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Disinformazione Twitter

La disinformazione non è più affare di Twitter (in Europa, per ora)

“Si può scappare, ma non ci si può nascondere”. Così il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, ha ammonito Elon Musk, che con Twitter ha abbandonato il Codice di condotta sulla disinformazione dell’Unione europea. Ma al miliardario conviene davvero fare il bulletto con l’Europa?

 

Twitter ha abbandonato il Codice di condotta sulla disinformazione dell’Unione europea a cui aderiscono le maggiori aziende tech come Google, Meta e TikTok. Ma il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, ha comunque ricordato gli impegni che tutte le società sono chiamate a rispettare secondo il Digital Services Act (Dsa), che dal 25 agosto renderà la lotta alle fake news un obbligo giuridico.

COSA PREVEDE IL CODICE DI CONDOTTA CONTRO LA DISINFORMAZIONE

A differenza del Dsa, il Codice di condotta sulla disinformazione è volontario ed è il risultato del lavoro svolto dai firmatari, che decidono quali impegni sottoscrivere e attuare.

Tra gli obiettivi figurano: demonetizzare la diffusione della disinformazione, garantire la trasparenza della pubblicità politica, responsabilizzare gli utenti, migliorare la cooperazione con i fact-checker e fornire ai ricercatori un migliore accesso ai dati.

LE AVVISAGLIE

La notizia che Elon Musk abbia voluto lasciare il Codice di condotta sulla disinformazione, tuttavia, non è un fulmine a ciel sereno. Da quando nell’ottobre del 2022 è diventato proprietario di Twitter, per abbattere i costi, non ha perso tempo a chiudere interi reparti, tra cui quelli responsabili della moderazione globale dei contenuti.

Ha anche eliminato l’accesso gratuito degli sviluppatori di terze parti all’interfaccia di programmazione delle applicazioni di Twitter, ovvero la possibilità per i piccoli creatori di contenuti di pubblicare il loro lavoro e ottenere un pubblico più vasto. E questo è in contrasto con il Codice di condotta Ue.

Ma come osserva Quartz, a Musk non è mai importato molto di rispettarlo.

MUSK, ALUNNO DISCOLO

Il patron di Tesla, Space X, Neuralink e chi più ne ha più ne metta si era già dimostrato un alunno non certo modello quando lo scorso febbraio aveva presentato un rapporto abbastanza deludente circa la conformità del social al Codice. L’Ue lo aveva ammonito, ma il fatto che ora lo abbandoni del tutto dimostra quanto può interessargli.

“Sono delusa nel vedere che la relazione di Twitter è in ritardo rispetto alle altre”, aveva dichiarato Věra Jourová, vicepresidente dell’Ue per i valori e la trasparenza, la quale aveva aggiunto di aspettarsi “un impegno più serio nei confronti degli obblighi derivanti dal Codice”.

Oltre a essere in ritardo, il documento fornito dall’azienda era anche molto più breve, povero di dati e con importanti lacune nelle informazioni rispetto a quelli presentati da altre piattaforme. Solo 80 pagine contro le 150-200 di altre Big Tech.

LE AZIENDE CHE ADERISCONO AL CODICE

Il Codice di condotta dell’Ue ha 38 firmatari, tra cui Google, Meta, TikTok, Microsoft, Vimeo, Adobe, Clubhouse, diverse Ong, organizzazioni di fact-checking, aziende di software e il sito italiano Pagella Politica.

Tutte loro a febbraio hanno ugualmente presentato i loro primi rapporti in cui illustravano i passi compiuti per attuare diversi impegni e misure previsti dal Codice, tra cui le campagne di disinformazione legate alla guerra in Ucraina e alla pandemia.

ELON, DOVE CREDI DI ANDARE?

A strigliare Musk però è arrivato Breton che proprio con un cinguettio ha detto: “Twitter lascia il Codice di condotta volontario dell’Ue contro la disinformazione. Ma gli obblighi rimangono. Si può scappare, ma non ci si può nascondere. Al di là degli impegni volontari, la lotta alla disinformazione sarà un obbligo legale ai sensi del #DSA [Digital Services Act] a partire dal 25 agosto. La legge impone a più di una dozzina di piattaforme di questo tipo di rispettare gli obblighi”.

PERCHÉ A TWITTER CONVIENE RISPETTARE LE REGOLE

Tuttavia, a Musk non conviene mettersi contro l’Ue perché la violazione del Dsa di cui parla Breton comporterà multe fino al 6% del fatturato annuo globale, oltre che la perdita di milioni di utenti in caso di gravi e ripetute inadempienze non nuove all’azienda.

Ma visto che con Musk non si può mai sapere, staremo a vedere se intraprenderà questa costosa battaglia – considerando anche che per il mese di dicembre 2022 Twitter ha registrato un calo di circa il 40% rispetto all’anno precedente sia per quanto riguarda i ricavi che gli utili rettificati.

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