“Addio Milano bella” è il capitolo finale, di una trilogia che, nella forma attraente e multiuso del giallo, Lodovico Festa dedica all’evoluzione di quella particolare comunità umana (stile di vita, usanze, obblighi, speranze, bugie) che fu il Partito Comunista Italiano.
Le date sono importanti: l’avvio della saga è situato nel 1977 quando il Pci è al culmine della sua parabola (nelle politiche del 1976 ebbe il miglior risultato della sua storia), si trova alle soglie del governo e ne indirizza la maggioranza all’interno di un sistema politico ancora solido; la seconda puntata si colloca nel 1984 subito dopo la morte di Berlinguer quando il Pci ingaggia con il Psi di Craxi un feroce scontro che blocca il sistema politico e anche le speranze di ripresa della società italiana; l’ultimo episodio è ambientato nel 1993, il Pci ha cambiato nome e stile ma i suoi eredi cercano ancora di dare al Psi il colpo di grazia, il sistema dei partiti è travolto e al suo posto subentrano magistrati e agenzie speciali.
La trilogia spazia su 15 anni cruciali della nostra vita politica, dalla vigilia del delitto Moro a Mani Pulite ed è una specie di controstoria d’Italia, una riflessione sul fallimento dei partiti – architravi della Repubblica – nel dare indirizzo e speranza a una società che negli anni ’80 mostrava vitalità e spirito d’iniziativa. Il punto di vista è quello dei quadri e dei militanti del Pci, comunità generosa e densa di speranze i cui dirigenti la guidano per sentieri contorti e traversi (il compromesso storico inattuabile per vincoli internazionali; l’odio per il Psi, con l’eccezione della coraggiosa e perdente fazione milanese; la questione morale che sostituisce alla politica il giudizio etico e porta ai disastri della Casta e del grillismo) dando una mano al disastro della politica.
“Addio Milano bella” è il momento di sintesi, il punto in cui si tirano le somme e si scopre – giusto per stare in tema – che la trilogia è una matrioska: il giallo è l’aggancio scenico per raccontare la politica come giostra di sentimenti e ambizioni; il Pci è la comunità messa in scena come luogo della trama ma soprattutto come motore di politica; la controstoria d’Italia è il risultato riflessivo finale.