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Web Tax

Web tax, favorevoli e contrari sulla tassa ai giganti di Internet

L’Italia intende proporre al G7 delle Finanze l’introduzione di una Web tax a livello comunitario. E trova il favore di Francia, Germania e popolo italiano   In Italia si torna a parlare di Web tax, la tassa che dovrebbe costringere i giganti dell’economia a pagare il fisco nei Paesi in cui fatturano. L’Italia sarebbe pronta…

L’Italia intende proporre al G7 delle Finanze l’introduzione di una Web tax a livello comunitario. E trova il favore di Francia, Germania e popolo italiano

 

In Italia si torna a parlare di Web tax, la tassa che dovrebbe costringere i giganti dell’economia a pagare il fisco nei Paesi in cui fatturano. L’Italia sarebbe pronta a chiedere la sua introduzione all’Ue durante il prossimo G7 delle Finanze, in programma a Bari dall’11 al 13 maggio 2017.

L’idea trova il favore di Francia e Germania, ma divide, in realtà la politica nostrana. I cittadini, invece, non sembrano per dubbi: la Web tax ci vuole, basta che non abbia conseguenze sui consumatori.

Ad esser precisi, comunque, la tassa sulla digital economy, anche ribattezzata Google Tax o digital Tax,non è proprio una novità per il Bel Paese: era stata introdotta dal Governo Letta con la Legge di Stabilità 2013, ma poi eliminata dal subentrato premier Matteo Renzi con uno dei decreti salva-Roma nell’anno successivo. Ma andiamo per gradi.

Cosa è la Web tax

Partiamo con il dire che la Web tax è una tassa a contrastare il fenomeno dell’elusione fiscale dei giganti del web. Dunque, la nuova norme dovrebbe introdurre a livello comunitario delle nuove linee guida a livello fiscale che obbligherebbero tutti gli operatori del mercato digitale ad aprire una partita Iva nel Paese in cui fatturano.

Un cambiamento importante, soprattutto, se si pensa che la normativa vigente prevede che queste società possano avere una sola sede legale in Europa.

Una norma che ha favorito Tax ruling, il meccanismo in base al quale un paese spiega ad una multinazionale quale trattamento fiscale avrà (o le sarà riservato) in anticipo, delineando una sorta di accordo. L’importo della tassazione che dovrà essere applicato è al momento sconosciuto.

Quanto ci guadagna l’Italia?

Tanto. Almeno secondo i calcoli realizzati dalla dalle principali associazioni dei consumatori, firmatarie e promotrici della campagna online Digital Tax anche in Italia lanciata sulla piattaforma progressi.org.

Con una aliquota pari al 20%, infatti, lo Stato italiano incasserebbe circa 3 miliardi di euro (cifra che rriva a 50-70 miliardi se si pensa all’Europa). Il nuovo gettito potrebbe abbassare la pressione fiscale delle imprese italiane e introdurre nuove misure di assistenza per le fasce più svantaggiate della popolazione.

Gli italiani la vogliono

I cittadini italiani vogliono la Web tax. Ad esser favorevole all’introduzione di una tassazione per i giganti del web è il 55% della popolazione, come è stato riportato nel primo Diario dell’innovazione Agi-Censis “Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale” presentato al Maxxi di Roma in occasione dell’#internetday.

A dirla tutta, si è favorevoli alla Digital Tax solo nel caso in cui non ci siano eventuali ricadute finali sugli utenti.

E allora la proposta che farà l’Italia al G7 sembra godere “dei consensi della maggior parte degli italiani. Bisogna però considerare che il 27,6% degli intervistati ritiene che la questione non possa o non vada affrontata a livello nazionale ma che vada demandata a un livello sovranazionale come l’Unione Europea”, riporta il Diario dell’Innovazione. Inoltre, bisogna registrare anche la posizione – minoritaria nel Paese ma maggiormente sentita dalle giovani generazioni (27,5%) – di chi pensa che una legge del genere possa rivelarsi dannosa riverberandosi sui costi dei servizi web per l’utente finale”, si legge nel Diario dell’Innovazione.

La Web tax divide i candidati alle primarie del PD

Se è vero che la maggior parte degli italiani sembra esser favorevole all’introduzione di una web tax, è anche vero che la questione divide i politici. Quelli di sinistra, in particolare, come è emerso dal confronto Tv (su skay Tg24) tra Michele Emiliano, Andrea Orlando e Matteo Renzi, i tre candidati a ricoprire il ruolo di segretario del PD.

E alla domanda su cosa pensano di “una decisione unilaterale dell’Italia che obblighi i colossi del web a pagare le tasse per le loro attività nel nostro Paese?”, i candidati hanno risposto in modo diverso.

In parte sì, ma bisogna stare attenti a che non rimanga una scelta isolata perché sono convinto che così rischiamo che gli Over the Top vadano via dall’Italia”, ha affermato Emanuele Orlando. “Noi dobbiamo costruire l’unione fiscale e questo è un obiettivo che ci dobbiamo dare perché questi non soltanto non pagano le tasse ma impongono anche i prezzi a chi produce, invece è più importante l’autore e non chi distribuisce l’opera o un servizio digitale”, ha aggiunto Emanuele Orlando.

Sono contrario a una web tax solo italiana perché alla fine ci fregano e se ne vanno da un’altra parte”, ha invece affermato Matteo Renzi, convinto che una decisione unilaterale dell’Italia possa avere ricadute poco piacevoli. “Sono d’accordo con Orlando, ci vuole un’unione fiscale europea. Dunque o si fa a livello europeo o saremmo penalizzati come Paese, non solo a livello fiscale ma anche occupazionale”.

Convinto che l’Italia debba invece introdurre una web tax anche senza il favore dell’Ue è Michele Emiliano.

Renzi cancellò con un tweet questa proposta di legge del Governo Letta perché, secondo lui, è un tema di competenza dell’Unione europea, ma poi non ha fatto nulla per perseguire un accordo europeo per fare pagare le tasse alle multinazionali del web”, ha affermato il Governatore di Puglia.

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