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Tutti i rivolgimenti in casa WeWork provocati da SoftBank

Il cofondatore di WeWork, Adam Neumann, si è dimesso dalla carica di ceo. Si tornerà a parlare di Ipo per la startup statunitense che offre spazi di co-working?

C’era da aspettarselo. Dalla riunione del cda di lunedì Adam Neumann, per un decennio co-fondatore e ceo di We Company — parent company di WeWork — ne è uscito senza la carica. Dopo il disastroso tentativo di quotarsi in Borsa questo mese, gli investitori privati — SoftBank in cima — hanno reclamato la testa del ceo. Ecco i dettagli sulla società americana che fornisce spazi di lavoro condivisi.

AL POSTO DI NEUMANN

Adam Neumann diventerà il presidente non esecutivo della società. Il cda della compagnia ha nominato Artie Minson, direttore finanziario e copresidente, e Sebastian Gunningham, il suo vicepresidente, co-ceo.

TUTTI I CAMBIAMENTI DECISI

Altra decisione rilevante: il potere di voto dell’ex ceo è stato ridotto da 20 voti per azione a solo 3 per azione secondo il New York Times. We Company sta inoltre apportando ulteriori modifiche per garantire che Neumann possa assumere il controllo del consiglio in futuro. Anche sua moglie e co-fondatrice, Rebekah Paltrow Neumann, secondo Bloomberg ha rinunciato a titoli e ruoli nella società.

PER LA GIOIA DI MASAYOSHI SON

A reclamare la testa dell’eccentrico fondatore della startup di condivisione uffici è stato soprattutto Masayoshi Son, ceo del colosso-fondo SoftBank, nonché principale azionista di WeWork.

SoftBank sperava che l’Ipo prevista a settembre avrebbe rafforzato i suoi profitti tanto che a gennaio ha investito in We Company con una valutazione di  47 miliardi di dollari. Tuttavia lo scetticismo degli investitori in borsa ha spinto i consulenti a valutare l’Ipo di WeWork soltanto 15 miliardi di dollari, meno di un terzo della valutazione che la società ha stabilito grazie al finanziamento di SoftBank quest’anno. Mr Son, di fronte a questa svalutazione, era alla ricerca di un colpevole.

RIVEDERE IL MODELLO DI BUSINESS

Anche il modello di business dell’azienda ha dovuto affrontare seri dubbi dopo che è diventato chiaro che WeWork sta bruciando denaro. Lo scorso 14 agosto la società ha presentato i documenti per il suo collocamento azionario iniziale a Wall Street. Ed è qui che sono sorti i nodi al pettine. Se da una parte We Company sta crescendo rapidamente, dall’altra la società non è ancora redditizia dopo un decennio. Nonostante abbia registrato ricavi per 1,54 miliardi di dollari, WeWork ha fatto registrare una perdita di 900 milioni nei primi sei mesi di quest’anno. Le perdite sono più alte del 25% rispetto a quelle dello scorso anno (anno chiuso con perdite pari a 1,9 miliardi di dollari). Ne è emerso che nella prima metà del 2019, l’azienda ha speso un dollaro per ogni dollaro generato. “Senza nuovi finanziamenti o minori spese, la quantità di denaro che WeWork può spendere liberamente potrebbe ridursi a 400 milioni di dollari entro il prossimo marzo da 1,9 miliardi di dollari”, ha scritto The Information.

ANCHE SOFTBANK NON SE LA PASSA MEGLIO

Con Neumann o senza Neumann, per Masayoshi Son è stato comunque un bene allontanare un’Ipo poco fruttuosa. SoftBank sta già affrontando il flop del debutto in Borsa di Uber, di cui è investitore tramite il fondo di investimenti tecnologico Vision Fund. SoftBank ha perso circa 600 milioni di dollari da quando le azioni della ride-sharing company sono diminuite, secondo i rapporti.

Sempre quest’anno Vision Fund ha investito in un altro unicorno tecnologico, Slack l’app di chat per l’ufficio che non ha fatto meglio di Uber. Dopo l’Ipo in giugno, le azioni di Slack sono diminuite infatti del 30%.

IL FUTURO PROSSIMO DI WEWORK

Ma WeWork ha bisogno comunque di denaro perciò si tornerà a parlare di Ipo. Anche con il cambio di leadership, non è chiaro se We Company diventerà pubblica nel breve periodo. In una nota congiunta, Minson e Gunningham hanno dichiarato: “il nostro core business è forte e intraprenderemo azioni chiare per bilanciare l’alta crescita, la redditività e l’esperienza unica dei membri di WeWork, valutando al contempo i tempi ottimali per un’Ipo”.

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