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As Roma Calcio

As Roma, che cosa succede all’Opa di Friedkin?

Fatti, numeri e scenari sulla Roma Calcio e sull'Opa di Friedkin

È stato un lunedì molto vivace per le azioni della Roma. In borsa il titolo ieri ha toccato anche il +11% prima di assestarsi a fine giornata sul +8,53%.

Sul Messaggero il neo proprietario Dan Friedkin ha pubblicato un annuncio a pagamento per esortare i tifosi-azionisti a conferire le azioni all’Opa (offerta pubblica di acquisto) lanciata in agosto e che, alla prima scadenza del 30 ottobre, ha visto l’adesione di un misero 1.13%. La nuova scadenza è stata fissata al 6 novembre.

Ancora pochi giorni e si conoscerà il futuro della governance della Roma.

OBIETTIVO: DELISTING

Il gruppo Friedkin, nello scorso agosto, tramite la società Romulus and Remus investments, ha acquisito da James Pallotta l’86,6% circa delle quote del club capitolino lanciando allo stesso tempo un’Opa obbligatoria per rilevare dai piccoli azionisti anche il restante 13,4%. L’obiettivo della nuova proprietà è il delisting, ovvero la revoca del titolo giallorosso dal mercato azionario. Per poterlo raggiungere è però necessario che Dan e Ryan Friedkin entrino in possesso almeno del 90% del capitale sociale societario entro venerdì, termine ultimo per i soci che decidessero di aderire all’OPA al prezzo di 0,1165 ad azione, lo stesso corrisposto per l’acquisizione della quota di maggioranza.

POTENZIARE LA SOCIETA’

La scelta del delisting, come ha recentemente spiegato il Ceo Guido Fienga è tesa a “far progredire l’AS Roma nel programma di potenziamento del club e, di conseguenza, di investire più risorse nella società stessa e nel rafforzamento della squadra”.  E ancora: “La società sarà infatti in grado di operare in modo più flessibile e agile quando si tratterà di prendere decisioni a livello manageriale e di muoversi più rapidamente, semplificando le complessità legate allo status di società quotata”.

I NUMERI DELLA ROMA

Il bilancio consolidato al 30/6/20, approvato pochi giorni fa, suggerisce per quale ragione i Friedkin vogliano prendere pieno possesso delle operazioni: il rosso di 204 milioni, rispetto alla perdita di 24,3 milioni dell’esercizio precedente, preoccupa soprattutto per gli introiti che sono mancati, e mancheranno, anche in questa stagione causa Covid. Un deficit così importante però non può derivare solamente dalla pandemia. La gestione sportiva della squadra è stata tutt’altro che inappuntabile: i giallorossi sono terzi in serie A per monte ingaggi, tuttavia i giocatori per un compenso molto alto non hanno risposto alle aspettative fallendo per il secondo anno di fila la qualificazione in Champions League e portando il rapporto tra stipendi e introito alla pericolosa soglia del 79%, il quarto peggiore nelle cinque leghe maggiori( Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia) .

La partecipazione all’Europa League offre ricavi inferiori da parte della Uefa e degli sponsor, essendo considerata un palcoscenico di minor rilievo rispetto alla Champions: la differenza si registra intorno ai 49 milioni, 16,8 incassati nella stagione 19/20 contro i 65,9 al 30/6/19. Un’altra importante fonte di reddito per i giallorossi è sempre stata la compravendita dei giocatori il cosiddetto “player trading”. Spesso i dirigenti romanisti sono stati abili ad acquistare ottimi giocatori a basso prezzo rivendendoli a cifre astronomiche: nella passata stagione la voce “gestione dei diritti pluriennali prestazioni calciatori” recitava +132,3 (frutto soprattutto della cessione del portiere Alisson al Liverpool per 80 milioni circa) oggi un misero +16,1. La Roma ha bisogno di una rifondazione a livello economico: nessuno, almeno per il nome, sembra più adatto della Romulus e Remus investments per provarci

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