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Cecilia Sala arrestata in Iran, che cosa sta succedendo

Fatti e approfondimenti su Cecilia Sala nel carcere di Evin a Teheran

Cecilia Sala è ancora in carcere. Ecco fatti e approfondimenti.

CECILIA SALA ARRESTATA IN IRAN

La giornalista italiana Cecilia Sala, 29 anni, è stata arrestata in Iran ma al momento non si conoscono le accuse a suo carico: è accusata di non meglio specificati «comportamenti illegali», ha scritto il Corriere della sera. La reporter, che lavora per il Foglio e per Chora Media, è stata fermata lo scorso 19 dicembre ma la notizia è trapelata solo ieri, dopo giorni di tentativi diplomatici per la sua liberazione, ha scritto Repubblica. L’ambasciatrice italiana a Teheran si è recata nel carcere di Evin per trovare Sala, rinchiusa in isolamento.

COME CECILIA SALA E’ ANDATA IN IRAN

Sala era partita per Teheran il 12 dicembre scorso con un visto giornalistico di otto giorni rinnovabile. Il 19 ha scambiato messaggi con i suoi contatti in Italia, poi il silenzio. Chora e il compagno Daniele Raineri, giornalista de Il Post, hanno subito allertato l’Unità di crisi della Farnesina. Allarme confermato il giorno successivo quando la giovane non è salita sull’aereo che doveva riportarla in Italia. Proprio il 20 a Sala è stato concesso di telefonare alla madre per dirle che era stata arrestata. Una seconda chiamata l’ha fatta a Raineri.

DOVE STA ORA CECILIA SALA

Il carcere di Evin, situato a nord di Teheran, dove si trova in cella di isolamento la giornalista Cecilia Sala, è uno dei simboli più noti della repressione politica in Iran Costruito nel 1972 durante il regime dello Shah Mohammad Reza Pahlavi, fu concepito inizialmente come struttura per la detenzione di prigionieri politici. Dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, Evin è diventato il principale centro di incarcerazione per dissidenti, giornalisti, attivisti e membri di minoranze etniche e religiose.

COME SI STA NEL CARCERE DI EVIN

Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani la prigione, che si stima ospiti circa 15.000 detenuti, è caratterizzata da condizioni di sovraffollamento e carenze igienico-sanitarie. Molte ong, tra cui Amnesty International, hanno denunciato l’uso sistematico della tortura, esecuzioni sommarie e il mancato accesso a cure mediche per i prigionieri.

VERSO UNO SCAMBIO?

Secondo le ricostruzioni giornalistiche, l’azione potrebbe rappresentare una ritorsione per l’arresto di un iraniano a Milano lo scorso 16 dicembre per sospetto traffico di droni. Ha scritto su X Germano Dottori, analista, saggista e membro del comitato scientifico di Limes: “Dietro la cattura di Cecilia Sala, probabilmente, la risposta di Teheran all’arresto in Italia di un iraniano ricercato dagli Stati Uniti per violazione delle sanzioni. Se non ci fosse ancora stata estradizione in America, potrebbe profilarsi una situazione politicamente delicata”.

IL CASO DELL’IRANIANO ARRESTATO A MILANO

Il giorno prima che Sala venisse arrestata era stata annunciato — e quasi rivendicato con enfasi dagli Stati Uniti — il fermo, avvenuto lunedì 16 dicembre allo scalo milanese di Malpensa, di un cittadino dalla doppia cittadinanza svizzera e iraniana, Mohammad Abedininajafabadi, tecnico trentottenne accusato dal tribunale di Boston di «associazione a delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act, e per la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera». L’uomo era segnalato con una red notice sui terminali della polizia di frontiera, mentre negli Usa è stato arrestato un suo presunto complice, Mohammad Sadeghi.

Secondo l’accusa, nella Federazione elvetica Abedini avrebbe creato una società di comodo attraverso cui sarebbero transitati, fra l’altro, i droni utilizzati dai pasdaran della Guardia rivoluzionaria nell’attentato del 28 gennaio scorso contro una postazione militare in Giordania, che provocò la morte di tre soldati statunitensi e il ferimento di altri quaranta. Per i due arresti il governo di Teheran ha protestato formalmente, convocando sia l’ambasciatore svizzero in Iran (che cura anche gli interessi degli Usa) che un diplomatico italiano.

Al momento del fermo Abedini aveva con sé materiale elettronico e documentazione considerata compatibile con le accuse mossegli, e la corte d’appello di Milano ha confermato la custodia cautelare in carcere sulla base del pericolo di fuga. Un provvedimento che l’ha condotto nel penitenziario di Busto Arsizio e ha dato il via al seguito della procedura di estradizione; ora il Dipartimento di Giustizia americano dovrà formalizzare la richiesta, completa della necessaria documentazione, che sarà nuovamente inoltrata dal ministero ai giudici competenti, i quali daranno il loro parere sulla consegna del ricercato al Paese che lo reclama. Ma l’ultima parola spetterà al ministro della Giustizia italiano.

SIBILLINO POST DI CROSETTO

«Ogni persona utile è al lavoro, le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare, ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello», avverte il ministro della Difesa Guido Crosetto.

COSA HA FATTO SALA IN IRAN

Nella capitale iraniana dov’era arrivata il 12 dicembre, con regolare visto d’ingresso rilasciato dall’ambasciata in Italia, Sala ha incontrato e intervistato persone di cui ha riferito nelle tre puntate del podcast Stories realizzate in una settimana, tra i quali anche Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie, le milizie filo-iraniane attive in Medio Oriente: “Nulla di segreto né di particolarmente aggressivo nei confronti del regime, dunque”, ha rimarcato il Corriere della sera. (qui un approfondimento di Start Magazine su cosa Cecilia Sala ha scritto e detto di recente sull’Iran).

ESTRATTO DA APPUNTI DI STEFANO FELTRI SU CECILIA SALA:

Cecilia Sala è la più nota giornalista di esteri della sua generazione, non ha ancora trent’anni ma si è già fatta la reputazione di una che è sempre lì dove succedono le cose. Ucraina, Gaza, Siria.

Scrive sul Foglio, cura un podcast per Chora Media che è tra i più ascoltati in Italia, le ultime puntate pubblicate sono dall’Iran. Era lì, il 19 dicembre, l’ultima volta che ha parlato con i suoi colleghi. Poi è stata arrestata e da allora si trova in isolamento nel terribile carcere di Evin, dove vengono imprigionati i dissidenti politici.

Per oltre una settimana Chora, i colleghi, la famiglia di Cecilia Sala e tutte le persone informate dei fatti hanno mantenuto il riserbo per lasciar lavorare la diplomazia, nella giornata di venerdì 27 dicembre l’ambasciatrice italiana a Teheran Paola Amadei ha visitato Cecilia Sala in carcere.

Subito dopo sia il ministero che Chora Media che il Foglio hanno dato la notizia dell’arresto e lanciato una campagna per la liberazione, segno che il momento della diplomazia discreta è finito senza ottenere grandi risultati e che adesso serve la pressione dell’opinione pubblica internazionale sul regime degli ayatollah per sperare di sbloccare qualcosa.

Alessia Piperno è una viaggiatrice e travel planner, nel senso che ha trasformato la sua passione per i viaggi in un lavoro. Il 28 settembre 2022 viene arrestata mentre si trova a Teheran, anche lei, come Cecilia Sala.

Stava in un ostello, durante le proteste per la morte di Masha Amini, una ragazza iraniana uccisa dalla polizia religiosa il 16 settembre 2022 perché non portava il velo nel modo corretto.

Alessia Piperno viene portata, come Cecilia Sala, nella prigione per detenuti politici di Evin. Al Corriere della Sera ha spiegato poi:

“Potevo solo guardare il muro, non mi davano libri come alle altre. Molte compagne mi davano della spia, solo con alcune ho avuto momenti di complicità. Evin è un luogo disumano, sporco, puzzolente. Dormi per terra, hai 5 minuti d’aria il martedì e il giovedì, una doccia alla settimana, una turca con escrementi che nessuno puliva. Il cibo era poco e rivoltante. Si sentivano le urla delle persone torturate. E dopo un attacco di panico hanno iniziato a darmi psicofarmaci, il numero e il colore cambiava ogni sera ma almeno riuscivo a dormire”.

Alessia Piperno è rimasta prigioniera, senza accuse formalizzate e senza processo, per 45 giorni. Non si capiva neppure se la polizia la considerasse una manifestante o una spia. Poi è stata liberata grazie all’azione congiunta del governo, era già il governo Meloni, dell’Aise, cioè dei servizi segreti, e per un po’ i rapporti tra Italia e Iran sono sembrati in via di miglioramento.

Adesso l’Iran è a un passo dalla disperazione, e arrestare una delle più note giornaliste italiane sembra il genere di mossa avventata che deriva da una perdita di lucidità.

Israele ha distrutto Hezbollah, la milizia libanese guidata da Hassan Nasrallah, ucciso, che era una proiezione dell’Iran in Libano, per condurre una guerra costante a intensità variabile contro Israele, soprattutto a colpi di razzi sulle città israeliane.

Anche Hamas, espressione dell’Islam sunnita rivale di quello sciita degli iraniani, è stata sostenuta da Teheran negli anni precedenti all’attacco del 7 ottobre 2023, sempre in funzione anti-israeliana. I suoi leader sono tutti morti, e il capo politico Ismail Haniyeh è stato ucciso da Israele il 31 luglio scorso proprio mentre si trovava a Teheran, a dimostrazione che Israele può colpire ovunque anche sul territorio iraniano.

Il regime degli ayatollah e il governo di Benjamin Netanyahu sono arrivati sempre sull’orlo di una guerra frontale, in una serie di provocazioni e ritorsioni che continua da aprile, quando Israele ha attaccato un consolato iraniano a Damasco, in Siria, altra base caduta delle attività dell’Iran nella regione.

Ogni volta l’Iran ha minacciato molto e concluso poco, mentre invece Netanyahu lanciava continui appelli al popolo iraniano, promettendo di fatto la fine del regime teocratico che opprime il Paese dal 1979. Perché Israele, o almeno Netanyahu, è pronto alla guerra totale nella regione, ma l’Iran assolutamente no.

Con la caduta del regime di Bashar al Assad in Siria nelle settimane scorse, l’Iran sa di essere il prossimo della lista: non ha praticamente più alleati nella regione, la Russia ha dimostrato di non essere in grado di fornire alcuna copertura militare, e alla Casa Bianca sta per tornare Donald Trump che verso l’Iran ha un atteggiamento radicale. Nel suo primo mandato ha interrotto i negoziati sul nucleare, che l’amministrazione Obama aveva usato per tenere un canale diplomatico sempre aperto ed evitare che gli ayatollah arrivassero davvero alla bomba atomica.

Il 3 gennaio 2020, poi, Trump aveva ordinato l’assassinio con un drone di Qassem Soleimani, il generale iraniano responsabile della strategia terroristica fuori dal Paese in tutto il Medio Oriente con “l’arco della resistenza”. Soleimani è stato colpito mentre si trovava in Iraq, altro Paese dove l’influenza dell’Iran si esercita sulla maggioranza sciita.

La guida suprema, Ali Khamenei, è anziano e malato, il successore più probabile era il presidente Ibrahim Raisi è morto il 19 maggio 2024 in un misterioso incidente in elicottero. Le successive elezioni hanno rivelato quanto è diffuso il malcontento nel Paese, neppure i dati truccati hanno potuto nascondere l’entità dell’astensionismo di protesta.

L’arresto di Cecilia Sala sembra quindi il tentativo di assicurarsi un ostaggio importante, più che un’azione di polizia o una ritorsione per il lavoro della giornalista che aveva appena pubblicato una serie di podcast proprio da Teheran.

Quello iraniano è un regime disperato, non si salverà con la strategia degli ostaggi, ma ovviamente le considerazioni geopolitiche vengono dopo la priorità, che in questo momento è riportare in Italia Cecilia Sala, non soltanto per quello che rappresenta, ma perché è una italiana, innocente, imprigionata senza accuse e senza diritti.

Come molti la stimo e la seguo, ma non posso dire di conoscerla bene. Ricordo però quando nel 2009 partecipava, quasi fosse una mascotte, alle feste per il lancio del Fatto Quotidiano. Aveva 14 anni e voleva fare la giornalista. Ci è riuscita, e riuscirà anche a tornare indietro sana e salva dalla prigione di Evin.

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