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Twitter, ma quale sicurezza? Telefoni e mail usati per fare pubblicità. Il commento di Rapetto

Twitter ammette di aver scoperto che indirizzi email e numeri di telefono forniti dagli iscritti potrebbero essere stati “inavvertitamente” utilizzati per scopi ben diversi dai dichiarati “motivi di sicurezza”.  Il commento di Umberto Rapetto

 

Twitter chiede scusa, ma lo fa sottovoce.

Ammette di aver scoperto che indirizzi email e numeri di telefono forniti dagli iscritti potrebbero essere stati “inavvertitamente” utilizzati per scopi ben diversi dai dichiarati “motivi di sicurezza” (ad esempio per l’autenticazione a due fattori).

Quelle informazioni personali sarebbero state sfruttate a fini pubblicitari e – come dice lo stesso servizio di assistenza del social network – “in particolare nel nostro sistema di pubblicità con tailored audience e partner audience”.

La circostanza è descritta in una goffa pagina (che naturalmente bisogna andarsi a cercare perché non messa in debita evidenza e rintracciabile dopo un faticoso free-climbing telematico quasi fosse una rarissima stella alpina del web) intitolata “Informazioni personali e annunci su Twitter”.

L’introvabile ma suggestivo comunicato spiega – per chi fosse curioso di saper qualcosa in più sul funzionamento dell’universo del cinguettio digitale – cosa sono le “Tailored Audiences” ovvero le dinamiche di selezione “sartoriale” dei destinatari di messaggi promozionali.

Si tratta di una “variante di un prodotto standard nel settore”, che permette ai diversi inserzionisti di creare proprie liste di marketing – personalizzate appunto con indirizzi di posta elettronica o numeri di telefono cellulare – su cui basare la precisa individuazione del target per gli annunci promozionali. In termini pratici, Twitter riconosce che (guarda le combinazioni della sorte!!!), “una volta caricata la lista di marketing di un inserzionista, potremmo aver abbinato le persone su Twitter alla lista degli inserzionisti in base all’email o al numero di telefono fornito per motivi di sicurezza dall’utente”.

Analoga questione riguarda le “Partner Audiences”, le procedure che consentono simili possibilità di azione con i dati forniti da “terze parti” ovvero dalla rete di soggetti esterni con cui Twitter si relaziona per la fornitura di servizi o per esigenze di supporto.

Il comunicato (a chi, visto che bisogna andarselo a cercare?) mira a rassicurare gli utenti perché riporta che “A partire dal 17 settembre abbiamo risolto il problema che ha causato questo evento e non stiamo più utilizzando a fini pubblicitari i numeri di telefono o gli indirizzi email raccolti per motivi di sicurezza”.

Quel “non stiamo” (presente indicativo) collide con i precedenti “potrebbero” e “potremmo” che in forma condizionale lasciavano un briciolo di speranza a chi, invece, deve accontentarsi del “non lo faccio più”.

E’ poi curioso che, dopo aver ammesso l’impiego di email e numeri di telefono a vantaggio degli inserzionisti, Twitter voglia precisare che “Non sono stati condivisi dati personali con nessuno dei nostri partner”.

Il pathos giunge al suo culmine quando in fondo alla pagina si legge “Siamo davvero spiacenti per l’accaduto e stiamo facendo tutto il possibile per non commettere più un errore di questo tipo”.

Un errore?

Cosa? Un errore?!?!?!

Un uso indebito di dati personali in difformità dalle finalità dichiarate (le famose ragioni di sicurezza) mi sembra – ma forse conosco poco la disciplina in materia di privacy… – combaci con una violazione alla disciplina vigente in materia di tutela delle informazioni che ci riguardano. Altro che errore.

Infine, commosso da quello “Stiamo facendo tutto il possibile”, mi permetto di far presente che è sufficiente “non fare” quel che le leggi vietano e che la correttezza non si sognerebbe mai di intraprendere.

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