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Next Generation EU

Come sta crescendo l’Intelligence Europea

L'analisi di Fabio Vanorio

 

The Big Picture

Nel novembre scorso, 25 Ministri della Difesa dei Paesi membri dell’Unione Europea (UE) hanno raggiunto l’accordo sulla creazione di una Scuola di intelligence europea (Joint EU Intelligence School, JEIS) nell’ambito della nuova Cooperazione Permanente Strutturata (Permanent Structured Cooperation, PESCO).

L’idea di una JEIS è una delle iniziative chiave di policy annunciate dal presidente francese Macron nel suo “Discorso per l’Europa” pronunciato all’Università Sorbonne di Parigi il 26 settembre 2017. In tale occasione, Macron parlò della necessità di una “cultura comune” in materia di controterrorismo ed intelligence, auspicando una “Accademia di Intelligence Europea” per rafforzare i legami nelle due materie tra i diversi paesi, nonché per avviare una dottrina comunitaria di contrasto al terrorismo e di prevenzione mediante l’uso dell’intelligence.

Lo scorso settembre, la presidenza francese ed il ministro francese per gli Affari Esteri hanno diffuso un comunicato, poco prima dell’approvazione ufficiale del Progetto JEIS, annunciando che la prima sessione di addestramento della JEIS sarà nella Primavera 2019.

L’istituzione della JEIS rappresenta un importante passo verso la costituzione di una Comunità Intelligence unificata in Europa. Gli obiettivi che si pone sono:

  • istruire e diffondere l’ottica europea nel personale appartenente ai diversi servizi di intelligence e sicurezza dell’UE;
  • dare vita ad una dottrina strategica di intelligence europea tramite gli insegnamenti ed i programmi costituenti i corsi da attivare presso la JEIS;
  • avviare sinergie e scambi di conoscenza tra quanto esistente e consolidato in ambito NATO e quanto da costruire integralmente in ambito UE. In tal senso, è verosimile che la collaborazione prevista con la NATO possa concretizzarsi, inizialmente, anche in un impiego delle risorse della Accademia NATO di Oberammergau (Germania).

La proposta di affidare alla Grecia la direzione della JEIS e la sua localizzazione logistica a Cipro ha causato qualche malumore essendo ritenuti due paesi membri della UE con forti legami con la Russia. In realtà, più che di questo tipo di legame, è interessante riportare un punto di vista di un operativo britannico, Alex Thomson, che ha lavorato presso il GCHQ (Government Communications HeadQuarters) britannico dal 2001 al 2009, secondo cui porre come riferimenti Grecia e Cipro nella creazione della JEIS rafforza le indicazioni di un (verosimile) interesse militare francese crescente nel Mediterraneo orientale e nelle regioni contigue con lo scopo di contenere la Turchia, fornire assistenza ad Israele e, nel contempo, assicurarsi risorse energetiche di idrocarburi. Della situazione nel Mediterraneo orientale abbiamo parlato recentemente.

L’interesse francese si rivolgerebbe, in particolare, alle nazioni ortodosse orientali e all’Egitto come partner locale di Parigi, e nel prossimo futuro ai Paesi di Visegrád, che Israele sta coltivando assiduamente. In tale contesto, il ruolo dell’Accademia Militare di St Cyr (Francia), fondata da Napoleone Bonaparte nel 1802, è sempre più strategico nella capacità di addestrare i junior officers dei paesi balcanici e levantini, superando anche la Royal Military Academy di Sandhurst (Regno Unito), e facendo sì che la dottrina militare francese ed europea possa prevalere nella formazione militare della prossima generazione cresciuta nel Mediterraneo orientale.

Come ricorda lo stesso Thomson, l’interesse francese verso Cipro è stato manifestato già nel novembre 2017 nel corso del meeting tra il Presidente cipriota Nicos Anastasiades e Macron a Parigi. Con la PESCO ed il Brexit, infatti, l’UE assumerebbe una quota progressivamente maggiore dell’interesse militare britannico localizzato strategicamente a Cipro, tra cui le basi di Ayios Nikolaos del GCHQ (impiegata nella raccolta di SIGINT, anche con finanziamenti della National Security Agency statunitense come riscontrabile da documenti diffusi da Edward Snowden) e della Stazione della RAF di Akrotiri.

Why It Matters

Il dibattito sulla creazione di una intelligence europea ha visto nel 2017 l’emergere di due visioni concorrenti, le quali sono sempre rimaste all’attenzione dei decisori comunitari. Nel dettaglio:

  • la posizione greca, sostenuta dal Commissario Europeo per gli Affari Interni, Immigrazione e Cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, di creazione di un Servizio di Intelligence Europea.

Nel 2017, parlando di fronte al Comitato Diritti Civili, Giustizia e Affari Interni del Parlamento Europeo, Avramopoulos sostenne che “con una maggiore cooperazione tra paesi, e condivisione di informazioni, molti attacchi terroristici in Europa avrebbero potuto essere previsti e neutralizzati”. La dipendenza di EUROPOL da Avramopoulos ha lasciato intendere, in realtà, che la sua proposta di Servizio si concretizzasse in una mera attribuzione alla Polizia Europea di una componente congiunta di law enforcement. Un progetto di sicurezza europea, dunque, ma non di intelligence.

  • la posizione tedesca, sostenuta dalla Comunità intelligence nazionale, in particolare da Bruno Kahl, Direttore del BND (BundesNachrichtenDienst), il Servizio di Intelligence estera tedesco, secondo cui l’UE non necessita di un’Agenzia di Intelligence Europea.

Riferendosi al Bundestag, Kahl ha ricordato come l’esistenza di un “EU Analysis Intelligence Centre” (INTCEN), fornitore di analisi intelligence ed indicatori di allarme, sia ampiamente sufficiente al fabbisogno informativo delle istituzioni comunitarie. A Kahl si è associato Hans-Georg Maaßen, allora Direttore del BfV (Bundesamt für Verfassungsschutz), Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione con compiti di sicurezza interna, secondo cui un’Agenzia di Intelligence Europea creerebbe un doppione burocratico tra il livello nazionale e quello comunitario (“If we do, we would create bureaucratic double structures, both on the European and domestic level. This duality would lower our efficiency profoundly.”). Anche se Kahl e Maaßen hanno sostenuto che il modo più efficiente per lo scambio informativo tra Servizi è quello bilaterale, più rapido (e sicuro nella protezione dell’informazione condivisa), un motivo da non tralasciare alla base della posizione tedesca di mantenimento dello status quo è verosimilmente riconducibile al fatto che la direzione di INTCEN è attualmente è affidata ad un tedesco, Gerhard Conrad, già Capo dell’Intelligence estera del BND, elemento di altissima professionalità e tra i massimi esperti del mondo arabo (è stato responsabile della stazione di Damasco del BND dal 1998 al 2002, parla arabo fluentemente ed ha un Ph.D. in Studi islamici).

Il citato INTCEN (EU Analysis Intelligence Centre, già SITCEN (EU Joint Situation Centre), è parte dello European External Action Service (EEAS), il Servizio Diplomatico Europeo. Il ruolo di INTCEN è fornire “analisi intelligence, indicatori di allarme e quadri di situazione” alle istituzioni dell’UE e agli Stati Membri nei settori della sicurezza, della difesa e del contro-terrorismo.” Obiettivo di INTCEN è monitorare, dal punto di vista dell’analisi strategica, le crisi nelle aree contigue alla UE e le direttrici del controterrorismo.

Pur restando una struttura relativamente piccola e senza una chiara base normativa, la dimensione di INTCEN si è estesa nel corso degli anni, influenzando in maniera crescente il decision-making politico dell’UE. INTCEN gode del supporto politico da parte del Consiglio pur senza una legittimità formale dato che il Consiglio stesso non ha mai adottato un atto legale per la sua istituzione come agenzia dell’UE. Né vi è alcun documento pubblico che ne estrinsechi, dunque, un chiaro mandato.

Destinatario primario dei report di INTCEN è l’Alto Rappresentante per l’EEAS (e Vice Presidente della Commissione Europea, Federica Mogherini, da cui INTCEN dipende tramite una scala gerarchica abbastanza (forse troppo) complessa per una funzione cosi’ delicata. Si riporta un estratto dell’organigramma di EEAS limitato alla sola gerarchia di INTCEN. Altri beneficiari sono la Commissione Europea, ed i rappresentanti nel Comitato Politico e di Sicurezza dei Paesi membri della UE, tramite i quali i rapporti vengono disseminati (con le cautele necessarie per evitare compromissioni alla riservatezza dei contenuti) nelle rispettive burocrazie statali nazionali. Europol, Frontex and Eurojust sono anche destinatari dei report intelligence prodotti da INTCEN.

Il principio applicato nella distribuzione è il tradizionale “need-to-know” cosi’ come l’appropriata security clearance. Quando i documenti prodotti da INTCEN ricevono classifica SECRET o CONFIDENTIAL, diventano protetti dall’Articolo 9(3) del Regolamento 1049/2001 (“sensitive documents shall be recorded in the register or released only with the consent of the originator”).

Nella redazione dei prodotti di analisi, INTCEN non impiega intelligence grezza derivante da Human Intelligence (HUMINT), ma solo documenti di intelligence già lavorati dai Servizi dei paesi membri e messi a disposizione su base volontaria. Quello di non avere una rete di ricerca propria è un limite di INTCEN che lo differenzia da un Servizio di Intelligence tradizionale. Il problema, infatti, non è solo legato ad una raccolta autonoma di informazioni, ma anche alla qualità dell’intelligence ricevuta dai paesi membri.

Ciò che proviene da fonte HUMINT risponde a fabbisogni informativi per l’azione di Governo a tutela della sicurezza nazionale che si estrinsecano in piani di ricerca operativa che viene condotta clandestinamente sostenendo elevati costi finanziari e non. È, dunque, quasi illusorio che vengano condivisi.

Il valore aggiunto fornito da INTCEN è nell’aggregazione di contributi provenienti da paesi membri della UE che, singolarmente, non possono essere nella disponibilità di tutti. Nella sua attività di analisi, INTCEN può affiancare l’intelligence nazionale ricevuta con quadri situazionali tratti da fonti aperte, documenti redatti dalle reti diplomatico-consolari nazionali e posti a disposizione di INTCEN tramite le Rappresentanze permanenti nazionali presso l’UE, documenti interni di Organizzzioni Internazionali, di ONG, e relativi a missioni ed operazioni in ambito Politica di Difesa e Sicurezza Comune, nonché dati SIGINT ottenuti dal Centro Satellitare UE di Torrejon (Spagna) e dai satelliti dei Paesi membri dell’UE, quali Helios e Pleiades (Francia), SAR-Lupe (Germania), Cosmo-Sky Med (Italia), piu’ altri satelliti commerciali di proprietà statunitense.

Dal 2007, INTCEN è parte della Single Intelligence Analysis Capacity (SIAC), che unisce l’Intelligence Civile (EU INTCEN) a quella militare (Direttorato Intelligence di EUMS, EU Military Staff). Il SIAC fornisce input intelligence ad indicatori di allarme e quadri di situazione coinvolgenti aspetti civili e militari, nonché alle pianificazioni e valutazioni di risposta alle crisi nell’ambito di operazioni ed esercitazioni.

Il nocciolo duro dell’intelligence europea resta, dunque, l’asse franco-tedesco, la cui cooperazione bilaterale a livello di Servizi di intelligence è più viva che mai. Come riporta Intelligence Online, infatti, Bernard Emie, Direttore della DGSE, il Servizio esterno francese, e Bruno Kahl, Direttore del BND, si sono incontrati a Parigi nel Novembre scorso, per discutere di Russia, di TECHINT (tra cui le applicazioni di Intelligenza Artificiale) e cyberdefense. Resta da vedere quali conseguenze potrà avere il BREXIT su questo processo di espansione, anche in considerazione del fatto che, dal momento dell’uscita del Regno Unito dall’UE e conseguentemente da Galileo e Copernicus, la Five Eyes Alliance diventerà un’entità a sé stante (e naturalmente concorrente) rispetto all’UE.

 

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Fabio Vanorio è un dirigente in aspettativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Attualmente vive a New York e si occupa di mercati finanziari, economia internazionale ed economia della sicurezza nazionale. È anche contributor dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.

DISCLAIMER: Tutte le opinioni espresse sono integralmente dell’autore e non riflettono alcuna posizione ufficiale riconducibile né al Governo italiano, né al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale.

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