Come avevamo ampiamente previsto in un articolo precedente, la presenza cinese nelle isole Salomone si è rafforzata grazie ad una vera e propria partnership di sicurezza. Dalla bozza dell’accordo, emersa online nelle scorse settimane, emergeva che le Isole Salomone potrebbero richiedere alla Cina di inviare nel Paese polizia, personale militare e altre forze dell’ordine e forze armate per una serie di compiti come il mantenimento dell’ordine sociale e la protezione di persone e proprietà.
Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno tutti espresso preoccupazione per l’accordo. Tuttavia, le Isole Salomone hanno affermato che continueranno a sostenere la politica estera di “amici di tutti e nemici di nessuno”.
LE MIRE CINESI NELLE ISOLE SALOMONE
Sul medio lungo termine è evidente che l’intenzione della Cina sarà quella di costruire una infrastruttura navale sull’isola.
I TIMORI DI USA E AUSTRALIA
Quindi da questo punto di vista le preoccupazioni americane e australiane sono oltremodo legittime.
LA STRATEGIA DI PECHINO
Ma la presenza cinese nelle isole ha seguito una strategia molto precisa. Quale? Innanzitutto attraverso la realizzazione della Pacific China Friendship Association e in secondo luogo attraverso la Solomon Islands China Friendship Association, veri e propri strumenti di soft Power.
Anche attraverso queste associazioni infatti — nella migliore tradizione del Komintern comunista — la Cina è in grado di destabilizzare o alimentare le tensioni politiche a proprio vantaggio.