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Risalita Pil

Che cosa serve davvero all’Italia

Il post di Stefano Biasioli

Negli anni Sessanta c’erano i cantanti urlatori.

Da 3 decenni siamo invece assordati da politici e da pseudo-personaggi che vanno in tv ad urlare, a fare sceneggiate, a insultare. Chi? I comprimari dello show e i politici. Non tutti i politici, ma quelli di centro-destra.

Infatti, nel recente passato (1980-2010) l’insulto è passato da Craxi a Berlusconi e alla sua “corte”. Ora, invece, le corde vocali dei sinistrorsi sono rivolte contro Salvini e contro la Meloni, 2 soggetti colpevoli di un reato pazzesco: quello di crescere nei sondaggi, nonostante le accuse di fascismo, di razzismo, di sovranismo.

Di crescere nei sondaggi a spese dei 5S, del Pd e della sinistra.

Di quella estrema sinistra che fa riferimento ai centri sociali, ai No-Tav, No-Tap, No-Ilva. Di quella “media sinistra” che ha applaudito, prima, la nascita dei 5 Stelle e che applaude, ora, il “movimento delle sardine”, come se fossero — le sardine — espressione di interessi nuovi, di neofiti, di “coscritti” attenti al bene comune.

E invece come ha scritto Libero nel numero dello scorso 9 dicembre i capetti delle sardine (Stephen Ogongo; Samar Zaoui; Bernard Dika; Daniele Licheri; Fabio Cavallo; Jamal Hussein; Simona Regondi; Filippo Rossi; Jasmine Cristallo; Michele Abbaticchio) sono “compagni e pro-migranti”, non vergini e verginelle.

Ormai è chiaro a molti: le sardine possono essere classificate per un 50% certamente a sinistra (Pd, 5 Stelle, dintorni) e per l’altro 50% come cittadini “agnostici”, ovvero non votanti e non meglio identificati, come collocazione politica e come obiettivi.

Gretini e sardine sono simili tra loro. I primi manifestano a favore dell’ambiente e del clima, insozzando le strade dove passano. I secondi non le puliscono di certo, le strade, né si impegnano in attività organizzate di volontariato, in un Paese-come il nostro che di volontariato avrebbe tanto bisogno.

Abbiamo ben capito che Mattarella e i governanti attuali faranno di tutto per ritardare il voto nazionale al 2023, nonostante l’evidente incapacità di questo governo di affrontare le criticità sostanziali del nostro Paese.

Infatti anche i giallorossi sono incapaci di mettere in movimento la nostra economia, varando un enorme piano Marshall che consenta di ristrutturare scuole, ospedali, autostrade e strade statali. Che chiuda le “poste insolute” degli infiniti “post-terremoti” e delle abitazioni precarie dei terremotati.

È molto facile dire di no ma è ancora più difficile avere una progettualità “neutra” che consenta di affrontare sul serio i problemi nazionali che si trascinano da decenni.

Leggeremo con calma la legge di bilancio 2020 e i tanti collegati alla stessa.

Ci permettiamo di pensare, di scrivere e di dire che non è serio un paese che:

a) che non ha progetti “veri” sulla sanità e sulla vecchiaia;

b) che consente alla magistratura di supplire alle carenze politiche, legiferando con “sentenze innovative”;

c) che non concretizza la separazione, in magistratura, tra giudicanti e inquirenti;

d) che apre decine di fascicoli giudiziari, che restano poi aperti per decenni, anche per banali liti familiari;

e) che non responsabilizza i magistrati, costringendoli a chiudere i fascicoli aperti entro un massimo di 2 anni;

f) che non colpisce i magistrati che sbagliano, mentre colpisce tutti gli altri professionisti che sbagliano, a partire dai medici;

g) che non ristruttura la scuola dalle fondamenta, ossia dalle elementari (scuola primaria), prendendo atto di quanto dimostrano le statistiche internazionali;

h) che non ridà un ruolo agli insegnanti, valorizzando il loro impegno e dando loro nuovi strumenti per gestire classi e familiari, a partire dal divieto all’uso dei telefonini negli istituti scolastici;

i) che non potenzia il ruolo degli Its e del mix tra teoria e pratica, dopo aver svilito il significato (anche economico) della laurea, con pseudo-lauree brevi e con lauree prive di sbocchi di lavoro/mercato;

l) che non riforma il servizio sanitario nazionale, nato nel 1978, ricreando una graduazione delle strutture ospedaliere (gerarchia di competenze) e varando una rete poliambulatoriale sul territorio, vicina e accessibile (spostamenti e tempi di attesa) anche ai vecchi con mobilità ridotta e con risorse economiche limitate;

m) che non crea e diffonde standards sanitari concreti (tempistica delle prestazioni sui cronici; modalità di accesso ai cup; semplificazione amministrativa; tessera sanitaria con chip…);

m) che non controlla le Rsa (qualità/quantità delle prestazioni erogate; spazi individuali; alimentazione; motricità);

n) che non detassa i pensionati, ma che invece li bastona con fasulli contributi di solidarietà, usati per fini assistenziali e non per fini previdenziali;

o) che non fissa criteri “seri” per assumere cariche politiche e cariche tecniche (quelle di nomina politica);

p) che favorisce la immigrazione selvaggia e incontrollata, chiudendo gli occhi e la mente sui “campi di concentramento dei nuovi immigrati, sulla loro qualità di vita e sulla scarsa integrazione” (nessun lavoro, nessuna dignità…);

Potremmo proseguire ed aggiungere altri temi.

Come il lettore può intuire, questo è un progetto politico pluriennale, un progetto politico che manca agli attuali governanti, alle sardine, ai no-tutto, a quelli che puntano alla “decrescita felice”, a quelli che non credono che la soluzione dei problemi nazionali venga prima dei diktat Ue.

Infine, una domanda retorica.

Che fine farà un paese (l’Italia) nel quale i valori (rispetto dell’altro, etica, conoscenza, aiuto reciproco) sono stati dileggiati e persi, a favore del consumismo (prima della crisi) e della fake new del “tutto a tutti”?

No, pur essendo tutti persone, non siamo tutti uguali. Chi si impegna, studia e lavora non può essere uguale a chi bighellona, spaccia, ruba, aspetta un aiuto pubblico, senza darsi da fare.

Concetti scontati, per noi vecchietti. Ma non scontati per chi non accetta che ogni persona umana sia diversa dall’altra: per caratteri genetici, per nascita, per ambiente familiare, per volontà individuale, per impegno, per studio, per fortuna e per scelte (casuali o meditate).

Ognuno di noi ha avuto una vita piena di bivi: la decisione se andare da una parte o dall’altra è stata frutto di scelte, ponderate o casuali. Ma di scelte…non di attese, standosene in panciolle. La povertà, individuale o collettiva, non si vince a parole (Di Maio) ma con i fatti.

È quello che hanno fatto gli Italiani negli anni cinquanta e sessanta, è quello che la maggioranza degli italiani non fa oggi… a partire da chi lavora in nero, non paga le tasse (il 50%), si finge invalido, spaccia, vive attaccato al telefonino e a un mondo virtuale (il web).

Come ripartire? Con un servizio civile obbligatorio, pagato, in cui insegnare alla gente le regole del vivere civile, quelle regole che si sono perse. Quanti giovani cedono il posto a un anziano?

E i soldi, per fare tutto ciò, dove si trovano? Si trovano, se lo si vuole.

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