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Al lavoro per la solidarietà

L'intervento di Andrea Donegà, Segretario Generale Fim-Cisl Lombardia

La morte di 150 persone, naufragate insieme alla ricerca di una vita dignitosa, ha risvegliato le pulsioni più becere di chi sfoga la propria frustrazione e infelicità sui social network, facendo emergere, forte, l’assenza di umanità e solidarietà. Un terreno dove raccogliere questa sfida è sicuramente il lavoro, realizzazione pratica e traduzione umana del concetto di solidarietà, dal punto di vista comunitario, produttivo e contrattuale.

Condividere, con colleghi e compagni di lavoro, spazio e tempo significa anche condividere destino, preoccupazioni e gioie e prendersi cura degli altri e della loro felicità.

Produrre significa, anche, essere parte di un qualcosa di più grande. Il ben fatto diventa un esercizio di rispetto e responsabilità nei confronti del proprio e altrui lavoro mettendo il collega nelle condizioni di poter aggiungere il proprio valore. Significa, in definitiva, essere consapevoli che il prodotto che si contribuisce a realizzare possa girare il mondo, abbattendo barriere e pregiudizi, finendo nelle mani e nelle disponibilità di un altro che non si conosce ma che potrà godere dell’intelligenza, della competenza e della fatica di altre persone finendo, tutti, per unirsi in questa catena globale di valore umano.

La contrattazione è realizzazione di visioni condivise di un certo tipo di società. È consegnare a tutti la libertà, e la gioia, di poter contribuire, con la propria responsabilità, a migliorare le condizioni collettive, economiche, lavorative e sociali, all’interno delle quali ognuno possa trovare una risposta anche personale.

Ecco perché la solidarietà è un valore da custodire e da difendere sempre e ovunque. Abbracciare la solidarietà, che sia nei confronti di chi cerca un destino migliore, di un povero, di chi ha perso tutto o di chi cerca un riscatto, significa avanzare dal punto di vista lavorativo e comunitario. Vuol dire ristabilire l’importanza della relazione umana, unica strada per superare barriere e pregiudizi, aprendosi all’altro.

Occorre rimettere in fila i valori che vogliamo attribuire al lavoro che deve essere lo strumento per vivere una vita dignitosa e “una delle principali fonti di significato e riconoscimento della vita delle persone” come ci insegna il Professor Ugo Morelli. Solo così ognuno diventerà disponibile a riconoscerne il valore che rappresenta per gli altri; solo così ognuno saprà assegnare, al lavoro, il valore di bene comune, elevandolo a patrimonio collettivo, da difendere e custodire, impegnandosi a far spazio agli altri, contrastando la logica perdente dell’esclusione. Ecco, quindi, che torna potente la forza della solidarietà, fondamentale e conveniente, che, partendo dal riconoscimento di comuni valori, consente a tutti di maturare la consapevolezza che rinunciando, oggi, a qualcosa di individuale potremo avere tutti, domani, un bene collettivo ben più grande, fatto di inclusione e opportunità. Come ci ricorda don Virginio Colmegna, tocca a noi ri-organizzare questa speranza.

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