Caro direttore, stamattina nel ringraziarmi per la lettera su altri ricchi premi e cotillon mi hai mandato il link al post della tua collega Maria Antonietta Calabrò che segnala un articolo del Messaggero in cui si riporta la proposta avanzata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri – Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, di riconsiderare i vincoli di segretezza dell’intelligence.
Intervenuto ieri mattina a Palazzo Dante alla cerimonia di premiazione della sesta edizione del premio “Una tesi per la sicurezza nazionale”, promosso dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), Mantovano si è così espresso: “Troviamo strade per riconsiderare i vincoli di segretezza riguardanti l’identità del personale della nostre intelligence non impiegato in contesti operativi” per agevolare “una più libera propagazione del senso di appartenenza a questa sempre più fondamentale articolazione dello Stato”, chiedendosi se “Essere così rigorosi nel divieto di disvelamento dell’identità degli appartenenti dei Servizi di informazione per la sicurezza è ancora una necessità al passo coi tempi?”.
Tutto ciò lo ha detto “un po’ spiazzando la platea e lo stato maggiore dei Servizi presente nella sala: il direttore del Dis Elisabetta Belloni, gli uomini a capo delle due agenzie Aise ed Aisi, Giovanni Caravelli e Bruno Valensise”, sottolinea il giornalista Francesco Bechis del quotidiano di Caltagirone.
“Mantovano in sostanza propone di squarciare il velo di segretezza su centinaia di giovani e meno giovani dipendenti dell’intelligence italiana impiegati come analisti, tecnici, funzionari, ovviamente esclusi gli agenti impegnati in missioni operative sotto copertura a cui il segreto «va applicato con il massimo rigore»”, ha aggiunto Il Messaggero.
Mi sorge il dubbio che sei stufo delle curiosità che ti mando sull’amichettismo giornali-aziende e sui conflitti di interesse fra giornali-aziende-consulenti ecc, comunque sia ti dico in breve quello che penso della proposta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi visto che in passato anche io – diciamo – ho fatto parte dell’ambiente pur stando quasi sempre negli Stati Uniti.
Dunque: svelare l’identità del personale impiegato in contesti non operativi (e che non verrà mai impiegato negli stessi) è una grande evoluzione nel comparto. (E non me ne voglia il sottosegretario Mantovano per l’utilizzo del vocabolo “comparto” visto che oltre alla proposta di rendere pubblici nomi e cognomi degli addetti all’intelligence di stanza al Dis, ha rinnovato in quest’ultima occasione quella di non usare più l’espressione “Comparto”, dal momento che, secondo lui, “richiama o le ferrovie o i supermercati”).
Ma torniamo a noi. Ovunque la componente di analisi è pubblica in quanto interagisce costantemente con il mondo accademico, scientifico e privato.
Dubito che si farà per un motivo molto semplice.
Una situazione come quella delineata da Mantovano obbligherebbe chi è impiegato in questi contesti a doversi aggiornare, a dover interagire con l’esterno alla ricerca di ogni input necessario per raccogliere dati utili alla causa. Il potersi dichiarare come agenzia intelligence fornirebbe, inoltre, grande potere nell’interazione pubblica.
Infine, il personale impiegato nella componente di analisi non potrebbe mai andare all’estero dove, invece, sei considerato come operativo. La vedo come una cosa molto utile e, dunque, sono sicuro che non si farà mai.
Forse sarà disincantato, ma questo è quello che penso, caro direttore.
Grazie per la tua attenzione e per la tua considerazione.
Cordiali saluti
Francis Walsingham