Chen Wenling, capo economista al China Center for International Economic Exchanges, ha invitato le autorità cinesi a sequestrare la compagnia taiwanese di semiconduttori TSMC nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero imporre contro la Cina sanzioni simili a quelle applicate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
COSA HA DETTO CHEN
Nel suo intervento a un convegno ospitato dal Chongyang Institute for Financial Studies, un think tank dell’Università Renmin di Pechino, Chen ha dichiarato che “se gli Stati Uniti e l’Occidente impongono alla Cina sanzioni distruttive come quelle contro la Russia, dobbiamo recuperare Taiwan”. Taiwan è un paese a sé, con un governo e una presidente propri, ma non è riconosciuto come tale dalla Cina, che lo considera una provincia del proprio territorio da portare sotto il suo controllo, anche con la forza.
“Dobbiamo impadronirci di TSMC”, ha aggiunto Chen, “per la ricostruzione della catena industriale e della catena di fornitura”. “Stanno accelerando il trasferimento negli Stati Uniti per costruirvi sei fabbriche”, ha detto, riferendosi ai piani della compagnia per l’apertura di fabbriche in America; “non dobbiamo permettere che tutti gli obiettivi del trasferimento vengano raggiunti”.
TSMC è la più grande produttrice di semiconduttori su contratto al mondo: vale da sola più della metà del mercato della manifattura di microchip (vengono realizzati in stabilimenti chiamati fonderie). Uno dei clienti più famosi di TSMC è Apple, che ha bisogno dei suoi chip per far funzionare gli iPhone.
LA CORSA AI MICROCHIP
I microchip sono componenti necessari alla realizzazione di automobili, computer, elettrodomestici, smartphone e dispositivi tecnologici simili, tra le altre cose; sono dunque cruciali per lo sviluppo futuro e la competitività delle economie.
Mentre TSMC è in grado di produrre semiconduttori avanzati, dalle dimensioni ridottissime, la Cina è indietro e dipende dunque dalle importazioni. Gli Stati Uniti sono i primi al mondo per quanto riguarda la fase di progettazione (design) dei microchip, ma vogliono contare di più anche per quanto riguarda la loro manifattura, in modo da essere maggiormente autonomi dall’Asia e ridurre i rischi di approvvigionamento.
LE FABBRICHE DI TSMC IN AMERICA
Chen parla di sei fabbriche di chip previste da TSMC in territorio statunitense; il numero compare in diverse ricostruzioni giornalistiche, anche se la società ne ha annunciata soltanto una da 12 miliardi di dollari, pur avendo acquistato lotti di terra molto vasti.
L’IMPORTANZA DI TSMC PER LA CINA
Le parole di Chen Wenling sono rilevanti perché il centro di ricerca presso cui lavora, il China Center for International Economic Exchanges, è supervisionato dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, il principale organo di pianificazione economica della Cina. Le affermazioni dell’economista, inoltre, ribadiscono il valore strategico assegnato da Pechino all’industria taiwanese dei chip, specialmente alla luce della competizione economica-politica con Washington.
LA COMPETIZIONE TECNOLOGICA USA-CINA
Gli Stati Uniti, già sotto l’amministrazione dell’ex-presidente Donald Trump, hanno imposto restrizioni alle esportazioni di tecnologie critiche verso la Cina, come proprio quelle per la fabbricazione di semiconduttori avanzati. L’attuale amministrazione di Joe Biden sta proseguendo nella stessa direzione, al punto che il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha accusato nei giorni scorsi Washington di stare allargando eccessivamente il concetto di sicurezza nazionale e di volere così privare Pechino “del suo diritto allo sviluppo”.
Per diminuire la dipendenza dall’estero e il livello di vulnerabilità alle sanzioni statunitensi, il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un programma per il raggiungimento dell’autosufficienza tecnologica. Ha anche ordinato al vice-primo ministro Liu He di mettere a punto un’iniziativa per aiutare i produttori nazionali di microchip a superare le restrizioni americane.
NIENTE EUROPA PER TSMC
Oggi TSMC ha fatto sapere di non avere alcun piano concreto per l’apertura di fabbriche sul territorio dell’Unione europea: nelle scorse settimane si era parlato della possibilità che la compagnia realizzasse una fonderia in Germania o in Italia.
“In Europa abbiamo relativamente meno clienti”, ha spiegato il presidente Mark Liu durante l’assemblea degli azionisti, “ma stiamo ancora valutando e non abbiamo ancora piani concreti”.
Come scrivevamo su Startmag, in Europa la domanda di semiconduttori arriva principalmente dalle case automobilistiche, che a differenza delle compagnie tecnologiche non hanno bisogno di chip avanzatissimi, ovvero quelli che garantiscono i maggiori profitti ai produttori. Le società come TSMC o Intel, dunque, hanno qualche perplessità in merito alla capacità di assorbimento del mercato europeo: per rientrare dei grandi investimenti necessari per la costruzione delle fabbriche (nell’ordine delle decine di miliardi di dollari), devono avere la certezza che queste lavoreranno poi a pieno regime, generando entrate sufficienti a coprire le spese.