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Cina Mar Rosso

La Cina si sfrega le mani per la crisi nel mar Rosso?

La Cina prova a trarre qualche vantaggio dalla crisi nel mar Rosso, approfittando dell'immunità garantita dagli houthi e dei buoni rapporti con l'Iran. Eppure la crisi sembra avere più costi che benefici per Pechino. Ecco i fatti e l'analisi dell'Ispi.

Secondo il Corriere della Sera, la Cina sta traendo un vantaggio economico dalla crisi nel mar Rosso, dove i ribelli houthi stanno attaccando le navi portacontainer occidentali e ostacolando il commercio marittimo verso il canale di Suez, strettoia fondamentale per l’interscambio tra Europa e Asia.

MA LA CINA STA FACENDO O NO PRESSIONI SULL’IRAN?

Come scrive Guido Santevecchi, corrispondente del Corriere da Pechino, non è chiaro se la diplomazia cinese stia davvero facendo pressioni sull’Iran affinché convinca gli houthi – che sostiene in funzione anti-israeliana – a mettere fine agli attacchi missilistici e via droni alle imbarcazioni. “In attesa di una svolta diplomatica”, riporta il giornalista, “a quanto pare i cinesi stanno sfruttando la crisi a fini commerciali”.

LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE CINESI PASSANO PER IL MAR ROSSO

Diverse compagnie di navigazione cinesi hanno infatti modificato le loro rotte abituali per passare attraverso il mar Rosso, utilizzando gli scali di Doraleh nel Gibuti (dove si trova l’unica base militare della Cina all’estero), di Hodeidah nello Yemen e di Gedda in Arabia Saudita. Queste compagnie sono tutte di piccole dimensioni e poco note, come Transfar Shipping, CU Lines e Sea Legend

Di recente gli houthi hanno assicurato che le imbarcazioni cinesi e russe potranno navigare in sicurezza verso il mar Rosso, a differenza di quelle collegate a paesi accusati di vicinanza a Israele nella guerra a Gaza contro Hamas.

I DATI

Per effetto del reindirizzamento logistico verso il mar Rosso, scrive il Corriere, “la quota di merci trasportate dalle portacontainer cinesi nel Mar Rosso nelle due prime settimane di gennaio è salita al 28% del totale, rispetto al 15% di prima della crisi”.

EPPURE, COSCO…

Oltre all’immunità garantita dagli houthi, secondo il Corriere le navi portacontainer cinesi possano attraversare in sicurezza lo stretto di Bab el-Mandeb (dove si concentrano gli attacchi dei ribelli yemeniti) anche grazie al “buon rapporto tra Pechino e Teheran”. Ciononostante, il gruppo statale Cosco Shipping Lines, una delle compagnie di navigazione più grandi al mondo, sta comunque preferendo evitare il mar Rosso per non correre rischi.

GLI INTERESSI DELLA CINA NEL MAR ROSSO

Pur dichiarandosi neutrale nella guerra a Gaza, la crisi nel mar Rosso causata dagli houthi è una minaccia potenziale ai suoi interessi economici.

L’ISPI ha scritto infatti che “Pechino importa circa la metà del suo petrolio greggio dal Medio Oriente e il Canale di Suez rappresenta la via principale per le sue spedizioni di merci verso ovest. Circa il 60% delle esportazioni verso l’Europa passa da qui e ammonta a un decimo del traffico annuale complessivo attraverso l’istmo. Secondo quanto riportato da Bloomberg Intelligence, nella seconda settimana di gennaio lo Shanghai Containerized Freight Index – uno dei principali indici sul trasporto marittimo cinese – è salito al livello più alto da settembre 2022, riflettendo i costi aggiuntivi legati alla potenziale necessità di far deviare le navi cinesi intorno all’Africa”.

Inoltre, “la rotta attraverso il Mar Rosso rappresenta uno degli snodi strategici lungo la Via della Seta marittima – una delle ramificazioni della BRI che si estende dalla Cina meridionale allo Stretto di Malacca, all’Oceano Indiano, al Corno d’Africa, allo Stretto di Bab Al-Mandeb, fino al Canale di Suez. Oltre a connettere la Cina con il Medio Oriente, la rotta in questione è fondamentale per i rapporti tra Cina e i paesi del continente africano, con cui Pechino coltiva legami economici e politici molto stretti”.

L’ISPI fa poi notare come dall’inizio della guerra tra Israele, gli Stati Uniti abbiano chiesto più volte alla Cina di far pressione sull’Iran “per allentare la tensione, ma senza successo. La Cina si è limitata a blandi e liturgici appelli alla moderazione, facendo muro contro muro con gli USA in sede ONU ”.

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