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Canberra, Pechino, Vanuatu e il prossimo fronte di guerra: il Mar cinese meridionale

Il particolare momento storico richiede un’attenta analisi di ogni situazione, in ogni angolo del mondo. E’ ciò che l’intelligence governativa mondiale sta facendo in particolare se relativa ad aree ancora ritenute non a rischio. Nel caso specifico siamo a Vanuatu, isola nell’Oceano Pacifico. Questa settimana al Commonwealth Heads of Government Meeting, svoltosi dal 19 al…

Il particolare momento storico richiede un’attenta analisi di ogni situazione, in ogni angolo del mondo. E’ ciò che l’intelligence governativa mondiale sta facendo in particolare se relativa ad aree ancora ritenute non a rischio.

Nel caso specifico siamo a Vanuatu, isola nell’Oceano Pacifico.

Questa settimana al Commonwealth Heads of Government Meeting, svoltosi dal 19 al 20 aprile a Buckingham Palace, Malcolm Turnbull, primo ministro australiano, ha pubblicamente sostenuto l’esistenza di un piano da parte di Pechino per installare una futura base navale cinese a Vanuatu.

I governi di Cina e Vanuatu già hanno negato rapporti al riguardo, ma le preoccupazioni di Canberra sull’influenza cinese nel Pacifico devono essere considerate valide per due importanti motivi.

  1. Una base militare cinese a Vanuatu rappresenterebbe una minaccia alla sicurezza economica nazionale dell’Australia. Tre delle principali cinque rotte commerciali marittime australiane attraversano la regione delle isole del Pacifico. Queste tre rotte commerciali rappresentano circa il 45 per cento delle esportazioni marittime australiane. Nel 2016-17 questo ammontava a circa 103 miliardi di dollari, pari a circa il 6% del PIL australiano.

Proteggere queste rotte commerciali marittime è obiettivo strategico di difesa, inserito nel Libro bianco sulla difesa del 2016 redatto da Canberra. Qualsiasi presenza navale permanente da parte di una potenza non alleata nelle vicinanze di queste rotte commerciali costituisce una minaccia alla sicurezza nazionale.

  1. Una base militare cinese a Vanuatu rappresenterebbe un ulteriore tassello della militarizzazione del Mar Cinese Meridionale. La “Asia Maritime Transparency Initiative” di Washington ha mappato le gamme di missili osservati e attesi, anti-nave e terra-aria sulle scogliere ora militarizzate della regione contesa. Usando i dati disponibili per i missili balistici anti-nave della Cina, l’analisi ha evidenziato come se questi sistemi d’arma fossero parte di una presenza militare permanente in una nazione insulare del Pacifico, come Vanuatu, sarebbero in grado di dominare le rotte commerciali marittime orientali dell’Australia.

Il quadro di minaccia militare evidenziato dall’Australia è stato ampiamente confermato nel corso dell’audizione (17 Aprile scorso) di fronte all’Armed Services Committee del Senato statunitense dell’Adm. Philip Davidson, designato come prossimo Comandante dell’U.S. Pacific Comand.

Secondo Davidson, la Cina dispone attualmente di schieramenti di sistemi di attacco elettronici e altre strutture militari nel Mar Cinese Meridionale, sulle Isole Senkaku/Diaoyu/Diaoyutai, contese con il Giappone, ed è ora in grado di controllare la via d’acqua strategica.

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