skip to Main Content

Landini

Che cosa penso del governo Meloni

Se si prende in considerazione i ministri politici e anche quelli tecnici del governo Draghi, bisogna essere degli inguaribili settari e in malafede per sminuire il ‘’profilo’’ dell’attuale esecutivo rispetto al precedente. Il commento di Giuliano Cazzola

 

Il governo Meloni ha compiuto la cerimonia del giuramento. Secondo la Costituzione è questo l’atto da cui prende vita l’esecutivo. I giuristi si avvalgono della seguente definizione: con il giuramento il governo è vivo, ma non vitale, nel senso che lo diventerà solo dopo aver ottenuto la fiducia del Parlamento (nel nostro caso da parte di ambedue la Camere).

Salvo sorprese i voti sulla fiducia avverranno nella prossima settimana; così il primo governo presieduto da una donna, sostenuto in misura prevalente da un partito erede di un passato tragico, archiviato il 25 aprile 1945 con disonore, perché responsabile di lacrime, sangue e distruzioni. Ovviamente anche in politica e per i soggetti che ne sono protagonisti vale ciò che diceva un antico filosofo greco: non ci si bagna mai nella stessa acqua del medesimo fiume.

Del resto in Italia siamo abituati alle improvvise amnesie dei partiti i quali, pur venendo da lontano, hanno finto di essere smemorati per poter andare lontano. Il Pci ritenne possibile rimuovere un passato ingombrante cambiando la propria identità e presentatosi, dopo un paio di anni, con una sequela di nuovi nomi che consentì ai militanti di fare perdere una delle tre narici e presentarsi all’opinione pubblica come ‘’nati ieri’’.

La differenza tra il Pci e il Msi era fondamentale: i comunisti facevano parte dell’arco costituzionale, i neofascisti ne erano esclusi, anzi tenuti puntigliosamente fuori. Ma – come accadde per il Pci – che dopo il crollo del Muro di Berlino se la cavò col classico ‘’io non c’ero e se c’ero dormivo’’, anche per Fdi la conquista di Palazzo Chigi (agli ex comunisti l’impresa è riuscita solo una volta con Massimo D’Alema) val bene un atto di oblio. Il passato è archiviato con l’elezione di Ignazio La Russa al vertice del Senato. I nostalgici si devono accontentare di questo risultato, che non è poco.

Per quanto riguarda il futuro, Meloni non si è limitata a leggere la formula del giuramento davanti a Sergio Mattarella. Nel momento più difficile della costruzione del suo governo, la premier ha compiuto un’altra promessa solenne, tanto più impegnativa perché conteneva anche l’abiura di un passato sia remoto che prossimo, quando ha dichiarato a replica della performance putinista del Cav: “Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un Governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile’’. Poi Meloni ha aggiunto: ‘’L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del Governo, a costo di non fare il Governo”.

Le parole di Meloni sembrano essere state riprese dalle comunicazioni di Mario Draghi del 17 febbraio 2021 nel dibattito sulla fiducia: ‘’Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori’’. E’ in queste affermazioni convergenti la linea di continuità tra l’attuale governo e quello precedente.

Ma Draghi ha fatto qualche cosa in più; ha lasciato a Meloni i preliminari di un’intesa a livello europeo sulla gestione della crisi energetica che può consentire alla nuova premier di non mettersi in collisione – da subito – con altri partner e con Bruxelles. Poi si vedrà se i ripensamenti a livello della politica internazionale ed europea si ripercuoteranno – come è auspicabile – anche sulle scelte di politica interna.

In politica la coerenza è una prerogativa degli imbecilli. Quando si rinuncia alle idee e ai programmi sbagliati per intraprenderne di giusti e corretti è comunque una svolta da osservare con piacere, senza recriminare sul passato. Poi questo governo farà la sua politica.

Se nella sua composizione i ministeri più importanti sono in mani sicure, in altri casi vi sono personalità più caratterizzate da motivazioni e narrazioni ‘’identitarie’’. Ma è inaccettabile (soprattutto quando queste osservazioni sono state omesse per i governi Conte 1 e 2) sostenere, come tanti ‘’tarantolati’’ dall’esito del voto del 25 settembre, che questo è un ‘’governicchio’’ formato da ‘’seconde file’’.

La differenza tra questo esecutivo e il precedente dipende essenzialmente dalla qualità del presidente del Consiglio. Penso che Meloni sia la prima ad esserne consapevole. Ma se prendiamo in considerazione i ministri politici e anche quelli tecnici del governo Draghi, bisogna essere degli inguaribili settari e in malafede per sminuire il ‘’profilo’’ dell’attuale esecutivo rispetto al precedente.

Certo non c’è un metro universale che misura l’altezza dei profili politici. E’ altrettanto inaccettabile che ci siano dei c.d. diritti civili indiscutibili, da considerare alla stregua di verità rivelate; che Alessandro Zan rappresenti un futuro radioso ed Eugenia Roccella un passato da incubo.

Come pure sarà consentito a tante persone di ritenere che si contrabbandino per diritti civili, pratiche che, con il supporto delle nuove tecnologie, rasentano l’eugenetica? E’ finito il tempo di una presunta egemonia culturale e morale. Può essere che si vada verso direzioni peggiori, ma almeno di libereremo di verità imposte.

Back To Top