2. Parla Ilaria Capua

Parla Ilaria Capua, virologa che dirige, all’Università della Florida, l’One Health Center of Excellence, intervistata da Scienzainrete Recentemente sei finita – tanto per cambiare – al centro di polemiche per aver derubricato Covid a una banale parainfluenza. Attenzione! io ho usato questo termine ben consapevole di cosa stavo facendo. Volevo dare una definizione del nuovo virus…

Recentemente sei finita – tanto per cambiare – al centro di polemiche per aver derubricato Covid a una banale parainfluenza.

Attenzione! io ho usato questo termine ben consapevole di cosa stavo facendo. Volevo dare una definizione del nuovo virus comprensibile ai più, anche per togliergli lo stigma di virus misterioso e spaventevole, per relativizzare il mostro dicendo in modo chiaro cose corrette. E poi, caro Luca, basta con questo termine “banale influenza”. L’influenza non è mai banale. Provoca una tempesta di citochine, un vortice di segnali dannosi a tutto il corpo. Cerchiamo di cogliere con un minimo di freddezza i ”silver lining”, i contorni luminosi che si osservano intorno alle nubi. La prima lezione da trarre è che dobbiamo rivalutare l’importanza dell’influenza, che ci prendiamo ogni anno e che lascia sul campo le sue vittime fra i più fragili (8.000 morti attribuibili a influenza e sue complicazioni nella passata stagione, ndr.). Il vaccino antinfluenzale (preso da circa la metà della popolazione anziana in Italia, sotto la media europea, ndr) non protegge ovviamente da coronavirus, ma quanto meno toglie dagli ospedali un buon numero di casi gravi da influenza e riduce il dubbio diagnostico. Anche le influenze possono dare polmonite. Peraltro, sarebbe interessante analizzare il tasso di copertura vaccinale per influenza e stratificarlo per i ricoveri gravi da coronavirus. Paradossalmente un intervento di prevenzione per un’altra malattia può essere un elemento che fa virare verso il precipizio o la risalita un sistema sanitario in crisi.

Stai dicendo che il frutto dell’attuale pandemia risente anche di co-infezioni con altri virus?

Non vogliono mettermi nei panni dei clinici che adesso si trovano a fronteggiare questa ondata. Ti posso dire cosa vedo io negli animali. I coronavirus negli animali sono degli opportunisti e direi mai patogeni primari. Sugli animali il semplice virus non li fa ammalare, se non in condizioni di stress che trovano in allevamento, tipo la scarsa ventilazione, l’acqua (che influenza il microbioma, la clearance renale, etc.). Ma questo succede negli animali. Io però sono convinta che l’attuale coronavirus sia un patogeno che va a colpire un servizio sanitario al quale si ricorre troppo spesso, e che potrebbe diffondersi opportunisticamente anche negli ospedali. proviamo magari a fare una correlazione fra vetustà dell’edificio e positività al coronavirus fra i suoi ospiti. Se tu hai un edificio che ha una ventilazione degli anni ottanta, crei soltanto delle infezioni ospedaliere!

Però questo virus è stato chiamato SARS-CoV-2, appunto per indicare un suo effetto specifico molto chiaro, una polmonite con certe caratteristiche.

Certo, ma ricordiamoci che SARS sta per Severe Acute Respiratory Syndrome, in altre parole una polmonite che ti spedisce al creatore in due-tre giorni. Io ho forti dubbi che in tutti gli anziani cardiopatici e fragili ricoverati per Covid ci fosse in atto una polmonite interstiziale acuta! Più facile che l’anziano muoia di arresto cardiaco e non di polmonite interstiziale. Ma non voglio sostituirmi ai clinici. Ai lettori segnalo però un lavoro scientifico tedesco che insieme a molti altri dice che nella stragrande maggioranza dei casi si comporta come un comune raffreddore. Non dimentichiamocelo.

Tu alludi al fatto che la grande differenza fra la nostra mortalità e quello, per dire, della Germania e di altri paesi dipenda da una diversa notifica del motivo della morte?

È probabile che ci sia una sovradiagnosi di Covid. Basta vedere i posti in cui il tasso di letalità è bassissimo. Come esattamente vengono notificati i decessi da Covid? Voglio poi segnalarti anche il problema della antibiotico resistenza, in cui  l’Italia maglia nera in Europa insieme a Grecia e Cipro. Io mi chiedo: c’è qualcosa in certe aree più colpite che può aver trasformato queste infezioni virali asintomatiche in una porta di ingresso per i batteri antibiotico resistenti?

Possibile?

Se una persona immunodepressa, scompensata, infettata da un patogeno che interessa le vie respiratorie, si prende una infezione ospedaliera, diciamo da Klebsiella pneumoniae, gli esiti non possono essere che un aggravamento. Bisognerebbe anche vedere l’andamento delle polmoniti virali (da influenza e altri virus) dei mesi passati rispetto ad altri anni per capire tutte queste complesse interazioni. Non dimentichiamo che nel mondo le polmoniti sono fra le cause più diffuse di morte nell’anziano: 450 milioni di casi all’anno, fra virali e batteriche, 4 milioni di morti all’anno, il 7% della mortalità mondiale. Come va inquadrato nella situazione epidemiologica della polmonite questo virus opportunista e “scippatore”?

Che previsioni si possono fare? Andrà via da solo questo virus? Dovremo immunizzarci tutti con un vaccino?

Il virus si sta cercando di endemizzare nella popolazione. Non sarei sorpresa se in futuro si dovessero infettare anche degli animali domestici e selvatici. Come impressione generale su quello che poco sappiamo è un virus che è ancora troppo giovane evolutivamente, troppo vicino al suo progenitore animale per essere completamente  stabile nell’uomo. Le popolazioni virali si selezionano, noi adesso stiamo selezionando le popolazioni dominanti. Quindi non è da escludere, per esempio, che il virus diventi patogeno in manifestazioni diverse, come gastroenteriti nei bambini. Quanto meno questo i coronavirus fanno negli animali. Sono dei trasformisti. Io mi auguro che col tempo si andrà nella direzione di un nuovo virus del raffreddore. Purtroppo non sappiamo quanto tempo ci vorrà. Abbiamo forzato il tempo d’innesco e diffusione iniziale, quindi adesso siamo costretti a navigare a vista. Learning by doing.

(Estratto di una intervista ad Ilaria Capua pubblicata su Scienza in Rete, qui la versione integrale)

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