Gas, Russia, Ucraina e non solo. Che cosa ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in aula alla Camera.
“Le sanzioni che abbiamo approvato, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia. La maggiore attenzione riguarda il settore energetico, che è già colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa”, ha affermato il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in aula alla Camera.
Draghi prosegue: “In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi”.
“Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione europea, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità ed evitare il rischio di crisi future. Il Governo – ha proseguito – monitora in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni. Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili. Una situazione migliore rispetto a quella di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture”.
“Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi – ha spiegato Draghi – sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania. La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni”.
“L’Italia – prosegue il premier – è impegnata inoltre a spingere l’Unione europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva sul tema. Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica. Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati. Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico”.
“Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione. Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture. Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il Tap dall’Azerbaijan, il Transmed dall’Algeria e dalla Tunisia, il Greenstream dalla Libia. Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”, ha affermato Draghi.
ECCO L’INTERVENTO INTEGRALE DI MARIO DRAGHI ALLA CAMERA:
Signor Presidente,
Onorevoli Deputati,
Nella notte tra mercoledì e giovedì la Federazione Russa ha lanciato un’offensiva imponente nei confronti dell’Ucraina.
L’aggressione è avvenuta subito dopo un messaggio con cui il Presidente Putin ha annunciato un’“operazione speciale mirata” in Ucraina orientale, ed è stata preceduta da un attacco cibernetico capillare che ha paralizzato i siti governativi ucraini.
L’invasione ha assunto subito una scala ampia e crescente.
Le forze terrestri russe sono entrate in territorio ucraino da nord-est, nord, sudest e dalla costa sud, ed è stato chiuso alla navigazione il Mar d’Azov, isolando i porti di Mariupol e Berdiansk.
Abbiamo registrato esplosioni diffuse, anche nella regione di Leopoli, la più vicina alla frontiera con l’Unione Europea.
Forze anfibie russe sono sbarcate a Odessa, la principale città portuale, dove vi sono notizie di almeno una ventina di vittime.
L’esercito russo prosegue con lanci di missili sulle principali città, anche quelle dell’Ucraina centro-occidentale.
Una pioggia di missili è caduta la scorsa notte su Kiev, mentre l’esercito ha assediato varie città lungo la strada tra il confine e la città.
L’esercito russo ha preso il controllo della zona della centrale nucleare di Chernobyl.
L’Ucraina conta finora 137 soldati uccisi e 316 feriti dall’inizio dell’attacco e parla di 800 uomini persi dalle forze russe, che invece non hanno ancora fornito dati sulle vittime dell’invasione.
L’offensiva ha già colpito in modo tragico la popolazione ucraina: il Ministero dell’Interno ucraino registra vittime civili.
Le immagini a cui assistiamo – di cittadini inermi costretti a nascondersi nei bunker e nelle metropolitane – sono terribili e ci riportano ai giorni più bui della storia europea.
Si registrano lunghe file di auto in uscita da Kiev e da altre città ucraine, soprattutto verso il confine con l’UE.
È possibile immaginare un ingente afflusso di profughi verso i Paesi europei limitrofi.
Il Presidente ucraino Zelensky ha affermato la determinazione delle autorità ucraine a resistere e a rispondere al fuoco russo, e a rompere le relazioni diplomatiche con Mosca.
Ieri sera ha emanato un decreto che dispone una “mobilitazione generale” di tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni di età, ai quali è stato fatto divieto di lasciare il Paese.
Le operazioni rischiano di prolungarsi fino alla distruzione del sistema difensivo ucraino.
Il governo russo ha avanzato la proposta di trattative dirette con il governo ucraino, e confermato che l’obiettivo è neutralizzare e demilitarizzare l’Ucraina.
Non risulta al momento un riscontro ucraino.
L’Ambasciata italiana a Kiev è aperta, pienamente operativa, e mantiene i rapporti con le autorità ucraine, in coordinamento con le altre ambasciate, anche a tutela degli italiani residenti.
L’Ambasciata resta in massima allerta ed è pronta a qualsiasi decisione.
Abbiamo già provveduto a spostare il personale in un luogo più sicuro.
Ai circa 2000 connazionali presenti è stato raccomandato di seguire le indicazioni delle Autorità locali e di valutare con estrema cautela gli spostamenti via terra dentro e fuori il Paese.
Alla luce della chiusura dello spazio aereo e della situazione critica sul terreno, stiamo pianificando in coordinamento con le principali ambasciate dell’Unione Europea un’evacuazione in condizioni di sicurezza.
Voglio ringraziare l’Ambasciatore Pier Francesco Zazo e tutto il personale dell’Ambasciata per la professionalità, la dedizione, il coraggio che stanno dimostrando in queste ore.
E voglio ringraziare il Ministro Di Maio, i diplomatici e tutto lo staff della Farnesina, per il loro incessante impegno.
L’Italia condanna con assoluta fermezza l’invasione, che giudichiamo inaccettabile.
L’attacco è una gravissima violazione della sovranità di uno stato libero e democratico, dei trattati internazionali, e dei più fondamentali valori europei.
Voglio esprimere ancora una volta la solidarietà del popolo e del Governo italiano alla popolazione ucraina e al Presidente Zelensky.
Il ritorno della guerra in Europa non può essere tollerato.
L’Italia ha reagito subito, e ha convocato già nella mattinata di ieri al Ministero degli Affari Esteri l’Ambasciatore della Federazione Russa.
Abbiamo richiamato Mosca a cessare l’offensiva, a ritirare le forze in modo incondizionato, e abbiamo ribadito il pieno sostegno italiano all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina
Sempre nella mattinata di ieri, ho parlato con il Presidente francese Macron, il Cancelliere tedesco Scholz, il Presidente del Consiglio Europeo Michel, la Presidente della Commissione Europea Von der Leyen.
Con loro ho condiviso la ferma condanna di un attacco “ingiustificato e non provocato” ai danni dell’Ucraina.
Nel primo pomeriggio, ci siamo riuniti insieme agli altri leader del G7, e abbiamo adottato una Dichiarazione di ferma condanna dell’aggressione russa e di richiamo alla cessazione delle ostilità e di ritorno alle trattative.
Ieri, in serata, ho partecipato a un Consiglio europeo straordinario, a cui ha preso parte anche il Presidente Zelensky, in cui l’Unione Europea ha espresso la sua condanna nei confronti della Russia e della Bielorussia. È stato un momento veramente drammatico quello della connessione con il Presidente Zelensky. E’ nascosto in qualche parte di Kiev. Ha detto che lui non ha più tempo, che l’Ucraina non ha più tempo, che lui e la sua famiglia sono l’obiettivo delle forze di invasione russa. E’ stato un momento drammatico che ha colpito tutti i partecipanti al Consiglio europeo. Oggi, stamattina prima di venire qua, mi ha cercato prima di venire qua, abbiamo fissato un appuntamento telefonico, per le 9.30, ma non è stato possibile poi fare la telefonata perché il Presidente Zelensky non era più disponibile.
Nel pomeriggio di oggi parteciperò a un Vertice della NATO per coordinare il rafforzamento del fianco orientale e ribadire i principi alla base della nostra posizione.
Per quanto riguarda il piano bilaterale, stiamo definendo un pacchetto da 110 milioni di euro di aiuti finanziari all’Ucraina a scopi umanitari e di stabilizzazione macro-finanziaria.
Nell’ambito della Difesa, si stanno predisponendo misure di assistenza, in particolare nel settore dello sminamento e della fornitura di equipaggiamento di protezione.
Il Governo italiano ha sempre auspicato, insieme ai suoi partner internazionali, di risolvere la crisi in modo pacifico e attraverso la diplomazia.
Qualsiasi dialogo, però, deve essere sincero e soprattutto utile.
Le violenze di questa settimana da parte della Russia rendono un dialogo di questo tipo nei fatti impossibile.
La nostra priorità oggi deve essere rafforzare la sicurezza del nostro continente e applicare la massima pressione sulla Russia perché ritiri le truppe e ritorni al tavolo dei negoziati.
Dal punto di vista militare, la NATO si è già attivata.
Ieri si è riunito il Consiglio Nord-Atlantico sulla base di quanto previsto dall’articolo 4 del trattato di Washington e ha approvato cinque piani di risposta graduale che, in questa prima fase puntano a consolidare la postura di deterrenza a est.
Le fasi successive, vincolate ad un’evoluzione dello scenario, prevedono l’assunzione di una postura di “difesa” e, in seguito di “ristabilimento della sicurezza”.
I piani prevedono due aspetti fondamentali: l’incremento delle forze dispiegate in territorio alleato, con il transito delle unità militari sotto la catena di comando e controllo del Comandante Supremo Alleato in Europa; e l’utilizzo di regole d’ingaggio predisposte per un impegno immediato.
Le forze italiane che prevediamo essere impiegate dalla NATO sono costituite da unità già schierate in zona di operazioni – circa 240 uomini attualmente schierati in Lettonia, insieme a forze navali, e a velivoli in Romania; e da altre che saranno attivate su richiesta del Comando Alleato.
Per queste, siamo pronti a contribuire con circa 1400 uomini e donne dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, e con ulteriori 2000 militari disponibili.
Le forze saranno impiegate nell’area di responsabilità della NATO e non c’è nessuna autorizzazione implicita dell’attraversamento dei confini.
L’Italia e la NATO vogliono trasmettere un messaggio di unità e solidarietà alla causa ucraina e di difesa dell’architettura di sicurezza europea.
Voglio ringraziare il ministro Guerini e le nostre forze armate per la loro prontezza e la loro preparazione.
Per quanto riguarda le sanzioni, l’Italia è perfettamente in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea, primi tra tutti Francia e Germania.
Le misure sono state coordinate insieme ai nostri partner del G7, con i quali condividiamo pienamente strategia e obiettivi.
Mercoledì sono state formalmente approvate le prime misure restrittive verso la Russia, in relazione alla decisione di riconoscere l’indipendenza dei territori di Donetsk e Lugansk.
Queste misure consistono nel bando alle importazioni e alle esportazioni da entità separatiste, sul modello di quanto fatto nel 2014 in risposta all’annessione illegale della Crimea;
in sanzioni economiche e finanziarie alla Russia, come il divieto di rifinanziamento del debito sovrano sul mercato secondario e il congelamento di asset di tre istituti bancari;
sanzioni mirate nei confronti di individui e entità, come gli oltre 300 membri della Duma che hanno proposto il riconoscimento dei territori separatisti e che hanno votato a favore.
In seguito all’invasione russa degli scorsi giorni, nel Consiglio Europeo di ieri abbiamo approvato misure molto più stringenti e incisive, che erano in preparazione da settimane.
I relativi atti legislativi sono discussi in queste ore a Bruxelles, e per questo non posso renderne conto in modo esaustivo.
Saranno finalizzati e adottati in tempi rapidissimi.
Martedì ritornerò sul tema.
Queste sanzioni includono misure finanziarie, come il divieto di rifinanziamento per banche e imprese pubbliche in Russia, e il blocco di nuovi depositi bancari dalla Russia verso istituti di credito dell’Unione Europea; misure sul settore dell’energia, mirate a impedire il trasferimento di tecnologie avanzate, usate soprattutto per la raffinazione del petrolio; misure sul settore dei trasporti, come il divieto di esportazione esteso a tutti i beni, le tecnologie, i servizi destinati al settore aereo; un blocco dei finanziamenti per nuovi investimenti in Russia e altre misure di controllo delle esportazioni;
la sospensione degli accordi di facilitazione dei visti per passaporti diplomatici e di servizio russi.
Prevediamo inoltre un secondo “pacchetto” che includa membri della Duma non ancora sanzionati.
In questi giorni, l’Unione Europea ha dato prova della sua determinazione e compattezza.
Siamo pronti a misure ancora più dure se queste non dovessero dimostrarsi sufficienti.
Le sanzioni che abbiamo approvato, e quelle che potremmo approvare in futuro, ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia.
La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa.
Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni.
In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi.
Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future.
Il Governo monitora in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee.
Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili.
Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture.
Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%.
Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo.
Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania.
La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni.
L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture.
Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva sul tema.
Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica.
Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati.
Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico.
Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative.
Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti.
Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo.
Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione.
Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture.
Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia.
Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato.
Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Sì, è necessario.
Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro.
Ho parlato del gas, ma la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti.
A questo proposito vorrei notare che gli ostacoli a una maggiore speditezza su questo percorso non sono tecnici, non sono tecnologici, ma sono solo burocratici.
Ma il gas resta essenziale come combustibile di transizione.
Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni.
Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro.
La crisi di portata storica che l’Italia e l’Europa hanno davanti potrebbe essere lunga e difficile da ricomporre, anche perché sta confermando l’esistenza di profonde divergenze sulla visione dell’ordine internazionale mondiale che non sarà facile superare.
Il Governo intende lavorare senza tregua, in stretto coordinamento con gli alleati, per dare ai cittadini le risposte che cercano in questo momento di grave incertezza.
Per farlo, è essenziale il vostro appoggio – della maggioranza e dell’opposizione.
In queste ore mi sono arrivate dichiarazioni di sostegno da tutti i gruppi politici e dai loro leader.
Vorrei ringraziarli tutti.
Vi sono sinceramente grato, perché il Parlamento è il centro della nostra democrazia, la casa di tutti gli Italiani e la sua vicinanza esprime la vicinanza del Paese.
Davanti alle terribili minacce che abbiamo davanti, per essere uniti con l’Ucraina e con i nostri alleati dobbiamo prima di tutto restare uniti fra noi.
Grazie.