Che sfortuna. Proprio nelle ore in cui si stava affinando la narrazione giornalistica secondo cui la direttrice del Dis era stata di fatto esclusa dalla strategia per liberare Cecilia Sala sequestrata in Iran, e quindi si andava alle calende greche per poter liberare la giornalista italiana visto che Belloni non partecipava alle riunioni alla presidenza del Consiglio, arriva la notizia della liberazione di Sala con il ruolo del direttore dell’Aise, il Servizio segreto estero, Giovanni Caravelli, gran conoscitore dell’Iran, che ha riportato la giornalista in Italia.
Che sfortuna, si diceva. Eh sì perché Repubblica, in un pezzo di Carlo Bonini con virgolettati pure di Belloni, scriveva solo ieri:
“E bisogna dunque immaginarla la solitudine di questa donna che alla vigilia di Natale – le sue dimissioni sono datate 22 dicembre – nel silenzio del suo buen retiro in campagna con i suoi amatissimi cani, non solo constata che la sua decisione di fare un passo indietro non susciti alcuna fibrillazione nel governo e nella premier che non sia quella della gestione del segreto sui tempi e le ragioni della sua uscita. Ma che quell’annunciato passo indietro si traduca addirittura nel ritenere superfluo da parte di Palazzo Chigi anche solo coinvolgerla nei primi decisivi giorni di discussione sulle strategie da definire nella gestione dell’arresto in Iran di Cecilia Sala. È vero, aveva deciso e comunicato la sua intenzione di lasciare il Dis, ma nessuno in quei giorni che si trascinano fino al 26 dicembre – né il sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano, né la premier, per non dire del ministro degli Esteri Tajani – riterrà opportuno alzare il telefono per ascoltarne il parere“.
Il sottotesto di questo testo era il seguente: come faranno mai a liberare Cecilia Sala senza i consigli del vertice del Dis?
Che sfortuna per le narrazioni filo Belloni.
Va be’, pazienza.