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Argentina, Russia, Turchia e non solo. Ecco chi sale e chi scende nella classifica dei Paesi emergenti con più rischi. Report Sace (Cdp)

Tutte le novità che emergono dalla mappa dei rischi per le aziende italiane all'estero secondo l'aggiornamento 2019 a cura di Sace (gruppo Cassa depositi e prestiti)

Peggiorano Argentina e Turchia. Migliorano Grecia, Russia, Polonia e Repubblica Ceca.

E’ questa una delle novità più rilevanti per i Paesi emergenti che emerge dalla Mappa aggiornata dei rischi 2019 che fa il punto della situazione.

Ecco la sintesi delle conclusioni alle quali giunge la nuova classifica messa a punto da Sace Simest (Gruppo Cdp) che presenta lo scenario atteso in cui si muoveranno le imprese italiane nell’anno appena iniziato.

Fra gli upgrade negli avanzati, Slovenia, Islanda, Grecia e Austria hanno registrato i più significativi progressi grazie soprattutto a un miglioramento del loro profilo bancario.

Fra gli emergenti si segnalano i miglioramenti di Paesi quali Russia, nonostante le incertezze connesse al quadro geo-economico, e Polonia e Croazia, dove è diminuito il rischio sovrano. Peggiorate Turchia, Argentina e alcuni mercati nel Golfo (Oman e Bahrain).

In India e Indonesia i rischi connessi al deprezzamento delle valute e alla pressione sulle riserve valutarie sono mitigati da fondamentali economici solidi. Discorso analogo per il Brasile, dove il rischio-incertezza connesso al nuovo corso politico è mitigato dalle grandi riserve valutarie, un sistema finanziario stabile e un debito contenuto.

LA SINTESI INTEGRALE DELLO STUDIO A CURA DI SACE (CDP)

Per il 2019 si delinea uno scenario internazionale più complesso ma non privo di opportunità per le imprese che si affacciano sui mercati esteri. Una conoscenza approfondita dei rischi corredata da un adeguato disvelamento delle opportunità è imprescindibile per indirizzare le imprese verso la crescita. Questo il vademecum che emerge dalla nuova edizione del Focus On “Mappa dei Rischi. I 6 ‘pericoli’ del 2019: conoscerli per gestirli”, in cui Sace Simest (Gruppo Cdp) presenta lo scenario atteso in cui si muoveranno le imprese italiane nell’anno appena iniziato.

“L’export è il driver principale della nostra economia e una scelta strategica per le imprese italiane. Per chi opera sui mercati internazionali la conoscenza dei rischi è imprescindibile, ma è un esercizio solo parziale se non la si affianca a un’adeguata analisi delle opportunità – ha dichiarato Beniamino Quintieri, Presidente di Sace –. Se generalmente i mercati emergenti esibiscono maggiore vulnerabilità a possibili shock esogeni, nondimeno alcuni si configurano destinazioni strategiche delle nostre esportazioni, come la Cina e gli Emirati Arabi Uniti, mercati più noti, ma anche il Brasile, l’India e il Vietnam. Sace Simest è un partner chiave in grado di fornire alle nostre imprese la conoscenza e gli strumenti per continuare a crescere anche in questa nuova fase dell’economia globale.”

Il nuovo studio delinea un quadro dei rischi ancora più ampio per il 2019, con tensioni vecchie e nuove che, dall’economia alla politica, costituiranno nuove sfide per le imprese che operano sui mercati internazionali. I 6 principali pericoli per l’anno in corso derivano innanzitutto dall’incertezza su economia e mercato azionario degli Stati Uniti, guerra dei dazi e Brexit, nonché da leitmotiv quali la fragilità di alcuni paesi emergenti e il crescente indebitamento mondiale. È fondamentale però non lasciare che i rischi che si profilano sul mercato internazionale oscurino un quadro ancora ricco di opportunità per l’export italiano.

Di seguito un approfondimento sui 6 pericoli del 2019, il quadro dei paesi target per l’export italiano e una mappatura dei rischi connessi all’operatività sui mercati internazionali.

Nel corso del 2018, la crescita globale è proseguita a un ritmo del 3,7% e il bilancio dell’anno appena concluso può dirsi ancora positivo.

Tuttavia il quadro dei rischi ha subìto un deterioramento per effetto di turbolenze finanziarie, valutarie e geopolitiche, che hanno ripercussioni particolarmente evidenti sulle economie emergenti, in primis Argentina e Turchia.

Anche nel corso del 2019 dinamiche vecchie e nuove agiteranno lo scacchiere internazionale. In particolare, sono 6 i principali rischi che le imprese italiane, specie quelle che operano sui mercati esteri, dovranno fronteggiare nell’orizzonte di breve termine.
In campo economico, sebbene siano ancora i mercati emergenti a presentare le maggiori criticità, grandi timori riguardano l’economia statunitense. L’ipotesi di una recessione già nell’anno in corso ha poche probabilità di realizzarsi, mentre è atteso un rallentamento dell’economia. Rimane poi grande incertezza sul protezionismo, con le aspettative sull’attuale tregua nella guerra dei dazi ostaggio dell’imprevedibilità degli attori in gioco.

Dal punto di vista finanziario è ancora Washington al centro delle paure del mercato: una politica eccessivamente restrittiva da parte della Fed non solo genererebbe tensioni sui listini di Wall Street, ma potrebbe nuovamente ripercuotersi sugli emergenti, con effetti concreti anche per le nostre imprese esportatrici. Eventuali ulteriori deflussi di capital dai mercati emergenti infatti, innescherebbero rialzi dei tassi d’interesse e una contrazione del credito concesso alle imprese locali, che avrebbero minori opportunità di investire. Inoltre le valute di queste geografie si deprezzerebbero, con effetti avversi sulle importazioni dei nostri prodotti e provocando anche un aumento del rischio di mancato pagamento. Emblematici i casi di Argentina e Turchia nel 2018, dove il nostro export è diminuito di circa il 10%. Permane l’annosa questione dell’indebitamento globale, salito a 244 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre 2018 (il 318,2% del Pil mondiale) e che continua a destare preoccupazione per eventuali default sovrani, specie nei paesi di minori dimensione, e privati.
Infine, una Brexit nel caos, dopo che la Camera dei comuni ha respinto l’accordo stipulato da Theresa May con l’Ue, semina incertezza, mentre sale la probabilità di un’uscita con un no deal, ma restano aperti tutti gli scenari.

Questi i principali rischi del 2019, a cui si aggiungono i timori più recenti di un rallentamento più marcato del previsto in Cina e nei Paesi dell’Area dell’euro, che rappresenterebbero un problema per le nostre imprese.

IL BINOMIO INDISSOLUBILE RISCHI-OPPORTUNITÀ: IL QUADRO DEI PAESI TARGET PER L’EXPORT ITALIANO

Sebbene il quadro dei rischi sarà ancora più complesso per l’anno appena iniziato, non bisogna cedere a letture drasticamente negative. Esistono infatti anche grandi opportunità di crescita che non devono rimanere celate o sfruttate al di sotto del potenziale a causa di un’eccessiva avversione al rischio. L’export è ancora il motore di crescita dell’economia del nostro Paese, come durante gli anni della crisi, e l’internazionalizzazione una scelta strategica per le imprese italiane di grandi come di piccole dimensioni.

Da un’analisi delle prime 100 destinazioni dell’export italiano emerge un quadro piuttosto eterogeneo che testimonia una vasta distribuzione delle preferenze delle nostre imprese in termini di propensione al rischio sui mercati di sbocco. Questa diversificazione, l’opportuna conoscenza dei rischi e l’utilizzo di adeguati strumenti assicurativo-finanziari sono fondamentali per mitigare l’incertezza legata all’operatività sui mercati internazionali. Inoltre, al di là delle medie e delle “facili classificazioni”, le opportunità all’interno di ciascun paese possono essere significativamente diverse da settore a settore e variare in base alle controparti.

Per il 2019, le geografie più promettenti per le esportazioni italiane saranno Brasile, India, Indonesia e Vietnam, geografie con un profilo di rischio medio-elevato, sono mercati emergenti destinati a ricoprire crescente importanza nel prossimo futuro, così come la Russia si conferma un mercato strategico, dal quale si attendono segnali di costanza nei progressi. In termini di rischio-opportunità, tra le migliori destinazioni spiccano Emirati Arabi Uniti, il Qatar, la Colombia, la Repubblica Ceca e la Cina, nonostante la decelerazione a cui andrà incontro. Gli Stati Uniti, destinazione tradizionale del nostro export, rimangono una meta a elevato potenziale, anche se risentiranno dell’imminente rallentamento economico.

Fra i Paesi a rischiosità medio-elevata, andranno presidiati anche quei mercati in cui non sono scontati elevati rendimenti ma che possono comunque regalare ottime soddisfazioni ai nostri esportatori, quali Marocco, Senegal e Kenya. La Turchia, nonostante la battuta d’arresto e le innegabili difficoltà, sembra ancora un mercato su cui si possa puntare in un’ottica di lungo periodo e con le necessarie cautele.
Affrontare i rischi diversificando il portafoglio e soprattutto con il giusto set di strumenti: questa la strategia di crescita su cui le imprese italiane possono puntare per trasformare in opportunità le nuove sfide che si profilano all’orizzonte. Sace Simest, Polo dell’export e dell’internazionalizzazione italiana, è un partner che, a condizioni vantaggiose e gratuitamente per quel che riguarda servizi informativi, può aumentare la loro proiezione internazionale incentivandone la competitività e tutelandole, al contempo, dai rischi.

CHI SALE E CHI SCENDE: LA MAPPA DEI RISCHI DEL FARE IMPRESA ALL’ESTERO

Per quanto riguarda il rischio di credito – che misura la possibilità di incorrere in rischi di mancato pagamento da controparti estere sovrane, bancarie e corporate – la Mappa dei Rischi 2019 restituisce un’immagine di eterogeneità tra economie avanzate ed emergenti: fra le prime si contano 26 miglioramenti e 4 peggioramenti rispetto al 2018; fra le emergenti se ne contano rispettivamente 42 e 52. Fra gli upgrade negli avanzati, Slovenia, Islanda, Grecia e Austria hanno registrato i più significativi progressi grazie soprattutto a un miglioramento del loro profilo bancario. Fra gli emergenti si segnalano i miglioramenti di Paesi quali Russia, nonostante le incertezze connesse al quadro geo-economico, e Polonia e Croazia, dove è diminuito il rischio sovrano. Peggiorate Turchia, Argentina e alcuni mercati nel Golfo (Oman e Bahrain). In India e Indonesia i rischi connessi al deprezzamento delle valute e alla pressione sulle riserve valutarie sono mitigati da fondamentali economici solidi. Discorso analogo per il Brasile, dove il rischio-incertezza connesso al nuovo corso politico è mitigato dalle grandi riserve valutarie, un sistema finanziario stabile e un debito contenuto.

Per quanto riguarda i rischi politici – che sono quei rischi connessi alla stabilità politica che influiscono sulla possibilità di esigere i crediti – la Mappa non rileva variazioni significative rispetto al 2018. Da segnalare miglioramenti per alcuni paesi target del Made in Italy, fra cui Russia ed Emirati.

Si evidenzia infine l’aumento generalizzato del rischio di trasferimento, legato alla possibilità di restrizioni alla convertibilità della valuta nazionale in valuta forte o al trasferimento all’estero di profitti e dividendi. Nel 2018, sono stati 47 i paesi dove il rischio di trasferimento è aumentato, a fronte di 31 miglioramenti. Fra i downgrade vari paesi africani (fra cui lo Zambia), alcune geografie dell’Asia centrale (quali Turkmenistan, Azerbaigian e Kazakistan), Tunisia, Iran e Albania.

 

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