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Ecco perché Trump ha scelto Vance come suo vice

Cosa pensa J.D. Vance sul piano economico, perché Trump lo ha scelto e cosa farà una seconda amministrazione repubblicana su temi etici e politica estera. Conversazione di Startmag con Stefano Graziosi, giornalista esperto di Usa, firma di Panorama e La Verità

Donald Trump ha scelto J.D. Vance come candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Una decisione che non ha sorpreso gli osservatori delle vicende americane ma che è comunque notevole, considerato come Vance, prima di trasformarsi in uno dei più accaniti sostenitori dell’ex-presidente, fosse un suo feroce critico: Vance – che ha trentanove anni, è senatore dell’Ohio ed è diventato famoso con il libro Elegia americana – era infatti in origine un repubblicano dalle posizioni moderate, prima di avvicinarsi al trumpismo.

PERCHÉ TRUMP HA SCELTO PROPRIO VANCE?

Ma per quale motivo Trump ha scelto proprio lui? “Dal punto di vista elettorale, l’obiettivo della scelta di Vance alla vicepresidenza è quello di rivolgersi principalmente ai colletti blu della cosiddetta Rust Belt, vale a dire la classe operaia di stati elettoralmente cruciali come la Pennsylvania, il Michigan, il Wisconsin e l’Ohio”, ha spiegato a Startmag Stefano Graziosi, giornalista esperto di Stati Uniti e collaboratore di Panorama e La Verità, che in questi giorni sta seguendo la convention del Partito repubblicano a Milwaukee.

“Dal punto di vista elettorale”, prosegue Graziosi, “il trumpismo ha il suo caposaldo nel tentare di avvicinare il Partito repubblicano alla working class, che è una base elettorale storicamente legata ai democratici ma che dal 2016 a oggi ha progressivamente abbandonato questo partito. Siccome quelli della Rust Belt sono gli stati chiave alle elezioni, è ovvio che con la scelta di Vance Trump vuole dare un segnale molto forte da questo punto di vista”.

Secondo Graziosi, “non c’entra l’aspetto moderato o radicale di Vance: quello che conta è che lui piaccia ai colletti blu di quell’area. In questo senso, Vance è molto distante da Kamala Harris [l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti, ndr], che è invece espressione della sinistra liberal che trova larghi consensi nei ceti altolocati dei grandi centri urbani delle coste ma che non ha molto da dire politicamente a un metalmeccanico del Michigan”.

Se Trump ha scelto proprio Vance “è anche perché fino a qualche anno fa era un suo durissimo critico”, spiega il giornalista. “Trump mostra così di non essere vendicativo, e dimostra agli americani che ci sono persone che sono passate dall’essere sue aspre critiche a suoi sostenitori: è un buon biglietto da visita a livello elettorale”.

IL PENSIERO ECONOMICO DI VANCE

Sul piano economico, Vance ha portato avanti delle posizioni tendenti al protezionismo, soprattutto in chiave anti-cinese, “riprendendo un po’ quelle che furono le posizioni di Trump da presidente. Ma Vance”, precisa Graziosi, “per esempio ha anche auspicato interventi antitrust nei confronti dei grossi colossi del web”: è la linea di Lina Khan, la presidente della Federal Trade Commission nominata da Joe Biden.

“Alcune delle posizioni economiche di Vance vanno inquadrate: negli anni da senatore dell’Ohio, Vance si è ritagliato il ruolo di campione dei colletti blu della Rust Belt, quegli stessi colletti blu che hanno sempre visto con favore – soprattutto in Michigan e Pennsylvania – l’approccio commercialmente duro di Trump nei confronti della Cina. Sono forse la classe sociale che ha subìto maggiormente i danni della concorrenza cinese. Scegliendo un candidato come Vance, che ha questo tipo di posizioni e di profilo, Trump sta corteggiando la working class“, ribadisce Graziosi.

Una working class che peraltro “non è solo bianca, ma è piuttosto variegata dal punto di vista etnico. Dal 2016 Trump ha fatto sì che il Partito repubblicano crescesse tra gli elettori ispanici e afroamericani. Al di là delle questioni etniche, comunque, il nocciolo del messaggio di Trump e Vance è prettamente economico e si rivolge a quello che l’ex-presidente nel 2016, durante il suo discorso per la vittoria, definì forgotten men, ovvero gli uomini e le donne dimenticati dalla globalizzazione. È un’espressione che risale a Nixon, addirittura a Roosevelt”.

L’ABORTO E I TEMI ETICI

“Vance ha posizioni molto nette sulle questioni etiche, ma quello che conta”, evidenzia Graziosi, “è la platform, cioè il programma del Partito repubblicano, presentato qualche giorno fa e che verrà definitivamente sancito alla convention di Milwaukee in corso. In quel programma, per volontà di Trump, si è scelta una linea più soft del solito sui temi etici: è stato tolto ad esempio il riferimento al divieto federale per l’interruzione di gravidanza, perché Trump vuole che l’aborto sia una materia di competenza statale”. Vance la pensa allo stesso modo.

“Trump”, continua il giornalista, “non vuole puntare eccessivamente sulle questioni etiche, potenzialmente divisive all’interno del suo stesso elettorato. La sua linea è quella di mettere al centro le tematiche economico-commerciali e di contrasto all’immigrazione irregolare. L’ex-presidente continua comunque ad avere il sostegno del mondo evangelico, che ha digerito la platform nonostante gli ‘ammorbidimenti’ perché l’alternativa, ossia Biden e Harris, sarebbe peggiore”.

LA POLITICA ESTERA E GLI AIUTI ALL’UCRAINA

Da senatore dell’Ohio, Vance si è occupato principalmente di questioni interne. In politica estera, spiega Graziosi, ha “posizioni di notevole sostegno a Israele, mentre ha avuto qualche malumore nei confronti degli aiuti all’Ucraina: non perché sia filorusso, ma perché la sua posizione è che del dossier russo-ucraino dovrebbe occuparsi maggiormente l’Europa, mentre gli Stati Uniti dovrebbero interessarsi dell’Indo-Pacifico e del ruolo della Cina”.

Secondo Graziosi, un’eventuale seconda amministrazione Trump “potrebbe andare in questa direzione, chiedendo agli alleati europei un maggiore impegno sulla difesa, a partire dalla soglia di spesa del 2 per cento, anche se con modi e toni più morbidi rispetto alle posizioni di Vance. Non è escluso peraltro che Trump possa alzare la richiesta di contributo alla NATO, portandola al 3 per cento: ci sono degli esponenti repubblicani che stanno premendo in questa direzione”.

“Non credo invece”, conclude, “che una nuova amministrazione Trump possa avviare un processo di appeasement nei confronti della Russia: non avrebbe una reale convenienza a farlo. Se infatti Trump cedesse l’Ucraina a Putin, gli Stati Uniti sconterebbero questa decisione in altri scenari, a partire proprio dall’Indo-Pacifico, in quanto una strategia di puro appeasement della Russia aggraverebbe la già precaria situazione della capacità di deterrenza americana nei confronti di Cina, Iran e Corea del nord”.

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