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Salvini

Benvenuti nello strano caso della campagna elettorale italiana

Perché il Pd evoca bancarotte e disastri in caso di vittoria del centrodestra il 25 settembre? La nota di Paola Sacchi

 

Benvenuti nello strano caso della campagna elettorale del Paese dove la parola alternanza, a differenza del resto del mondo occidentale, è sinonimo di “bancarotta” e di scenari da incubo. Fenomeno che si verifica quando la sinistra, ininterrottamente nell’esecutivo da quasi 11 anni, pur senza aver vinto le elezioni, rischia di perdere. Perché il centrodestra, sia che prevalgano Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non sarebbe mai all’altezza del ruolo. E quindi un governo di emergenza e non di unità nazionale, perché il governo Draghi di quasi tutti nacque allo scopo di fronteggiare pandemia, crisi economica e sociale, dovrebbe essere per alcuni permanente (“Terzo polo”). O comunque in caso di sconfitta, se l’accordo per rifare il campo largo con i Cinque Stelle dovesse faticare a ridecollare, magari potrebbe anche essere vissuto come un ripiego di lusso, seppur non dichiarato ufficialmente, da altri (il Pd e alleati di Impegno civico di Luigi Di Maio e +Europa di Emma Bonino). Come se da noi la politica fosse la più malata del resto del mondo. E in quanto tale sempre da “commissariare”.

Nel Paese di quella che viene definita dagli avversari “la destra peggiore di sempre” – ma in realtà il centrodestra era definito come sinonimo di ogni male già 28 anni fa, il resto sono tutte variazioni sul tema – accade anche lo strano caso di governi e partiti fatti e disfatti sui giornali mainstream, quasi tutti dominati dal pensiero unico di sinistra che ha occupato i centri di potere. E così ancora adesso, pur essendo fallita alla prova dei fatti, si continua a evocare quale scenario futuro la maggioranza “Ursula”, come chiede Calenda. Sarebbe in versione italiana un modo per arginare gli “estremismi”, frantumando Forza Italia, mettere insieme quel che resterebbe del partito azzurro con il Pd e magari con la “parte sana” (Calenda) della Lega, evocando di nuovo scissioni però mai verificatesi.

Resta sempre in sospeso il non piccolo particolare del ruolo che in una simile maggioranza dovrebbero avere i Cinque Stelle, dal momento che furono a pieno titolo nella formula di alleanze che portarono in Europa all’elezione della presidente della commissione UE. Calenda e Matteo Renzi li vedono come fumo negli occhi e certamente non potrebbe sostituirli, visti gli esigui numeri che gli danno i sondaggi, la formazione scissionista del ministro degli Esteri. Misteri terzopolisti. Renzi, che attacca Letta accusandolo di essersi alleato con chi come Fratoianni ha fatto cadere Draghi, dice che con un 10 per cento al “terzo polo” sarà di nuovo Draghi a guidare l’esecutivo.

Quanto a Giorgia Meloni, secondo la quale nel caso di affermazione di FdI non vede la ragione per cui il Capo dello Stato dovrebbe indicare una scelta diversa rispetto a lei, i desiderata dei media mainstream sono ormai così prevalenti rispetto ai fatti reali che ieri per la prima volta, con una secca nota ufficiale (“opinioni dell’estensore dell’articolo”), il Quirinale ha dovuto smentire un articolo del Corriere della sera, a firma di Marzio Breda, il giornalista principe degli addetti al Colle. Nell’articolo si parlava di “stupore” rispetto a Meloni sulla base riflessioni del Colle in una cornice “geopolitica”. Anche se questo ovviamente non significa che il Colle abbia dato via libera a un’ipotesi rispetto ad altre, se non altro per la semplice ragione che le elezioni del 25 settembre non si sono ancora svolte.

Intanto, la proposta di Salvini a tutte le forze politiche, sulla quale è d’accordo Silvio Berlusconi, perché il governo Draghi imiti la Francia e con un “armistizio” di tutti stanzi 30 miliardi contro gli aumenti del gas, viene giudicata nel metodo, non nel merito, da Calenda un arrivo del leader della Lega sulle sue posizioni. E quindi il leader di Azione rilancia: “Uno ci è arrivato, ora tutti i leader politici si incontrino subito per trovare soluzioni”. Ma Salvini precisa che lui , a differenza di Calenda, non chiede di fermare la campagna elettorale. E l’alleato del leader di Azione, Renzi, nel “terzo polo”, non sembra entusiasta: “Salvini le spara grosse”.

Il governo però vorrebbe aspettare di vedere prima l’entità delle entrate a tutto agosto e sarebbe sempre contrario a scostamenti di bilancio.

Letta, dal canto suo, resta cauto pur chiedendo a sua volta interventi urgenti sull’energia come il raddoppio del credito di imposta. Il segretario del Pd sull’eventuale vittoria della “destra” paventa di nuovo la scenario da “bancarotta” della caduta del governo Berlusconi del 2011. Un evento che andrà però ancora ricostruito bene e di cui molte verità sono già emerse, anche con rivelazioni di personaggi chiave dell’allora amministrazione Usa. In tutto questo il centrodestra governa la stragrande maggioranza delle Regioni (14 su 20) ormai da anni. Senza che sfracelli si siano verificati. Certamente il governo delle Regioni è altra cosa rispetto all’esecutivo nazionale. Ma un numero di Regioni tanto numeroso in mano a quella “destra” descritta in modo così allarmistico da Pd e “terzo polo” dovrebbe far riflettere sulla forte dicotomia tra governo centrale e “locale”. E non può esser sempre tutto spiegato in termini di diverse leggi elettorali.

La giornata di ieri ha registrato anche uno scontro sul controllo dell’immigrazione clandestina tra Letta da un lato e Meloni con Salvini dall’altro. La presidente di FdI ribadisce: blocco navale; il leader della Lega: “Basta riproporre i nostri decreti sicurezza”. E Berlusconi, intanto, nelle pillole di programma quotidiano è tornato sul tema della sburocratizzazione, che potrebbe rilanciare con le costruzioni l’economia: “Io ho creato ricchezza, altri leader solo parole”.

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