In serata in tv , a Porta a Porta, da Bruno Vespa, Matteo Salvini ribadisce con nettezza che la Russia “ha torto”, ne attacca le scelte ma osserva anche che “Putin ha trovato un Occidente diviso”. E che lo stesso Romano Prodi aveva messo in guardia dal lasciare la Russia in mano alla Cina.
Il leader leghista conferma il suo sostegno, “qualsiasi decisione prenderà”, alla linea di Mario Draghi, che ha “una posizione equilibrata”. Draghi, che oggi riferirà in parlamento, ha fatto una condanna dell’attacco all’Ucraina molto ferma, definendolo “ingiustificato e ingiustificabile”. Salvini parla a sua volta della necessità dell’unità “senza distinzioni politiche” di fronte ai carri armati. Dice sì a corridoi umanitari, alla necessità di aiutare i civili in fuga.
Ma dietro la forte pressione durata tutto il giorno nei suoi confronti da parte del Pd con la richiesta di Enrico Letta di “uscire dalle ambiguità”, con tanto di esponenti dem che dalla mattina sui social rilanciavano gli apprezzamenti di Salvini a Putin di alcuni anni fa, inevitabile non scorgere anche il rischio dell’ennesimo tentativo dem di ridisegnare i confini della maggioranza. Partendo anche dalla politica estera.
Dopo mesi in cui Letta non ha pronunciato più il diktat a Salvini “o dentro o fuori”, dopo l’unità sulla rielezione di Mattarella, la guerra alle porte registra anche nelle vicende di casa nostra una certa ansia da parte del Pd dovuta a un rapporto più complicato con la già tanto frammentata galassia dei Cinque Stelle, con un Giuseppe Conte con il quale non si sa più fino a che punto il campo largo invocato da Letta non rischi invece di restringersi. E il pressing su Salvini, che ieri si è recato con un mazzo di tulipani bianchi all’Ambasciata dell’Ucraina in segno di solidarietà, rischia di apparire anche dettato da problemi tutti interni del Pd. Cosa che fa dire a Salvini di non usare “una tragedia per beghe interne”. Un’allusione a quella tanto vagheggiata “maggioranza Ursula”, sullo schema dell’elezione della presidente della Commissione Ue, che la sinistra vorrebbe ripetere, con Forza Italia senza la Lega, spaccando l’attuale centrodestra di governo, anche per un futuro governo nazionale?
Piccole cose rispetto alla tragedia di una guerra alle porte che però inevitabilmente si riflette anche sui già precari equilibri degli assetti politici di casa nostra. Salvini non a caso fin dall’inizio si è sempre trincerato dietro la linea di Draghi, assicurando il suo sostegno.
Quanto alle sanzioni, anche il numero due di FI Antonio Tajani sostiene che, seppur “necessarie”, “devono essere mirate”.
In mattinata Salvini conferma pieno appoggio a Draghi e al suo appello, nell’informativa alla Camera, a restare uniti, “no alle divisioni di fronte alla guerra in Italia e in Europa”. Definisce “ingiusto e controproducente l’attacco di Donald Tusk, presidente del Ppe, “ai governi italiano, tedesco, ungherese sulle sanzioni”.
Nel suo intervento al Senato poi Salvini ribadisce che “chi aggredisce ha sempre torto e chi è aggredito va aiutato”, per cui, “se serve, sì alle sanzioni”. Ma apprezzando il discorso di Draghi lo invita ad andare avanti sulla “linea del dialogo e dell’equilibrio”. Una linea che è dell’Italia, nel solco della lezione “di Moro, Craxi e Berlusconi”. E nel discorso di Salvini torna per un riconoscimento il nome dello statista socialista, a testimonianza anche questo di un nuovo “corso” leghista.