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Stefania Craxi

Anm e Pd vogliono far fallire i referendum sulla giustizia. Parla Stefania Craxi

Conversazione di Paola Sacchi con Stefania Craxi (Forza Italia), presidente Commissione Affari Esteri del Senato

 

Dalle scelte in Europa sull'”automotive”, “figlie di una sinistra più avvezza ai salotti che alle fabbriche” al ruolo della Ue nella guerra della Russia all’Ucraina, fino al silenzio per i referendum sulla giustizia: “Un fronte che va dall’Anm al Pd di Enrico Letta ha giocato sulla soglia minima per far fallire i referendum. Toccare la casta magistrale non ha portato bene a mio padre Bettino Craxi”. Parla la presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama, senatrice di Forza Italia, Stefania Craxi.

Presidente Craxi, in Europa si prendono decisioni, dove la sinistra è stata determinante, come quelle sullo stop a auto a benzina e diesel dal 2035. Cosa ne pensa?

Nessuno mette in discussione l’importanza della transizione ecologica, ma questa deve muovere da un dato di realtà, non può essere un feticcio, un totem ideologico, che non tiene conto del contesto geopolitico ed economico. Una transizione basata su programmi di ‘riconversione industriale’ forzata stile socialismo reale, caratterizzata per dogmatismo nei modi e nei tempi, è un danno per tutte le economie del Vecchio continente. Solo in Italia sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro…! Capisco che la sinistra nostrana, e il Pd in particolare, sono ormai più avvezzi ai salotti che alle fabbriche ma mi chiedo come si fa a non rendersi conto di ciò a cui andiamo incontro. Il tutto, senza contare che c’è un tema geostrategico. In gioco c’è la stessa autonomia e l’indipendenza dell’Europa, dei suoi paesi e della sua economia…

Che intende? Che si rischia di favorire la Cina e danneggiare la nostra industria?

Parto da un dato di fatto e dai numeri. La transizione ha bisogno delle cosiddette ‘terre rare’ su cui Pechino è da tempo leader incontrastato detenendo la pressoché totalità delle forniture mondiali. Già nell’ultimo anno, proprio per restare al settore dell’automotive, le industrie europee stanno riscontrando problemi per la carenza di semiconduttori. È una condizione che conoscono bene tanto i lavoratori del comparto, perché determina una situazione di blocco degli impianti di produzione, sia i cittadini che devono acquistare un’auto che si trovano innanzi ad  aumento dei prezzi e ad una dilatazione dei tempi di consegna. Ora mi chiedo: premesso che non bisogna mai dipendere da nessuno, ma davvero si vuole creare una condizione di dipendenza per l’Europa, per di più dalla Cina? La cosa che mi fa sorridere sa qual è?

Quale, ci dica…

Che questo avviene proprio in un momento storico in cui sappiamo bene cosa significhi essere strettamente dipendenti dalle forniture altrui. Il conflitto russo-ucraino ha appalesato la nostra debolezza sul fronte energetico, ha messo in evidenza come sia necessario sempre ed in ogni comparto diversificare gli approvvigionamenti. Sappiamo bene quanta fatica e quali costi ci stiamo sobbarcando per non dipendere da Mosca, e che facciamo? Ci leghiamo mani e piedi per altro verso alla Cina?

La UE sembra lontana dall’acquisire un ruolo centrale per un negoziato che ponga fine all’aggressione russa all’Ucraina. Qual è la sua opinione?

L’Europa deve diventare un soggetto. Serve, come vado ripetendo da tempo, l’Europa che non c’è e di cui abbiamo bisogno. L’Unione deve trovare le ragioni del suo essere, divenire un attore che si faccia carico, insieme agli Stati Uniti – e quindi senza velleità terzopoliste -, della pace e della sicurezza del mondo, specie nel cortile di casa nostra, ossia quel Mediterraneo che abbiamo dimenticato per troppo tempo e che ci pone, specie con l’emergere della crisi alimentare, innanzi a sfide campali. Si parla di una politica di difesa comune. Bene! Ma se non poniamo prima le basi per una politica estera comune, ricercando un interesse europeo comune che comprenda quelli nazionali e al contempo li superi, tutto diventa retorica. Ma con onestà, dobbiamo dire che in queste settimane l’Unione, non senza, difficoltà, sono stati fatti dei passi da gigante in avanti…

Come uscire quindi dal conflitto?

Premesso che la pace sarà quella che vorrà il popolo ucraino e che medierà con la Russia, nel pieno rispetto del diritto internazionale e del principio di autodeterminazione dei popoli, allo stato, nessuno, né l’Europa né gli Stati Uniti, hanno soluzione per porre fine al conflitto né tantomeno possono immaginare di dettare tout court i termini di un accordo. Per inverso, il mondo Occidentale, e soprattutto l’Europa, devono essere protagonisti di pace, che significa mettere in campo ogni sforzo per giungere al più presto ad una soluzione diplomatica del conflitto in atto che porti quanto meno a rapido “cessate il fuoco”.

Domenica seggi aperti in tutt’Italia, anche laddove non si voterà per le amministrative, per i cinque referendum sulla giustizia. Ma molti non lo sanno ancora. Come giudica questo silenzio, forse mai verificatosi per nessuna Consultazione?

È un silenzio figlio di una concomitanza di cause. La crisi pandemica prima e, a partire dal 24 febbraio scorso, il conflitto russo ucraino, non hanno giocato a favore della tornata referendaria. Detto ciò, si sapeva che gli oppositori al referendum, un largo fronte che spazia dall’ANM al PD di Enrico Letta, avrebbe giocato sulla soglia di validità per far fallire i quesiti. Inoltre, nel corso degli ultimi tre decenni vi è stato un certo abuso delle consultazioni referendarie. Questo ha creato verso l’istituto referendario – l’unico istituto di democrazia diretta previsto dalla nostra Costituzione – una certa disaffezione. E poi, purtroppo,  c’è sfiducia sempre più cronica nei cittadini…

In che senso, si spieghi?

Dobbiamo prendere atto che nell’elettorato è presente un diffuso senso di scoramento. C’è, in generale, una rassegnazione gattopardesca che è figlia della crisi del nostro sistema democratico ed istituzionale alla quale non abbiamo saputo dare risposta in questi anni e, se guardiamo al particolare, ossia ai referendum, c’è diffidenza nel rispetto del responso elettorale. In passato i risultati di numerosi quesiti sono stati annacquati se non totalmente disattesi! Per questo starei molto attenta ad esultare in caso di mancato raggiungimento del quorum… lo dico, soprattutto, ai cosiddetti “democratici”…

La drammatica vicenda giudiziaria di suo padre, lo statista Bettino Craxi, giudicato il più delle volte con il teorema del “non poteva non sapere”, di cui, se non erro, un paio di condanne vennero ritenute non decise con giusto processo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha qualcosa a che fare con questa Consultazione?

È la testimonianza che in Italia la “questione giustizia” non è un tema dell’oggi. Ha radici profonde, radicate nel tempo ed interessa vari aspetti. Spaziamo dal problema della giustizia politicizzata a quello dei tempi e dei modi con cui la si amministra, fino all’annoso tema della “giustizia giusta” e delle responsabilità dei suoi attori. Toccare i fili della casta magistrale non ha portato bene a Craxi e, dopo di lui, a nessuno di coloro che hanno solo pensato di interessarsene.

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