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Bilancio Vaticano

Come si muoveva Mincione tra Enasarco e Vaticano

Che cosa si sa su mosse e investimenti del finanziere Raffaele Mincione

Le pensioni degli agenti di commercio e i denari dell’Obolo di San Pietro si intrecciano nell’immobile di Londra al 60 di Sloane Avenue, al centro dello scandalo vaticano che ha portato la Gendarmeria a perquisire, a inizio ottobre, gli uffici della Segreteria di Stato e dell’Autorità antiriciclaggio (Aif).

MINCIONE GUADAGNA

Ma tra Enasarco e Vaticano a guadagnarci sembra essere stato solo il finanziere Raffaele Mincione. E Oltre Mura cresce l’imbarazzo, anche per altri elementi sulla gestione dell’affare. Se investire nel mattone per la Santa Sede è assolutamente legittimo, pare non si sia brillato per particolare acume finanziario.

INDAGINE PER TRUFFA

Secondo La Stampa e il Corriere della Sera, Mincione sarebbe coinvolto in una inchiesta della Procura di Roma per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla truffa. Da chiarire, appunto, i contorni della vicenda intorno al palazzo londinese venduto al Vaticano nel 2014 e acquistato un anno e mezzo prima anche coi soldi di Enasarco. Al Fatto Quotidiano, al contrario, non risulta che il finanziere di Pomezia con base a Londra sia indagato.

IN CERCA DI INVESTITORI

Contestazioni o meno, le ultime notizie svelano ulteriori dettagli. Si viene così a sapere che nel 2012, quando Mincione fonda una società registrata nell’isola di Jersey chiamata 60SA per comprare l’immobile a Chelsea, non solo propone l’affare al Vaticano, ma anche a Enasarco.

QUANDO IL VATICANO CERCÒ MINCIONE

All’epoca Segretario di Stato era il cardinale Tarcisio Bertone. Sostituto, Angelo Becciu. Il Vaticano vuole investire 200 milioni di dollari. Si pensava ad una società petrolifera in Angola. Becciu conosce chi propone l’affare. Viene comunque contattato anche Mincione. Lui sconsiglia l’investimento in mezzo al mare e propone il palazzo al centro di Londra. Il Vaticano non si decide né per l’uno né per l’altro. In quel periodo – è quanto sta emergendo in queste ore – Mincione ne parla anche con Enasarco. L’ente aveva investiti nei fondi del finanziere circa 180 milioni.

Dove sono andati?

LO SHOPPING COI DENARI DELLA CASSA DI PREVIDENZA DEGLI AGENTI DI COMMERCIO

Il finanziere ne ha spesi una ventina nel 2012 in azioni Mps, circa la metà dell’investimento che lo porta a detenere l’1% di Monte Paschi. Anche se poi l’anno dopo le rivende con una perdita di 17,65 milioni. Va meglio con Banca popolare di Milano. Già nel 2011 aveva comprato circa l’8% di azioni. Ancora una volta una fetta importante dell’investimento arriverebbe dai soldi investiti da Enasarco.

25 MILIONI PER SLOANE AVENUE

E arriviamo al palazzo: 25 milioni del capitale messo dalla cassa previdenziale sarebbero finiti nell’acquisto dell’immobile di Londra. È il dicembre 2012. I tempi coincidono anche coi contatti tra Mincione e Segreteria di Stato. Una relazione di Enasarco cita espressamente il palazzo di Chelsea come mossa per ristrutturare gli investimenti fatti dall’ente nei fondi di Mincione a causa delle perdite rilevate.

ENASARCO CI RIMETTE?

Comunque sia: dopo un anno e mezzo Mincione vende il palazzo ad un altro suo fondo, questo partecipato dai denari del Vaticano. In quel lasso di tempo, il finanziere si porta a casa una plusvalenza di circa 100milioni rispetto all’investimento iniziale. Non ne beneficia però Enasarco. Come scrive La Stampa, l’ente che aveva messo 25milioni nel 2012, quando esce dal fondo il valore dell’immobile è ancora quello dell’acquisizione.

IL VATICANO COMPRA QUANDO IL PALAZZO COSTA DI PIÙ

Nel 2014 una perizia rivaluta l’equity del palazzo da 44 a 137milioni. E il Vaticano che fa? Si decide ad entrare nell’investimento proposto due anni prima. In affari con Mincione ci va con i 200milioni di dollari che inizialmente si pensava di investire nel petrolio. La metà va nell’immobile, di cui diventa proprietario al 45% attraverso il fondo Athena Global Opportunities. Gli altri finiscono nelle scommesse in Borsa del finanziere: scalata a Carige, Retelit e Tas.

BECCIU NON VUOLE GIOCARE IN BORSA, MA…

Sono investimenti di cui il Vaticano è a conoscenza. Lo ha detto Mincione in una intervista al Corsera. Nei giorni scorsi quello che all’epoca era il Sostituto, Angelo Becciu, ha confermato, rivelando però all’Ansa che la Segreteria di Stato in più occasioni aveva disapprovato le operazioni: “Si volevano i classici investimenti a capitale garantito e non di carattere speculativo”.

L’ operazione Carige risale a marzo 2014, quella Retelit a maggio 2014. Se lo ha fatto non è stato reso noto: ma Becciu, che non era d’accordo con le attività di Mincione, perché non ha segnalato alle autorità competenti?

LO STOP DEL VENEZUELANO PARRA

Intanto nell’estate 2018 Becciu viene promosso a cardinale e prefetto della Congregazione per le cause dei santi. In Segreteria di Stato arriva il venezuelano Edgar Peña Parra che comincia a dubitare della bontà dell’investimento. Il palazzo doveva rendere convertendolo da uffici e negozi a complesso residenziale di lusso. Ma la concessione edilizia arriva solo a fine 2016. Nel 2018 tutto è fermo. Poi la Brexit non ha certamente aiutato.

NUOVE, COSTOSE OPERAZIONI

La Segreteria di Stato si muove per acquistare l’intero immobile e liquidare il finanziere. Per farlo accende un mutuo da 130 milioni con due società lussemburghesi. Secondo il Sole 24 Ore, le condizioni sono onerose. Per uscire da Athena, il Vaticano riconosce a Mincione un conguaglio di 44 milioni.

LA SPORTELLATA IOR

Per chiudere il mutuo, la Segreteria di Stato chiede quindi 150 milioni allo Ior. La banca vaticana non ha intenzione di darli. La richiesta insospettisce il direttore Ior, Gian Franco Mammì, che infatti nel luglio scorso si rivolge alla procura vaticana. Anche l’Ufficio del revisore vaticano segnala.

INCOGNITE E PERDITE

Ma ora occorre fare in fretta: a fine anno scade la concessione per riconvertire l’immobile londinese. Il Vaticano ha intenzione di investire altri soldi? Lo Ior darà una mano a chiudere il mutuo? Se non arriveranno i denari si rischia di perdere “l’artistico palazzo” di Sloane Avenue, come lo ha definito monsignor Becciu.

LO SCHEMA MINCIONE

Riassumendo con Gianluca Paolucci, de La Stampa, lo schema Mincione era dunque questo: da un lato prende i soldi da un investitore e poi li utilizza per finalità diverse da quelle prospettate. In un caso l’investitore è la Fondazione Enasarco, in un altro la sezione amministrativa della Segreteria di Stato vaticana. Nel caso di Enasarco era la scalata a Bpm, in quello vaticano a Carige e Retelit. Quella, si ricorda, in cui è inciampato il premier Giuseppe Conte. Contattato, quando era ancora semplice avvocato, dalla Fiber della Wrm di Mincione per un parere pro veritate sull’applicabilità della Golden power per Retelit, poi effettivamente esercitata dal suo governo poche settimane dopo. Conte ha negato anche alla Camera qualsiasi conflitto di interesse.

“CHIESTI PRESTITI PER INVESTIRE”

Ma non finisce qui. Ed Condon, sul Catholic News Agency, riporta fonti interne agli organi economici vaticani. E rivela dettagli rilevanti se confermati. I denari investiti nel 2014 dalla Segreteria di Stato non sarebbero provenienti dai conti presso Credit Suisse che storicamente gestisce il tesoro della Terza Loggia, ovvero i fondi costituiti per lo più dai denari provenienti dall’Obolo di San Pietro. Qualcosa intorno ai 650 milioni di euro.

Al contrario, gli investimenti sarebbero stati finanziati attraverso un pacchetto di prestiti organizzato attraverso banche svizzere. Operazione che sarebbe stata sollecitata – o per lo meno approvata – da monsignor Becciu. La stessa Cna sottolinea che il prestito prevedeva che il Vaticano effettuasse pagamenti di interessi per un periodo di tre anni; ma tassi di interesse ed eventuali garanzie offerte non sono termini noti.

BILANCI SPERICOLATI?

Cna attacca poi Becciu, sostenendo che nel 2015 l’allora Sostituto avrebbe tentato di “mascherare” i prestiti sui bilanci vaticani cancellandoli dal valore della proprietà acquistata nel quartiere londinese di Chelsea. “Una manovra contabile vietata dalle nuove politiche finanziarie approvate di Papa Francesco nel 2014”, sottolinea Cna. Della mossa sarebbero venuti a conoscenza al Consiglio dell’Economia, coordinato dal cardinale Reinhard Marx. Si sarebbe notato “un problema”, ma nessuna azione è stata intrapresa.

TRASPARENZA DI NOME O DI FATTO?

Chissà se le indagini in corso in Vaticano porteranno a un chiarimento definitivo. La vicenda potrebbe essere tra le cause della cacciata del Revisore generale, Libero Milone, costretto alle dimissioni nel 2017. Fu accusato di ficcanasare nelle questioni private dei suoi superiori dallo stesso Becciu. O stava invece – come sottolinea il professionista – arrivando a conoscere di qualcosa che si voleva mantenere riservato tra banche e dicasteri? Fatto sta che Milone non è mai stato oggetto di indagine da parte della magistratura vaticana.

Magistratura che invece oggi vuol fare chiarezza sulla vicenda di quell’investimento nei fondi di Mincione. Operazione definita dal segretario di Stato, Pietro Parolin, “opaca”. Non per Becciu, che a stretto giro ha replicato sulla correttezza degli investimenti immobiliari, attaccando il finanziere per le operazioni in Borsa. Ma, appunto, al di là degli attacchi tramite stampa, il monsignore non ha mai sentito la necessità di interrompere il rapporto con Mincione.

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