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Draghi

Come è finito il governo Draghi

Tragicommedia al Senato: Berlusconi e Salvini negano come i grillini la fiducia a Draghi. I Graffi di Damato

 

La verifica parlamentare si è conclusa al Senato come più sorprendentemente non si poteva.

Con Silvio Berlusconi che, pur di confermare il suo rapporto privilegiato con l’insofferente Matteo Salvini nel centrodestra, ha finito per allinearsi a Giuseppe Conte: entrambi impegnati fuori dal Parlamento, non essendo né deputai né senatori, a guidare i loro partiti, o movimenti. Sia i grillini sia i forzisti hanno negato la fiducia al governo, dove pure sono rappresentati con tanto di ministri e di sottosegretari, almeno fino al momento in cui scrivo.

I grillini hanno rifiutato la fiducia volendo “togliere il disturbo”,come ha spiegato la capogruppo in un intervento assai critico verso il presidente del Consiglio.

I forzisti, al seguito dei leghisti, hanno rifiutato la fiducia rimproverando a Draghi di non avere voluto fare a meno dei grillini disponendosi alla formazione di un nuovo governo, sollecitata da un loro documento. Accusa, questa, che è stata clamorosa smentita dal ritiro dei grillini dalla maggioranza.

La contraddizione è stata con molta efficacia oratoria sottolineata dal senatore forzista Cangini, che ha confermato la fiducia al governo.

I forzisti e i leghisti hanno tradotto il loro rifiuto non partecipando alla votazione. I grillini, per non fare mancare a questo punto il numero legale e vanificare quindi lo scrutinio, vi hanno invece partecipato rispondendo all’appello nominale col rifiuto appunto di rispondere sì o no.

E’ stato un epilogo da vero teatrino della politica: quello tanto vituperato da Beppe Grillo e Silvio Berlusconi con una sintonia “populista” paradossalmente sottolineata con un certo compiacimento pochi giorni fa in una intervista al Corriere della Sera da Confalonieri, l’amico più stretto e fedele -di none e di fatto- dell’ex presidente del Consiglio.

La verifica parlamentare si è conclusa al Senato come più sorprendentemente non si poteva.

Con Silvio Berlusconi che, pur di confermare il suo rapporto privilegiato con l’insofferente Matteo Salvini nel centrodestra, ha finito per allinearsi a Giuseppe Conte: entrambi impegnati fuori dal Parlamento, non essendo né deputati né senatori, a guidare i loro partiti, o movimenti.

Sia i grillini sia i forzisti hanno negato la fiducia al governo, dove pure sono rappresentati con tanto di ministri e di sottosegretari, almeno fino al momento in cui scrivo.

I grillini hanno rifiutato la fiducia volendo “togliere il disturbo”, come ha spiegato la capogruppo in un intervento assai critico verso il presidente del Consiglio.

I forzisti, al seguito dei leghisti, hanno rifiutato la fiducia rimproverando a Draghi di non avere voluto fare a meno dei grillini disponendosi alla formazione di un nuovo governo, sollecitata da un loro documento. Accusa, questa, che è stata clamorosa smentita dal ritiro dei grillini dalla maggioranza.

La contraddizione è stata con molta efficacia oratoria sottolineata dal senatore forzista Cangini, che ha confermato la fiducia al governo.

I forzisti e i leghisti hanno tradotto il loro rifiuto non partecipando alla votazione.

I grillini, per non fare mancare a questo punto il numero legale e vanificare quindi lo scrutinio, vi hanno invece partecipato rispondendo all’appello nominale col rifiuto appunto di rispondere sì o no.

E’ stato un epilogo da vero teatrino della politica: quello tanto vituperato da Beppe Grillo e Silvio Berlusconi con una sintonia “populista” paradossalmente sottolineata con un certo compiacimento pochi giorni fa in una intervista al Corriere della Sera da Confalonieri, l’amico più stretto e fedele – di nome e di fatto – dell’ex presidente del Consiglio.

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