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“Risposta russa ostile se la Nato si espande fino agli Stati baltici”. Parola di Biden (nel 1997)

Che cosa pensava Biden nel 1997 sull'allargamento della Nato nello spazio ex-sovietico. L'articolo di Andrea Mainardi

 

Venticinque anni fa. Joe Biden è un influente senatore democratico del Delaware. Vladimir Putin è un funzionario pubblico e uomo politico “di provincia”. Ruota su San Pietroburgo ma è già attratto da Mosca. Ricambiato. È il 1997.

Il 18 giugno Biden parla al Consiglio Atlantico degli Stati Uniti e offre il suo sostegno all’allargamento della Nato. Al centro della discussione politica è se ammettere Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. Che infatti entrano nell’alleanza atlantica nel 1999.

Avverte però: l’unica cosa che potrebbe provocare una risposta russa “vigorosa e ostile” sarebbe se la Nato si espandesse fino agli stati baltici. Allora sì. Esclude comunque possa trattarsi di una risposta militare e si dichiara ottimista sulla soluzione. A suo dire anche la Russia alla fine avrebbe visto l’espansione della Nato nel suo interesse, per una questione di sicurezza e stabilità. “Credo che con il tempo, nei prossimi anni, risolveremo. È mia speranza che a breve termine, cioè entro la fine di questo secolo o poco dopo, gli Stati baltici saranno ammessi”.

La previsione di Biden si è avverata quando Estonia, Lettonia e Lituania hanno aderito alla Nato nel 2004.

Nel frattempo Putin ha fatto carriera. È diventato presidente. Per quegli allargamenti Nato si è lamentato un po’, ma senza esagerare.

Una clip del video dell’intervento del senatore Biden del ’97 è emersa via twitter a inizio settimana, quindi rilanciata da Newsweek e in poche ore diventata virale. Ad oggi è stata visualizzata circa due milioni e mezzo di volte, variamente commentata sui social e nei giornali.

Quel discorso di 25 anni fa è del resto di stretta attualità. Che l’apertura agli Stati baltici – come da Biden prevista – avrebbe provocato una forte protesta di Mosca, anche se non militare, è accaduta. E con Putin già al Cremlino. Ma è risultata errata la valutazione di una Russia persuasa che l’allargamento Nato avrebbe addirittura rassicurato il Cremlino.

Nel discorso di venticinque anni fa di Biden, c’è un altro passaggio attuale. Il senatore riferiva che i russi gli avevano detto che potrebbero dover guardare alla Cina come un’alternativa se la Nato continua ad espandersi. In vena di battute Biden diceva di avergli augurato “good luck”. Segue risata dei suoi ascoltatori.

Come sono cambiate le cose. Biden scherzava, ma il Cremlino con Putin ha avuto fortuna coi cinesi. E nonostante qualche imbarazzo commerciale, Xi Jinping gli si conferma in questi giorni partner fedele. Certo il mondo è cambiato in 25 anni. È cambiata la Cina. Ma non la mentalità di Pechino. È mutata la Russia, ma non l’ideologia da nazionalismo mistico, dell’anima profonda del Paese su cui fa sponda Putin. Che il proseguire l’espansionismo Nato verso Est sia stato un errore è comunque giudizio diffuso. In Italia lo ha spiegato il generale Leonardo Tricarico: la Nato ha sbagliato a incoraggiare l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza provocando il “fallo di reazione” Russia di Putin. Per Ted Galen Carpenter, senior fellow for defense and foreign policy studies al Cato Institute di Washington, “gli Stati Uniti e la Nato hanno contribuito a innescare la guerra in Ucraina”. E ammetterlo “non è schierarsi con Putin”. Il Der Spiegel ha pubblicato documenti che dimostrerebbero persino la promessa Nato di non allargarsi a Est già tra il ’90-’91.

Così non è stato. Dalla Polonia in poi. Quattordici nazioni dell’Europa orientale hanno traslocato sotto l’ombrello atlantico anche – se non soprattutto – per far parte di un’alleanza che obbligava gli Stati Uniti a venire in loro difesa in caso di attacco della Russia.

William J. Burns, il direttore della Cia di Biden, aveva messo in guardia sull’effetto provocatorio dell’espansione della Nato sulla Russia sin dal 1995. Due anni prima la tiepida reazione dell’allora senatore Biden e il suo invito a temporeggiare sugli Stati baltici. Burns, allora ufficiale politico dell’ambasciata statunitense a Mosca, riferì invece subito a Washington che “l’ostilità alla prima espansione della Nato è quasi universale in tutto lo spettro politico interno”.

Quando l’amministrazione del presidente Bill Clinton si è mossa per portare Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca nella Nato – l’occasione del discorso di Biden del 1997 – Burns ha scritto che la decisione era “prematura nel migliore dei casi, e inutilmente provocatoria nel peggiore”. Ha spiegato in un libro di memorie, The Back Channel.: “Mentre i russi ribollivano nel loro risentimento e nel senso di svantaggio, una tempesta crescente di teorie sulla ‘pugnalata alla schiena’ ha lentamente turbinato, lasciando un segno nelle relazioni della Russia con l’Occidente che sarebbe durato per decenni”.

Nel giugno 1997 – l’anno del discorso di Biden – cinquanta esperti di politica estera hanno firmato una lettera aperta a Clinton, affermando: “Riteniamo che l’attuale sforzo guidato dagli Stati Uniti per espandere la Nato sia un errore politico di proporzioni storiche che turberebbe la stabilità europea”.

Il 2 maggio 1998, subito dopo che il Senato aveva ratificato l’espansione della Nato, George Kennan, l’architetto del contenimento dell’Unione Sovietica da parte dell’America durante la Guerra fredda, espresse un giudizio fortissimo: “Penso che sia l’inizio di una nuova guerra fredda. Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e ciò influenzerà le loro politiche. Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per questo. Nessuno stava minacciando nessun altro. Questa espansione farebbe rivoltare nelle loro tombe i padri fondatori di questo paese. Siamo nella Nato per proteggere tutta una serie di Paesi, anche se non abbiamo né le risorse né l’intenzione di farlo in modo serio”.

Il diplomatico entrato a far parte del Dipartimento di Stato nel 1926, già ambasciatore a Mosca, considerato il più grande esperto americano di Russia, ormai 94enne incalzava: “La gente non capisce? Le nostre differenze nella Guerra Fredda erano con il regime comunista sovietico. E ora stiamo voltando le spalle alle stesse persone che hanno organizzato la più grande rivoluzione incruenta della storia per rimuovere quel regime sovietico”. Avvertiva: “Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia”.

È successo.

Mistero restano i motivi dell’errore strategico degli Usa sull’allargamento Nato a Est evidenziato da autorevoli analisti. Nel 2016 il già segretario alla Difesa di Clinton, Bill Perry, disse al The Guardian: “Negli ultimi anni, la maggior parte della colpa può essere attribuita alle azioni intraprese da Putin. Ma nei primi anni devo dire che gli Stati Uniti meritano gran parte della colpa. La nostra prima azione che ci ha davvero messo in una cattiva direzione è stata quando la Nato ha iniziato ad espandersi verso le nazioni dell’Europa orientale. A quel tempo, stavamo lavorando a stretto contatto con la Russia e stavano iniziando ad abituarsi all’idea che la Nato potesse essere un’amica piuttosto che un nemico… ma erano molto a disagio nell’avere la Nato proprio al confine”.

Nel 2008, sempre Burns, diventato ambasciatore americano a Mosca, scrive al Segretario di Stato Condoleezza Rice : “L’ingresso dell’Ucraina nella Nato è il più evidente di tutti i limiti per l’élite russa. Non solo Putin. In più di due anni e mezzo di conversazioni con i principali attori russi, dai tirapugni negli oscuri recessi del Cremlino ai più aspri critici liberali di Putin, devo ancora trovare qualcuno che consideri l’Ucraina nella Nato qualcosa di diverso da una sfida diretta agli interessi russi”.

Secondo un sondaggio condotto in Ucraina a inizio dicembre, la maggioranza degli ucraini vuole entrare nella Ue (58%) e nella Nato (54%).

Osserva Thomas L. Friedman sul New York Times che Putin vede l’ambizione dell’Ucraina di lasciare la sua sfera di influenza sia come una perdita strategica che come un’umiliazione personale e nazionale. L’Ucraina non può ambire ad altro perché per il Cremlino è parte integrante della Russia, il suo popolo gli è legato dal sangue e da legami familiari. Andarsene dalla Russia è come un tradimento, passibile di delitto d’onore alla vecchia maniera. Putin – scrive Friedman – in pratica sta dicendo agli ucraini: ti sei innamorato della persona sbagliata. Non scapperai né con la Nato né con la Ue. E se devo bastonare a morte il tuo governo e trascinarti a casa, lo farò.

Tuttavia ad alimentare il fuoco c’è anche la decisione degli Stati Uniti negli anni ’90 di espandere la Nato dopo il crollo dell’Unione Sovietica e, a parere di Friedman, soprattutto “il modo in cui Putin ha cinicamente sfruttato l’espansione della Nato più vicino ai confini della Russia per radunare i russi dalla sua parte per coprire il suo enorme fallimento di leadership. Ha completamente fallito nel trasformare la Russia in un modello economico che attiri effettivamente i suoi vicini e ispiri le sue persone più talentuose a rimanere, non a mettersi in fila per i visti per l’Occidente”.

Come scrive il New York Times, ai tempi dei passati allargamenti Nato, Putin stava presiedendo la crescita vertiginosa dei redditi personali russi. Dopo dolorose ristrutturazioni e impoverimento in seguito al crollo del comunismo, nasceva un’elitaria cleptocrazia clientelare. Ha scelto di accompagnarla, ha spiegato Leon Aron. E per coprire e distrarre da quella scelta, Putin ha spostato la base della sua popolarità dall’essere “il distributore della ritrovata ricchezza della Russia e un riformatore economico, al difensore della madrepatria”. Si è così offerto nell’immagine del mistico nazionalista benedetto dal patriarcato moscovita per radunare il popolo russo dietro di sé. Sfruttare l’espansione Nato era occasione ghiotta.

La prospettiva che l’Ucraina e la Georgia aderiscano alla Nato ha inimicato Putin almeno da quando il presidente George W. Bush ha espresso sostegno all’idea nel 2008. “È stato un vero errore”, ha detto a Vox, a gennaio, Steven Pifer, che dal 1998 al 2000 è stato ambasciatore in Ucraina sotto il presidente Clinton: “Ha fatto impazzire i russi. Ha creato aspettative in Ucraina e Georgia, che poi non sono mai state soddisfatte”.

L’Ucraina è il quarto più grande destinatario di finanziamenti militari dagli Stati Uniti e la cooperazione di intelligence tra i due paesi si è approfondita recentemente. Ma l’Ucraina non entrerà a far parte della Nato nel prossimo futuro. Anche  Biden lo ha fatto capire.

Ovviamente nulla giustifica lo smembramento dell’Ucraina da parte di Putin. E nemmeno le sue storie inventate sulla guerra in Ucraina. Di fronte allo stato di fatto di uno Stato aggredito e invaso e di uno Stato aggressore e invadente non c’è argomento per la narrativa neutrale. Semmai le mosse diplomatiche degli Usa e le sue ultime scelte in partita ne fotografano i limiti nella regione. I principali li mette in fila su Newsweek Ted Galen Carpenter, del Cato Institute.

Nel suo libro di memorie del 2014 , Duty , Robert M. Gates, che ha servito come segretario alla difesa sia nell’amministrazione Bush che in quella di Obama , ha ammesso che “cercare di portare Georgia e Ucraina nella Nato è stato davvero esagerato”. Mosca ha iniziato a respingere. Putin ha sfruttato una provocazione del governo filo-occidentale della Georgia per lanciare un’offensiva militare che è penetrata in profondità nel Paese. Dopo la sua vittoria, la Russia ha staccato due regioni georgiane di mentalità secessionista e le ha messe sotto il controllo russo.

Riflette Carpenter: “L’azione decisiva del Cremlino avrebbe dovuto allertare anche i leader statunitensi che i giorni in cui i funzionari russi si limitavano a lanciare proteste verbali sulla costante invasione dell’Occidente nella sfera della sicurezza russa erano finiti”. L’amministrazione Obama ha poi cercato di trasformare l’Ucraina in una risorsa politica e militare della Nato tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, quando gli Stati Uniti e diversi governi europei si sono impegnati per sostenere gli sforzi dei manifestanti per spodestare il presidente ucraino filo-russo, Victor Yanukovich, circa due anni prima della scadenza del suo mandato.

Scrive Carpenter: “Quella campagna è stata particolarmente inappropriata da quando Yanukovich è diventato presidente nel 2010 a seguito di un’elezione che persino l’ Unione Europea e altri osservatori internazionali hanno riconosciuto essere ragionevolmente libera ed equa . In un sistema democratico, il modo legale per rimuovere un presidente dall’incarico è, a seconda delle regole costituzionali di un paese specifico, attraverso un voto parlamentare di sfiducia, impeachment o sconfitta alle prossime elezioni. Le manifestazioni di strada arrabbiate non rientrano in nessuna di queste categorie, eppure gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sostenuto quel processo illegale. Una registrazione della telefonata trapelata tra l’assistente del segretario di Stato Victoria Nuland e l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina Geoffrey Pyatt ha confermato la portata dell’ingerenza di Washington negli affari di un paese sovrano”.

Putin ha risposto annettendo la penisola della Crimea. Di lì in avanti ancora di più, fino all’invasione totale. La politica di allargamento della Nato all’Europa orientale non sembra avere garantito la sicurezza promessa.

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