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Silenzi e amnesie sull’Iran. Il caso di Cecilia Sala e le capriole (non solo di Renzi)

Che cosa si dice e che cosa non si dice sull'Iran a proposito del sequestro di Cecilia Sala. Il corsivo di Paola Sacchi.

L’incredibile silenzio di femministe sempre all’attacco del cosiddetto patriarcato usato a mo’ di slogan come la formula-chiave che dovrebbe spiegare tutto sui femminicidi; l’altrettanto mutismo dei “femministi” di sinistra che sui femminicidi si scusarono persino di essere uomini. Invece se si è Ayatollah, che tengono in ostaggio una giovane giornalista italiana nel carcere iraniano di Evin, quello tragicamente noto per le torture ai dissidenti e alle dissidenti del regime, cala di colpo il sipario sulle proteste di piazza. E, addirittura, come fanno alcuni, un ex premier compreso come Matteo Renzi o giornali come Il Fatto Quotidiano, si attacca il governo di Giorgia Meloni giudicato troppo debole sul caso di Cecilia Sala.

Premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani vengono accusati di non aver fatto la faccia sufficientemente dura e di non essersi informati abbastanza sulle condizioni della giornalista nostra connazionale. Come se parlare con il regime e ottenere risposte immediate fosse cosa facile facile, come prendere il tè con un normale interlocutore del mondo libero e occidentale.

Più comprensibile sul piano umano la punta polemica che si coglie nelle parole della madre di Sala, Elisabetta Vernoni, all’uscita di Palazzo Chigi dopo essere stata ricevuta da Meloni. Che avrebbe fatto con il suo governo sul caso “un salto di qualità”.

Mentre Tajani, dopo aver annunciato di aver dato mandato al segretario generale della Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano a Roma, sottolinea che il governo “come dal primo giorno dell’arresto di Cecilia Sala, lavora incessantemente per riportarla a casa”. Aggiunge: “Pretendiamo che vengano rispettati tutti i suoi diritti. Fino alla sua liberazione, Cecilia e i suoi genitori non saranno mai lasciati soli”.

Come si sa l’esecutivo aveva scelto la strada di lavorare in un prudente silenzio tanto più alla luce della drammatica connessione che ci sarebbe tra la liberazione di Sala e quella dell’iraniano pasdaran arrestato in Italia, ovviamente in ben altre condizioni di detenzione, di cui gli Usa chiedono l’estradizione.

Ecco, di fronte a questo drammatico incastro internazionale, con in ballo la sorte di una giovane donna, stupisce che il governo sia attaccato da Renzi che da premier faceva addirittura ricoprire le statue dei musei Capitolini e non faceva bere vino a tavola, il tutto per rispetto dell’allora presidente iraniano Hassan Rohani in visita a Roma, “una vera vergogna”, disse Matteo Salvini e anche il giornale britannico Guardian ironizzò.

Ma questo è solo un episodio delle mollezze usate dall’Occidente con l’Iran. Mentre anche con l’incredibile silenzio di femministe e “femministi” si pretende che di colpo il governo Meloni risolva le conseguenze anche di politiche sbagliate con lo stato islamico da troppi anni ormai.

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