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Tunisia

Tutte le putinate dei putiniani italiani sulle armi all’Ucraina

Secondo i putiniani nostrani, gli ucraini non devono resistere all'invasore russo ma, semplicemente, arrendersi. Il commento di Polillo

 

I putiniani nostrani, non molti per la verità, usano, chi più chi meno, lo stesso stratagemma. Condanna in linea di principio dell’invasione del tiranno russo. Lacrime un po’ ipocrite per lo sterminio dei civili. La guerra è guerra. E l’invito a “mettere dei fiori nei vostri cannoni” secondo una vecchia canzone dei Giganti. Tanto Putin, come ha dovuto constatare Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, se ne frega. Sennonché allora, quando quella canzone andava di moda, c’era la sporca guerra. Ed era giusto lottare per la pace, che avrebbe significato, come poi avvenne, il ritiro delle truppe americane dal Vietnam e la fine di quel lungo conflitto imperialista. Che era anche allora una guerra tra Oriente ed Occidente. Tra comunisti e democrazie liberali. Ma nessuno si sognava di mettere sullo stesso piano aggrediti ed aggressori. La scelta del proprio regime politico spettava solo al popolo vietnamita.

Sembrano cose talmente ovvie da apparire quasi banali. Sennonché oggi tutto ciò assume un significato particolare, viste le mistificazioni dialettiche cui fanno ricorso gli uomini di Putin. Il ragionamento è il seguente. Siamo di fronte ad una guerra per interposta persona ed ai danni degli ucraini. Da un lato Joe Biden e Boris Johnson, in difesa degli “sporchi interessi” dei rispettivi Paesi, dall’altro Vladimir Putin, a capo delle forze russe. Nel mezzo i “lacchè” europei. Soprattutto l’Italia di Mario Draghi, visto che tedeschi e francesi, quindi Macron e Scholz, non sembravano (ieri, oggi meno) così accondiscendenti. I virgolettati stanno a ricordare le soavi parole di Marco Travaglio nel salotto buono di Lilly Gruber.

Ed ecco allora che ogni distinzione, nelle migliori delle ipotesi, viene meno. Lo scontro in atto potrebbe avvenire in qualsiasi parte del mondo. Che si svolga in Ucraina è semplice casualità. Estremo oltraggio nei confronti di un popolo che combatte, con le unghie ed i denti, per la propria terra e le proprie libertà. Un popolo considerato una sorta di “utile idiota” asservito ai voleri della Nato. Completamente soggiogato da una potenza straniera – Stati Uniti e Gran Bretagna – che punta solo a logorare il potere di Putin. Un popolo, al quale va negato anche l’onore delle armi.

Già, perché queste possono ferire l’esercito invasore. Al quale invece – l’esortazione di quella specie di professore che risponde al nome di Alessandro Orsini – devono semplicemente arrendersi. Come già accaduto nell’Ungheria del 1956 o nella Cecoslovacchia del 1968. Perché la storia non é mai magistra vitae. Perché a distanza di anni abbiamo dimenticato come morì Imre Nagy, il leader ungherese che pure era comunista. O la storia di Alexander Dubcek al quale andò mille volte meglio. L’ostracismo per circa 20 anni (dal 1970 al 1989) e poi la carica di presidente dell’Assemblea federale Cecoslovacchia, una volta liberata dal giogo dei sovietici.

Altri tempi? Certo. Ma la ferocia di allora non è certo diminuita. Anzi quelle stesse forze, gli eroici resistenti di Stalingrad, si sono trasformati nei massacratoti di Bucha. A marcare una distanza che appare siderale. Cose che gli amici di Putin non vedono o fanno finta di non vedere. Si sbracciano, invece, nel reclamare una sorta di disarmo a senso unico. Le truppe russe possono far ricorso ai bombardamenti a tappeto, ai missili subsonici, con il corredo di carri armati e di aerei. Ma guai pensare che gli ucraini possano essere messi in grado di rispondere. Perché, se così fosse, la minaccia di una terza guerra mondiale diverrebbe incombente.

Posizione evidentemente insostenibile nel momento in cui lo stesso Vaticano, per bocca sia di Papà Francesco che del Segretario di Stato Pietro Parolin, riconosce all’Ucraina, il “diritto” alla difesa. Ed allora, ecco la rapida conversione. Le armi possono essere pure inviate, ma a patto che siano solo difensive. Il colmo del ridicolo.

Quand’è che un arma può definirsi difensiva? Lo erano forse i missili che hanno affondato la Moskva? Lo sono forse le armi anticarro? Né può valere il discorso sulla relativa portata. Un missile a cortissimo raggio può essere impiegato sul suolo russo, data la lunga continuità territoriale tra i due Paesi.

La verità è che i sostenitori di questa strampalata teoria, soprattutto i ventriloqui dei 5 stelle, hanno tanti di quegli scheletri negli armadi da rimanerne soffocati. Non si dimentichi quanto successe nella passata legislatura, quando non c’era l’intralcio delle posizioni di governo: la mozione presentata alla Camera dei deputati di Beppe Grillo contro la Nato, respinta sia in Commissione che in Aula. L’appoggio dato al Governo di Nicolás Maduro, in Venezuela. Le tesi guerrigliere di Alessandro Di Battista. Lo stesso connubio con la Lega di Matteo Salvini, nella legislatura successiva, (first fully populist government, secondo la definizione del Post) troverà nel cemento anti europeo, e nello strabismo verso Russia e Cina, uno dei suoi momenti più qualificanti.

Il peso di queste posizioni politiche, che solo l’ingenuità di Vito Petrocelli, il presidente della Commissione Esteri del Senato, che inneggia alla “liberazione” con la “Z” delle truppe di occupazione russe, rende evidente, pesa sulla tenuta di quelle forze politiche. Costringe lo stesso Giuseppe Conte a spericolati equilibrismi per tenere un piede nella staffa del Governo ed al tempo stesso non rompere con quella parte del movimento, che vede nell’Occidente il nemico da battere. Che poi su questo crinale finiscano per convergere artisti di strada e saltimbanchi é un fatto più che scontato. Fa parte della più antica tradizione italiana: capitani di ventura e truppe mercenarie al servizio dei signori della guerra. Meglio se potentati stranieri. Caratteristica non esclusiva del XIV secolo.

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