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Navalny

Perché la Russia vieta alla madre di Navalny di vedere il corpo del figlio?

Le autorità negano a Lyudmila Navalnaya di poter vedere il figlio, sarà possibile forse dopo due settimane, decideranno medici e giudici. Già questo la dice chiara sulla matrice omicidiaria del decesso. L'intervento di Francesco Provinciali

Lyudmila Navalnaya è una donna di 69 anni che esprime determinazione e coraggio: a braccetto del legale che aveva seguito suo figlio Alexei nelle vicissitudini processuali , sempre perdenti, che lo avevano portato nel penitenziario K3 ‘lupo polare’ di Kharp oltre il circolo polare artico a concludere la sua vita, in modo tutt’affatto chiarito, affronta il freddo della Siberia con i suoi 35 gradi sottozero alla ricerca del corpo del figlio, affinché le venga restituito per una degna sepoltura.

Dopo aver affrontato il viaggio di quasi duemila km partendo da Mosca, ora bussa alle porte degli edifici dove spera di trovare le spoglie mortali di Alexei. Lo aveva visto per l’ultima volta dove lo cerca ora: era il 12 febbraio e l’aveva trovato sereno. Di fronte ad un genitore che soffre quanto solo Dio sa, un figlio fa tutto il possibile per nascondere tutti gli aspetti negativi di una detenzione devastante, oltre che ingiusta. E Alexei era sempre stato rassicurante con la madre, la moglie, i suoi cari.

Tutto il castello di carte che l’aveva portato fin qui era la metafora di una strategia distruttiva calibrata dal regime per via gerarchica, fin nei minimi dettagli. Probabilmente anche la data della fine della sua esistenza faceva parte di un piano programmato, in prossimità della rielezione di Putin: un segno di forza tetragona e dirompente, un omicidio di regime. Tutto lascia supporre che sia stato ucciso, con una tecnica studiata meticolosamente: dal carcere anche così lontano, così isolato dal mondo e così controllato a vista avrebbe potuto creare fastidi alimentando la propaganda della ribellione contro la conferma al potere dello Zar: non esistono regole morali che tengano a freno o inibiscano piani di eliminazione fisica, l’unico mezzo per impedire esternazioni o messaggi che avrebbero anche solo potuto lambire il popolo. Per uno come Putin che sfida il mondo e se ne infischia delle regole che tengono accesa la fiammella della dignità, ora la strada è tutta in discesa, il potere saldamente nelle sue mani. Lyudmila lo aveva seguito nel suo peregrinare giudiziario, prima la condanna a 9 anni per ‘oltraggio alla corte’, poi questa a 19 per ‘estremismo’. Si accontentava di vederlo, di accarezzarlo, di abbracciarlo: sentimenti che il regime non considera neppure, non c’è traccia di un barlume di resipiscenza o di umanità nelle scelte di Putin. Da due anni massacra il territorio ucraino distruggendo paesi e villaggi, case e persone, non importa se civili, anziani, donne o bambini. Facendo eseguire ordini spietati e criminali di annientamento e di morte.

E non è certo una fortuita coincidenza che a pochi giorni dalla morte di Navalny sia deceduto nell’ospedale di Minsk in circostanze che fanno pensare ad un assassinio il giornalista e oppositore di Alexandr Lukashenko, Ihar Lednik. Se elencassimo tutti i precedenti omicidi di regime non basterebbe lo spazio concesso a questo articolo. Quando a Navalny si sta accreditando una teoria: sarebbe stato ucciso con un pugno al cuore, una tecnica in uso presso l’ex KGB, dopo essere stato esposto a condizioni di freddo estremo per oltre due ore e mezzo: una “strana passeggiata” considerato che di norma i detenuti non escono all’aperto per più di un’ora. Questa è la tesi del Times che cita Vladimir Osechkin, difensore dei diritti umani.

Questo spiegherebbe i lividi trovati sul corpo di Navalny ma soprattutto il diniego opposto alla richiesta della madre che chiede la restituzione del corpo del figlio. Ha bussato dapprima alla porta del carcere, da lì è stata indirizzata all’ospedale di Salekhard, dove la salma avrebbe dovuto trovarsi nella camera mortuaria: ennesimo ‘niet’ del corpo non c’è traccia, infine all’obitorio di Labitnangi, con lo stesso risultato. Il corpo è occultato non si sa dove ma si suppone perché: per dar tempo agli ematomi di essere riassorbiti. Le autorità negano a Lyudmila Navalnaya di poter vedere il figlio, sarà possibile forse dopo due settimane, decideranno medici e giudici. Già questo la dice chiara sulla matrice omicidiaria del decesso.

Ma la mamma di Alexei vuole andare fino in fondo, non si muoverà da quella zona fino a quando le spoglie mortali del figlio non le saranno restituite. Una madre coraggiosa e tenace, nel suo immenso dolore. Lancia  infine un appello televisivo a Putin: “ridammi mio figlio”. Nessuna risposta. Per un dittatore che si è macchiato di crimini orrendi contro l’umanità un comportamento prevedibile.

Se ne parla in tutto il mondo, questo è un omicidio di Stato. Mi chiedo come la TV italiana possa ospitare e dare la parola ai più incalliti filoputiniani, gente tetragona alle evidenze e ideologicamente strumentalizzata. La ritengo una vergogna, un’offesa alle vittime, un tradimento dell’onesta informazione.

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