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Francia Operazioni

Che cosa combinano i Servizi segreti della Francia?

L’approfondimento di Giuseppe Gagliano   In diverse occasioni abbiamo preso in attenta considerazioni le operazioni che la Russia ha condotto per eliminare i suoi dissidenti, operazioni che sono state stigmatizzate dall’Europa come operazioni inammissibili, inaccettabili perché caratteristiche di un sistema autoritario. Tuttavia uno sguardo più attento delle operazioni clandestine dei servizi di sicurezza — e…

 

In diverse occasioni abbiamo preso in attenta considerazioni le operazioni che la Russia ha condotto per eliminare i suoi dissidenti, operazioni che sono state stigmatizzate dall’Europa come operazioni inammissibili, inaccettabili perché caratteristiche di un sistema autoritario.

Tuttavia uno sguardo più attento delle operazioni clandestine dei servizi di sicurezza — e in particolare di quelli francesi — dimostra come queste operazioni siano state e siano consuete (pensiamo a quelle del Mossad contro Settembre nero o Hamas).

E’ quello che emerge dal saggio scritto dal giornalista francese — collaboratore del periodico Le Figaro — Vincent Nouzille dal titolo Le tueurs de la republique pubblicato nel 2105. Nel capitolo terzo intitolato Basses oeuvres en francafrique Nouzille, sottolinea come la squadra d’azione dei servizi di sicurezza francese ebbe l’incarico di eliminare il leader camerunense della Unione dei popoli del Camerun (UPC). Il 15 ottobre 1960, Félix Moumié fu invitato a cena in un ristorante di Ginevra, Le Plat d’Argent, da una studentessa camerunese, una bella giovane donna e una sessantenne che si atteggiava a “giornalista”. Naturalmente il leader politico camerunense in esilio non poteva immaginare che il bicchiere di vino posto davanti a lui contenesse un formidabile veleno: il tallio. Alla fine del pasto, finirà per ingoiare i suoi due bicchieri contemporaneamente. Poi ognuno degli agenti operativi andrà per la propria strada. Poche ore dopo, Félix Moumié verrà trovato in agonia nella sua stanza d’albergo. Portato in ospedale, morirà dopo due settimane il 3 novembre.

L’eliminazione del nemico della Francia fu un esempio di operazione Homo e fu opera dei servizi segreti francesi, lo Sdece (Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage), allora guidato dal generale Paul Grossin. Si tratta di una vera e propria operazione Homo, convalidata dalle massime autorità e condotta da un riservista delle SA, come quelle che furono condotte nel contesto della guerra algerina. Contrariamente alla leggenda, lo Sdece non si accontenta di colpire obiettivi filo-algerini. La Francia farà alimentare, nel cuore delle sue ex colonie che hanno appena acquisito la loro indipendenza, coloro che sono sospettati di voler contrastare la sua influenza. Il generale Paul Aussaresses, ex Sdece, riconoscerà apertamente che sono i servizi che hanno ordinato la liquidazione di Félix Moumié. Si trattava, ha detto, “di eliminare un estremista africano in esilio che agiva contro il governo legale del suo paese”. Responsabile delle attività dello Sdece in Africa, Maurice Robert ammetterà di aver sostenuto una “soluzione radicale” contro il capo dell’Upc: “L’Upc è stato il centro di una rivolta permanente. Ha chiesto la rivoluzione e ha rischiato di dare fuoco e sangue al Camerun, in un contesto di conflitto etnico. Bisognava sferrare un gran colpo, decapitarla.” Queste confessioni rivelano il sostegno del potere gollista alla sanguinosa repressione condotta dal presidente Ahmadou Ahidjo nel Camerun, sostegno che fu dato dietro esplicita richiesta del Camerun.

Ebbene, le operazioni Homo costituiscono uno dei segreti meglio custoditi della Repubblica: in suo nome e per ordine delle massime autorità politiche, la Francia si è impegnata in omicidi mirati e altre operazioni particolarissime volte ad eliminare alcuni dei suoi nemici. Dalla nascita della Quinta Repubblica nel 1958, tutti i presidenti, ciascuno a modo suo, hanno fatto ricorso a questo tipo di azione, anche se alcuni si sono rifiutati di farlo. La concessione di questa licenza di uccidere fa parte delle loro prerogative. Questi ordini sono infatti basati su una segretezza quasi assoluta, condivisa da un comitato ristretto di funzionari: generalmente, il direttore della Dgse, il capo di stato maggiore del presidente e il capo di stato maggiore delle forze armate quando i soldati sono impegnati. Anche i ministri della difesa non sono sempre al corrente.

La Francia ha assassini che possono essere mobilitati in qualsiasi momento per queste missioni. Squadre specializzate dell’Action Service (SA) della Dgse vi si allenano continuamente. Una cellula ultra-segreta chiamata Alpha, è stata addirittura attivata a metà degli anni ’80 per condurre operazioni Homo in completa segretezza.

E questo dispositivo rimane operativo, insieme ad altre risorse umane impiegate dalla SA. All’interno degli eserciti, le forze speciali hanno acquisito sempre più influenza negli ultimi anni, invadendo gradualmente i confini delle SA. Sotto la guida dello Special Operations Command (COS), i commando d’élite si sono abituati a interventi “chirurgici” ai margini del conflitto aperto, spesso con il supporto di mezzi militari convenzionali, come i caccia. Sono indicati nei termini più vaghi: sono indicati come “operazioni di pulizia” o “neutralizzazione” di “obiettivi di alto valore” — Obiettivi di alto valore (HVT) nel gergo militare americano. Una semantica civilizzata che maschera azioni sanguinose.

Quando la Francia non vuole sporcarsi le mani o non ha i mezzi per intervenire direttamente, ricorre a terzi, siano essi cacciatori e droni americani, mercenari, ausiliari locali e servizi esteri. Il totale di queste “eliminazioni” effettuate negli ultimi anni rivela un uso intensivo di questa “licenza di uccidere”: secondo un conteggio — minimalista — sulla base di open source, il numero di HVT neutralizzati dalle forze armate, o dagli ha raggiunto i cento dal 2013.

Di fronte a minacce ritenute in crescita, François Hollande, e ora Emmanuel Macron, non hanno lesinato sull’uso della forza. Uno stato di diritto possiede il diritto di difendersi, anche clandestinamente. Queste parole sono coerenti con quelle di Alexandre de Marenches, direttore della Sdece (antenato della Dgse) dal 1970 al 1981 che ha giustificato, in un celebre libro, l’uso di omicidi in nome della ragione di stato: “Quando si hanno a che fare con irregolari, terroristi e cecchini che spesso vengono chiamati terroristi e viceversa, non ci sono regole. Va bene tutto”, ha detto. Fra gli episodi più eclatanti che il giornalista francese ricorda vi sono i tentati omicidi di Ben Bella e Nasser. La liquidazione di Ben Bella e dei principali leader dell’FLN fu richiesta dal governo di Edgar Faure nel maggio 1955 e affidata allo Sdece, che diede vita a una vasta operazione chiamata Hors-Jeu. Diversi piani per assassinare Ben Bella erano tuttavia già falliti: alla fine del 1955, ad esempio, un killer armato entrò nella stanza dell’Hotel Mehari al Cairo dove dormiva Ben Bella, ma mancò il suo obiettivo. L’operazione fallita del luglio 1956 mostra che le autorità sono riluttanti a portarla a termine. Ben Bella sarà alla fine rapito dai francesi, insieme ad altri quattro leader dell’FLN, il 22 ottobre, in seguito al dirottamento di un aereo che collegava Rabat a Tunisi, orchestrato dallo Sdece.

Nel dicembre 1956, a Port Said, in Egitto, una esplosione telecomandata all’arrivo del bersaglio fu annullata su ordine superiore. Il documento Sdece rivela che l’obiettivo in questione non era altro che il generale Nasser. Il presidente egiziano era infatti considerato un nemico dalla Francia, perché sostenne e armò la ribellione algerina dell’FLN. In collaborazione con i servizi segreti israeliani, Mossad e Aman (intelligence militare), una sera del dicembre 1956, un commando delle SA affiancato da una squadra del Mossad, seppellì trecento chilogrammi di TNT sotto la piazza principale di Port Said. L’operazione venne interrotta all’ultimo momento dal governi francese e israeliano, che temevano le conseguenze.

Quali lezioni apprendiamo da questo illuminante esempio storico? Certamente diverse. In prima battuta non dobbiamo mai dimenticare che la storia di un paese in pace e soprattutto in guerra deve essere compresa anche a partire dalle azioni che i servizi di sicurezza hanno posto in essere, storia questa che non ha un valore marginale o aneddotico; in secondo luogo gli Stati democratici in determinati scenari agiscono in modo analogo ai sistemi autoritari cioè in deroga ai principi della morale e del diritto.

Proprio per questa ragione le elucubrazioni sociologiche e filosofiche risultano troppo spesso autoreferenziali cioè lontanissime dall’essere in grado di spiegare la complessità e la contraddittorietà delle istituzioni democratiche. Credere infatti che gli arcana imperi e la logica della ragion di Stato siano miracolosamente scomparsi con la nascita dei sacri principi della democrazia è soltanto un’illusione. Un’illusione questa però che può rivelarsi pericolosa perché può inficiare in modo considerevole la comprensione della dinamica effettuale della storia e delle scelte politiche poste in essere dai governi.

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