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Ecco l’agenda economica di Trump e Vance

Idee, tesi e programmi accennati su economia, industria ed energia per i Repubblicani di Trump e Vance. Tutti i dettagli

Se la campagna elettorale di Joe Biden ha diffuso un documento di 188 pagine che illustra nel dettaglio i piani economici dei prossimi quattro anni, naturalmente in caso di vittoria a novembre, dalle parti di Trump si possono scorgere solo indizi e qualche promessa roboante ma non sostanziata. Che cosa sappiamo dunque dell’agenda economica di un eventuale Trump2?

Le domande inevase dell’AP

Cogliendo il problema, la più importante agenzia di stampa americana ha trasmesso al candidato repubblicano 20 domande puntuali, rimaste però senza risposta, a parte il chiarimento della portavoce della campagna Karoline Leavitt che ha insistito che è meglio prestare ascolto direttamente a Trump.

I cenni alla Convention

Quale migliore occasione dunque della Convention repubblicana appena celebrata a Milwaukee per ascoltare dalla viva voce del leader appena incoronato e da quella degli altri speaker cosa ha in serbo il Partito per i prossimi quattro anni?

Anche in questo caso tuttavia, sottolinea l’AP, ha dominato la vaghezza, tra promesse di domare l’inflazione e riportare la prosperità che si materializzeranno con il mero ritorno di The Donald allo studio ovale.

Cosa dice la Piattaforma del partito

Sono le stesse promesse, del resto, apparse nella Piattaforma repubblicana pubblicata pochi giorni fa dove però, oltre all’impegno a “sconfiggere” l’inflazione, è sbucata la volontà di estrarre ancora più petrolio e gas e di continuare a fare uso massiccio del carbone.

Tra gli altri impegni rilevanti si segnalano poi l’intenzione di smantellare le politiche green di Biden e di attuare “il più grande programma di deportazione (di immigrati) della storia americana”.

In merito a questo specifico punto, non manca chi intravvede all’orizzonte esiziali deficit di manodopera soprattutto nei settori dell’agricoltura e delle costruzioni.

Come fa notare il New Yorker, c’è il rischio serio di veder evaporare la piena occupazione generata soprattutto grazie a un continuo apporto di nuova forza lavoro di origine immigrata.

Viene confermato infine l’elemento più eclatante, ossia l’impegno ad abbassare di un punto le tasse sui ricchi malgrado non solo i democratici ma anche illustri economisti siano convinti che ciò aggiungerà ben 5 trilioni di dollari al debito nazionale.

I dazi

Nella Piattaforma trova spazio anche l’idea di introdurre e in certi casi innalzare i dazi sulle importazioni, penalizzando in particolare quelle cinesi con un prelievo fissato al 60%.

Biden non ha mai cancellato i dazi introdotti dal suo predecessore, ma il piano repubblicano è drastico e radicale in quanto i dazi si applicherebbero non più sui soli 18 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina ma su tutti i 3,4 trilioni di dollari di beni importati da tutto il mondo.

Un’analisi condotta dalle economiste Kimberly Clausing e Mary Lovely ha calcolato che ogni famiglia americana ne risentirà direttamente con un aggravio di spesa di 1.700 dollari che equivarrebbe – sottolineano le autrici dello studio – ad un aumento occulto delle tasse.

Cosa dice Moody’s

Uno studio di Moody’s citato dal New Yorker suggerisce poi che l’inflazione salirà nel 2025 dal 3 al 3,6% a causa dei dazi trumpiani. Ciò costringerà la Fed a mantenere inalterati i tassi di interesse andando contro alle aspettative del mercato.

Secondo Moody’s, che stima anche un aumento della disoccupazione dal 4,1 al 5%, l’economia americana potrebbe, stanti così le cose, addirittura entrare in recessione a metà dell’anno prossimo.

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