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Turchia Israele

Come la Turchia giochicchia con gli islamisti in Siria e Libia. Il Punto di Gagliano

L'approfondimento di Giuseppe Gagliano sulle mosse della Turchia in Siria e Libia

In un articolo precedente sono stati illustrati brevemente i rapporti tra la Turchia e l’integralismo islamico.

E’ opportuno fare un breve approfondimento allo scopo di comprendere quanto intricata e complessa sia la situazione sia in Libia sia soprattutto in Siria.

Numerosi sono gli elementi che provano lo stretto legame tra il servizio segreto turco (MIT) e il terrorismo islamico.

Il MIT ha certamente contribuito in modo determinate a costituire un’infrastruttura segreta volta a supportare i militanti jiadhisti, sostegno che si è concretizzato nella cooperazione militare, nei trasferimenti di armi, nel supporto logistico, nella assistenza finanziaria e infine nella fornitura di prestazioni sanitarie.

In particolare il MIT ha dato sostegno ai gruppi islamisti in Siria e ha contribuito ad aiutare al Qaeda in Libia e Hamas in Palestina.

Nello specifico, per quanto riguarda l’Isis, i passaporti dei militanti del gruppo terroristico vengono stampati in Turchia e inoltre i guerriglieri del gruppo integralista islamico utilizzano schede Sim di provenienza turca. Per non parlare poi delle transazioni finanziarie che vedono coinvolti i combattenti dell’Isis presso gli uffici della Western Union in alcune cittadine siriane poste vicino al confine turco.

Insomma, sia per numerosi analisti che grazie a numerose inchieste giornalistiche indipendenti, la Turchia è diventata una importante base che consente allo Stato islamico e ai suoi combattenti di essere aiutati e sostenuti.

Basti pensare che il MIT ha certamente contribuito alla nascita dello Stato islamico sia in Iraq che in Siria.

Facciamo alcuni esempi: nel 2014 l’emiro saudita Bin Sultan ha finanziato il trasporto di armi per l’Isis, trasporto che avveniva attraverso i confini turchi.

La Turchia fin dal 2014 ha inviato armi ai combattenti islamisti in Libia in base a un baratto spregiudicato: armi in cambio di petrolio. A proposito del petrolio non dobbiamo dimenticare che il coinvolgimento della Turchia è diretto soprattutto per quanto riguarda il traffico del petrolio dell’Isis.

Per esempio in Siria l’Isis, dal 2014, controlla intere aree petrolifere contribuendo a costruire una vera e propria economia sommersa grazie alla presenza di intermediari turchi i quali acquistano il petrolio dell’Isis a prezzi bassissimi. Infatti dopo l’estrazione, il greggio viene raffinato e trasportato sui vari mercati attraverso una diffusa rete di distribuzione presente in vari comuni turchi.

Di particolare importanza per il commercio del petrolio è stata la provincia di Adana, in cui si trova il porto di Ceyhan considerato certamente il più importante snodo petrolifero del Mediterraneo orientale. Guarda caso l’approdo per le petroliere era gestito da un’azienda di Stato turco e cioè dalla Boats International Limited.

Nonostante sia certamente difficile provare le accuse di un diretto coinvolgimento della famiglia di Erdogan in questo commercio ci sono però numerose informative, anche di provenienza russa, in base alle quali sia il presidente turco, sia suo genero, sia suo cognato che il figlio di Erdogan sarebbero a vario titolo coinvolti in questo commercio illegale. D’altronde, nell’ottobre del 2015 il figlio di Erdogan, Bilal, è stato oggetto di una inchiesta del procuratore della Repubblica bolognese per riciclaggio di denaro.

Per quanto concerne il sostegno turco ai combattenti islamisti in Siria sia sufficiente ricordare che nel 2016 i servizi di sicurezza tedeschi avevano affermato che la Turchia era ormai diventata una base di partenza per le azioni dei gruppi islamisti, collaborazione questa che va tuttavia inquadrata in una più ampia collaborazione per sostenere la Fratellanza Musulmana in Siria. Secondo questo rapporto esiste d’altra parte una profonda affinità di carattere religioso tra la Fratellanza Musulmana e il principale partito turco e cioè l’Akp.

Da un punto di vista strettamente strategico non c’è dubbio che il terrorismo islamista, nel senso più ampio del termine, sia stato e sia uno strumento politico di cui il premier turco, con la indispensabile collaborazione del servizio segreto turco, si serve anche per destabilizzare Siria e Libia.

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