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Cambridge Analytica, che cosa ha detto Zuckerberg e che cosa rischia Facebook

Spiegazioni, scuse e promesse di Mark Zuckerberg dopo lo scandalo Cambridge analytica che ha coinvolto Facebook. Con l’Antitrust Usa che minaccia una multa fino a 40 mila dollari per ogni utente interessato. Articolo di Giusy Caretto Mark Zuckerberg ha rotto il silenzio, finalmente. Il fondatore di Facebook ha fatto pubblicamente mea culpa, assumendosi tutta la…

Mark Zuckerberg ha rotto il silenzio, finalmente. Il fondatore di Facebook ha fatto pubblicamente mea culpa, assumendosi tutta la responsabilità di quanto è emerso con lo scandalo Cambridge analytica, la più grande violazione di dati nella storia.

Dopo aver chiesto scusa, Zuckerberg ha provato anche a riconquistare gli utenti della piattaforma, promettendo importanti cambiamenti.

LO SCANDALO CAMBRIDGE ANALYTICA

Un’inchiesta di Guardian, Observer e New York Times sostiene che Cambridge Analytica, azienda legata all’ex consigliere del presidente USA Trump, Steve Bannon, avrebbe violato i dati sensibili di oltre 50 milioni di profili Facebook. La società di analisi, che ha collaborato nelle campagne elettorali di Donald Trump e in quella pro-Brexit, avrebbe anche utilizzato i dati dei profili Facebook per creare un potente software al fine di prevedere e influenzare le scelte elettorali degli utenti, con annunci politici personalizzati.

IL POST DI ZUCKERBERG

Dopo giorni di silenzio, Zuckerberg ha fatto un post in cui spiega la sua versione. E lo fa a partire dal 2007, da quando il social ha “consentito alle persone di accedere alle app e condividere chi erano i loro amici e alcune informazioni su di loro”. Si passa poi al 2013 quando “un ricercatore universitario di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha creato un’app per quiz di personalità che è stata installata da circa 300.000 persone che hanno condiviso i loro dati e alcuni dei dati dei loro amici. Considerando come funzionava allora la nostra piattaforma, significava che Kogan era in grado di accedere a decine di milioni di dati dei loro amici”.

“Nel 2014 per prevenire le applicazioni abusive, abbiamo annunciato il cambiamento dell’intera piattaforma per limitare drasticamente tutto questo”: le applicazioni, quella di Kogan compresa, non potevano più chiedere dati sugli amici di una persona a meno che i loro amici non avessero autorizzato l’applicazione. “Abbiamo anche richiesto agli sviluppatori di ottenere un’approvazione da noi prima che potessero richiedere i dati sensibili dalle  persone”.

L’anno successivo, spiega ancora Zuckerberg, “abbiamo appreso dai giornalisti del Guardian che Kogan aveva condiviso i dati della sua app con Cambridge analytica. È contro le nostre politiche che gli sviluppatori condividano dati senza il consenso delle persone, quindi abbiamo immediatamente cancellato l’applicazione di Kogan dalla nostra piattaforma, chiedendo sia a Kogan che a Cambridge analytica di certificare formalmente di aver eliminato tutti i dati acquisiti in modo improprio. E queste certificazioni sono arrivate”.

La storia del numero uno di Facebook, poi, entra nel vivo dello scandalo: “La settimana scorsa abbiamo scoperto grazie al Guardian, al New York Times e Channel 4 che Cambridge analytica potrebbe non aver cancellato i dati come invece aveva assicurato. Abbiamo immediatamente vietato loro di usare i nostri servizi. Cambridge analytica sostiene di aver già cancellato i dati e ha accettato un controllo forense da parte di uno studio che abbiamo attivato per questo scopo. E collaboriamo con chi sta indagando su quanto è successo”.

IL MEA CULPA

“È stata una violazione del rapporto fiduciario tra Kogan, Cambridge analytica e Facebook. Ma anche tra Facebook e le persone che condividono i loro dati con noi e si aspettano che noi li si protegga. Dobbiamo sistemare le cose”, ha commentato Zuckerberg, facendo Mea Culpa. “Sono responsabile di quello che succede sulla nostra piattaforma. Faremo ciò che serve per proteggere la nostra comunità. Impareremo da questa esperienza per garantire ulteriormente il social e rendere la nostra comunità più sicura per tutti. Voglio ringraziare tutti voi che continuate a credere nella nostra missione e lavorare per costruire questa comunità insieme. So che ci vuole più tempo per risolvere questi problemi, ma prometto che ce la faremo e costruiremo un servizio migliore a lungo termine”.

LE PROMESSE PER IL FUTURO

Ma Zuckerberg non ha intenzione di arrendersi e dopo il momento dell’assunzione delle responsabilità arriva quello delle promesse, proprio come avviene nelle più grandi storie d’amore dove uno tradisce l’altro.

Il numero uno di Facebook prende ben 6 diversi impegni:

“Controlleremo la nostra piattaforma. Rivedremo tutte le applicazioni che hanno avuto accesso a una grande quantità di dati, e revisione di quelle con attività sospetta. Se troviamo sviluppatori che hanno abusato delle informazioni di identificazione personale, saranno banditi.
Informeremo le persone sull’uso improprio dei dati. Informeremo le persone delle app che hanno abusato dei loro dati. Quando rimuoveremo un’app per abuso di dati, informeremo tutti coloro che l’hanno usata.
Disattiveremo l’accesso per le applicazioni inutilizzate. Se qualcuno non ha utilizzato un’applicazione negli ultimi tre mesi, interromperemo l’accesso dell’applicazione alle sue informazioni.
Limiteremo i dati forniti quando un’app si collega a Facebook. Stiamo cambiando il nostro login, in modo che nella prossima versione, ridurremo i dati che un’applicazione può richiedere per includere solo nome, foto del profilo e indirizzo e-mail. Per richiedere altri dati sarà obbligatoria la nostra approvazione.
Incoraggeremo le persone a gestire le app che utilizzano. Già mostriamo alle persone a quali applicazioni sono connessi i loro account e controlliamo quali dati hanno permesso a tali applicazioni di utilizzare. In futuro, faremo in modo che queste scelte siano più facili da gestire.
Premieremo le persone che trovano vulnerabilità. Anche le persone potranno segnalarci eventuali abusi dei dati da parte degli sviluppatori di applicazioni”.

LE SCUSE NON BASTANO

Le scuse di Zuckerberg non bastano, ovviamente. E Facebook è finita sotto inchiesta delle autorità di Washington e Londra.

La US Federal Trade Commission, l’Antitrust americana, che è già a lavoro per verificare se l’incidente rappresenta una violazione del decreto del 2011 sulla privacy, ha avviato un’indagine chiedendo alla società di Zuckerberg di spiegare come Cambridge Analytica ha ottenuto l’accesso ai dati personali e perché non ha informato gli utenti. Intanto, secondo le prime indiscrezioni del Financial Times, Facebook rischia una multa fino a 40 mila dollari per ogni utente interessato, 2mila miliardi.

La Commissione parlamentare britannica sulla cultura, i media e il digitale, invece, si sente “ingannato” e ha chiesto a Zuckerberg di comparire per un’audizione.

Anche Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento, è intervenuto sulla questione. “Abbiamo invitato Zuckerberg al Parlamento europeo – ha scritto su Twitter – Facebook chiarisca davanti ai rappresentanti di 500 milioni di europei che i dati personali non vengono utilizzati per manipolare la democrazia”.

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