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Midterm

Come combattono russi e ucraini. L’analisi di Dottori (Limes)

Il punto di Germano Dottori (consigliere scientifico di Limes) sulla guerra fra Russia e Ucraina

 

“Tra Ucraina e si stanno scontrando due modi diversi di fare la guerra. La guerra moderna la stanno combattendo gli ucraini”. Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes, traccia un’analisi del conflitto russo-ucraino che prova a fare chiarezza sulle reali forze in campo e sulle possibili evoluzioni della guerra che finora ha causato non meno di mille vittime tra i civili ucraini.

Russia-Ucraina: la guerra di logoramento

Quella che, secondo le prime indicazioni degli analisti, doveva essere una guerra rapida e che non avrebbe dovuto riguardare tutto il territorio ucraino si è trasformata, con il passare dei giorni, in una guerra di logoramento nella quale l’esercito russo sta, piano piano, accerchiando tutta l’Ucraina ma senza rilevanti successi al momento. “I russi non hanno in questo momento un’intelligence, una sorveglianza e una cognizione degna di questo nome del campo di battaglia – ha detto l’analista di geopolitica Germano Dottori nel corso di Omnibus -. Gli ucraini spesso si muovono in pattuglie estremamente autonome e digitalizzate.  Spesso vediamo video che ritraggono i soldati ucraini con palmari in mano sui quali ricevono informazioni in tempo reale, e combattono sul loro territorio. I russi, invece, in molti casi marciano con ordini di servizio scritti su carta”.

L’organizzazione militare russa secondo Dottori (Limes)

Ha attirato molto l’attenzione dei media occidentali e degli esperti di strategia militare l’alto numero di generali russi caduti sul campo di battaglia ucraino. “L’alto numero di perdite tra i loro ufficiali, generali e colonnelli è probabilmente dovuto non solo alla necessità di incoraggiare soldati che vanno al massacro ma anche dalla necessità di assicurare la corretta distribuzione degli ordini che altrimenti non arriva – spiega il prof. Dottori -. Il Washington Post ha rivelato che non si sa chi comanda. Probabilmente lo Stato Maggiore Generale da Mosca. E nel frattempo non c’è solo una campagna, ce ne sono in realtà almeno 4-5 autonome o quasi. Non si capisce la coerenza del piano di attacco e oltretutto sembra che manchi un centro di gravità. C’è chi dice che il vero focus è a est, c’è chi dice che sia a sud, c’è chi dice che sia a Kiev. Io personalmente penso che sia a Kiev”.

Esercito russo o armata rossa?

Quello che ha colpito l’opinione pubblica è stata la sproporzione di forze in campo tra Russia e Ucraina. Del resto è lo stesso presidente ucraino Zelensky che in uno dei suoi video afferma che l’Ucraina è stata attaccata dal più forte esercito del mondo. Il numero, però, in questo caso non sarebbe sinonimo di potenza. “La sproporzione è apparente perché i russi hanno schierato forze corazzate in larga misura composte da mezzi che noi avremmo da tempo musealizzato, e va detto, ma poi vengono impiegate con una concezione operativa che era vecchia già nel 1973 quando, durante la guerra nel Kippur, si è visto che i carrarmati non assistiti dalla fanteria sono vulnerabili al fuoco controcarro della fanteria avversa, che usa missili spalleggiabili e fa fuori i carrarmati uno dopo l’altro – sottolinea il prof. Dottori -. Questo gli israeliani l’hanno scoperta nel 1973. I russi sono rimasti indietro”.

Il rischio di escalation nucleare

Il dilatamento del conflitto, nel tempo e nello spazio, si sta rivelando molto rischioso per la Russia, tanto che la vittoria sul campo, inizialmente quasi scontata, sembra sempre più in dubbio. “I russi stanno perdendo questa guerra sul campo – continua il consigliere scientifico di Limes -. E ci sono alcuni fatti significativi: si stanno trincerando e stanno stendendo campi minati. Il che significa che hanno perso l’iniziativa e sono passati sulla difensiva. Ora può anche essere che si stiano riorganizzando, a maggio entra nelle forze armate russe la nuova classe di leva, però è difficile immaginare che possano mettere in campo forze equivalenti a quelle con le quali sono entrati e che non sono bastate. Quindi la valutazione da fare è un’altra: il momento in cui gli ucraini contrattaccheranno, e in parte stanno già cominciando perché a nord ovest di Kiev i russi sono in difficoltà, sarà da verificare la tenuta del dispositivo militare russo”. Se questo non dovesse tenere potrebbe essere molto pericoloso perché diventerebbe “realistica la prospettiva che per salvarsi i russi possano fare l’escalation, e quindi ricorrere a un ordigno nucleare tattico, magari sganciato in campagna”.

I timori di Putin per la sua vita

La scorsa settimana il presidente russo Putin ha messo in scena una dimostrazione di forza e di comunità d’intenti con il suo popolo attraverso un’adunata nello stadio di Mosca. Eppure proprio la necessità di ricorrere a questo tipo di comunicazione potrebbe nascondere serie preoccupazioni. “Putin ha paura per la sua vita, ha adottato misure di sicurezza per la propria persona che sono assolutamente inconsuete – suggerisce Dottori -. Le ha rafforzate, è difficilissimo incontrarlo, tiene le persone a distanza, non è nemmeno certo che le immagini che abbiamo visto allo stadio siano realistiche a 100%. Alcuni parlano di immagini realizzate con la tecnica del backstage. Il tutto determinato da una ossessione per la sua sicurezza personale”.

La democrazia impossibile in Russia

Vladimir Putin è l’espressione di un sistema di potere che si è formato quando l’URSS era ancora una realtà, che ne ha visto la dissoluzione ma che ne ha ereditato gli stilemi. “Nel momento in cui questo sistema lo dovesse giudicare scomodo o dovesse giudicare controproducente la sua permanenza al potere verosimilmente lo sostituirebbe – prosegue Dottori -. Ci sono uomini dietro le quinte estremamente potenti che sono in grado di fare una mossa. Il punto è chi va al posto suo? Potrebbe andare al posto suo una persona giudicata dagli apparati intellettualmente più fresca e in grado di far partire un nuovo corso una volta che Putin fosse stato giudicato non più idoneo”. Una svolta appare impossibile: che la Russia evolva in tempi più o meno brevi in uno stato democratico di tipo occidentale. “La lezione degli anni ’80 e ’90 ha condizionato fortemente il discorso politico russo. La democrazia e le democratizzazione in Russia sono scambiate con la dissoluzione dello stato e la frammentazione della nazione, e forse con qualche ragione perché la Russia è un impero multinazionale e nel momento in cui si democratizzasse verosimilmente si disintegrerebbe. Se dovesse esserci una decapitazione non si andrebbe verso la democrazia ma verso un’altra declinazione dell’autoritarismo con un’altra persona ad esprimerlo”, ha osservato Dottori.

La posizione dell’Italia

Il nostro paese vanta un rapporto speciale con la Russia, motivato non solo dalla dipendenza dalle fonti energetiche, un’amicizia storica, una relazione quasi sentimentale. “L’Italia ha sempre cercato di sfruttare un’area grigia nella quale le sue mosse non sfidavano gli interessi degli USA per crearsi qualche opportunità in più – ha spiegato Dottori -. Questa cosa ha unito tutto il sistema politico italiano salvo forse il partito radicale e pochi altri. È ovvio che quando il clima internazionale cambia e le briglie vengono tirate ci sono degli scossoni”. Anche il premier Mario Draghi, il cui filoatlantismo non può essere messo in discussione, ha avuto qualche problema. “La sua politica è stata oggetto delle domande che si ponevano nelle conferenze alla Casa Bianca, è stato attaccato da Bloomberg. I nostri interessi certe volte ci portano a fare delle cose che non sono gradite dagli USA – ha continuato Dottori -. La nostra dipendenza dal gas è aumentata sensibilmente dai tempi del governo Letta in avanti. Tutti i governi italiani si sono esposti nei confronti della Russia e anche della Cina”.

La scelta di campo obbligata dell’Italia

Anche se l’Italia, nel recente passato, ha strizza l’occhio alle potenze orientali, il memorandum sulla via della seta ne è un esempio, la scelta del campo occidentale e atlantista non è mai stata messa in discussione. “Si parla di una scelta di valori, io sono realista, l’alleanza atlantica per noi è il punto di riferimento principale per due ragioni: l’Italia sta in mezzo al mare e deve essere alleata delle potenze che controllano il mare e queste potenze sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, inoltre l’Italia dipende, per l’alimentazione del proprio debito pubblico dai mercati finanziari internazionali e chi è che li controlla? Ancora una volta USA e Gran Bretagna – conclude Dottori -. Nessuno può mettere in dubbio l’appartenenza del nostro paese. Ciò non toglie che più volte, persino durante la guerra fredda, abbiamo cercato di sviluppare delle direttrici intermedie”.

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