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Cecilia Sala, i servizietti di Dagospia e il vertice del Dis

Che cosa si dice e che cosa si bisbiglia nei Servizi e sui Servizi a proposito del caso di Cecilia Sala, sequestrata dal regime iraniano. La lettera di Luigi Pereira

Caro direttore,

ieri sera mi sono trovato a un cenone di San Silvestro affollato e con molte persone a me sconosciute. E siccome come te sono quasi astemio, ti assicuro che ho sentito discettare una barba finta – così mi ha sussurrato il padrone di casa – del sequestro di Cecilia Sala (in effetti, caro direttore, basta parlare di arresto, meglio sequestro se non proprio rapimento di Stato). MI ha incuriosito la parola chiave del discorso: Caravelli. Ma poi ti dico meglio perché a beneficio dei lettori bisogna fare una sorta di rassegna stampa di giornali di ieri per comprendere la chiave di lettura della barba finta che, in verità,  per quello che ha detto mi è apparsa un po’ defilata se non mobbizzata rispetto alle dinamiche di vertice dei Servizi.

Ieri, in uno dei pochissimi contenuti originali che compongono quel zibaldone anti Meloni e anti Fazzolari che si chiama Dagospia si leggeva una ricostruzione che conduce a questa conclusione, sintetizzo brutalmente nel solco dell’idioma tipico di Roberto D’Agostino: quei gran professionisti dell’Aise (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) avevano avvertito subito le altre istituzioni che, dopo l’arresto di quell’ingegnere iraniano a Malpensa su ordine della giustizia Usa, c’era un altissimo rischio che italiani in vista potessero essere presi in Iran come arma di ricatto per ottenere uno scambio con l’ingegnere. E siccome c’è stato il sequestro di Cecilia Sala – è il corollario del servizietto di Dagospia, in sostanza – significa che i Servizi e soprattutto l’Aise funziona in maniera puntuale ed efficiente, mentre tutte le altre istituzioni, dalla Farnesina a Palazzo Chigi e non so chi altri, sono dei peracottari che non riescono a tutelare gli italiani in Iran.

Insomma, all’Aise basta sussurrare a giornalisti amici che ci sarebbe un gravissimo rischio di qualcosa per avere la coscienza pulita in caso di avverarsi di quel rischio e di scaricare la responsabilità su altri? Che figata, si direbbe.

Nel mentre mi arrovellavo con dubbi e domande del genere, specie quando Dagospia prende posizioni così recise – sempre per mettere in cattiva luce Meloni, Fazzolari e fratellini d’Italia vari, talvolta anche con giusta ragione -, mi sono imbattuto googlando per avere più informazioni in un’intervista del Riformista a Marco Mancini, già in posizioni di rilievo nei Servizi, che ha fornito una lettura diversa rispetta a quella propugnata da Dagospia. Ecco una delle frasi salienti di Mancini come da titolo del quotidiano diretto da Claudio Velardi: “Marco Mancini: “Cecilia Sala era già un target, l’intelligence doveva proteggerla””. E ancora: “La nostra connazionale Cecilia Sala aveva già svolto attività a favore delle donne iraniane, si era già esposta. Era attenzionata dai pasdaràn, lo dico per esperienza: era certamente già un target. Quando ha chiesto il visto di ingresso come giornalista, la richiesta di visto è andata direttamente alla sezione dei pasdaràn che controllano chi lavora contro il governo iraniano. In quella sede nascono tutti gli arresti-sequestri del regime. E l’hanno sicuramente messa nel mirino. Queste cose però non devo dirle io oggi al Riformista, dovevano dirle per tempo gli organismi preposti alla sicurezza dei nostri connazionali”.

Due interpretazioni non proprio collimanti, direi, quella di Dagospia e quella del Riformista. E dietrologicamente, dopo aver ricordato i pregiudizi di anti Meloni e meloniani di Dagospia, occorre però rammentare che Mancini è stato molto vicino e forse ancora molto vicino a Matteo Renzi, che non ha eccellenti rapporti con il capo del Dis, Elisabetta Belloni, dopo che il leader di Italia Viva ha contribuito non poco ad affossare la candidatura di Belloni al Quirinale.

Quindi 1 a 1 e palla al centro?

Non so, visto quello che la barba finta a San Silvestro ci ha detto in camera caritatis. I concetti erano spesso fumosi, citava sovente persone mai sentite prima da me e usava  nomignoli a me incomprensibili per identificare alcune personalità, ma ho afferrato il concetto chiave: ci sarebbe in corso una competizione latente – con ramificazioni nei giornali vicini ad ambienti dell’Intelligence e tra i cronisti che seguono le vicende dei Servizi – fra una squadra che sostiene l’ascesa del numero uno dell’Aise, Giovanni Caravelli, al Dis al posto di Belloni, che sarebbe nominata ad altro incarico, e un’altra squadra che lavora in diversa direzione.

Come vedi, non mi azzardo ad appoggiare tesi, caldeggiare interpretazioni e a tifare per questo o quello (anche perché cestineresti subito una lettera del genere). Così ti ho riportato cronisticamente – da chi, come me, nemmeno segue il comparto – quello che ho raccolto per caso. In attesa, però, di leggere un’analisi dell’esperto del settore Francis Walsingham.

Buon anno a te e a tutti i lettori di Startmag.

Luigi Pereira

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