Mettete da parte l’entusiasmo del far parte di un esclusivo circolo virtuale. Se invece nessuno vi ha invitato a entrare in “Clubhouse” brindate al pericolo scampato.
L’applicazione che nelle ultime settimane ha appassionato i “bon vivant”, quelli che sanno prendere il meglio dalla vita di tutti i giorni, comincia a profilarsi come una discreta fregatura.
COS’È CLUBHOUSE
La piattaforma più di moda tra la popolazione connessa online è strutturata in stanze virtuali, i cui ospiti possono scambiarsi messaggi vocali sotto la supervisione di un “amministratore” che ha il compito di gestire le persone e i loro interventi. Le stanze sono un’infinità e ognuna di queste è caratterizzata da conversazioni su questo o quel tema che offrono intrattenimento su diversi argomenti che spaziano dalla musica alla politica, dalle tecnologie agli spettacoli, dagli appuntamenti alle questioni di attualità.
I vecchi della Rete la trovano somigliante – anche se in formato audio – all’ormai dimenticato “Geocities” (defunto nel 2009) che agli albori di Internet costituiva una opportunità di aggregazione dando la possibilità di “prendere casa” nell’immaginaria via (con tanto di numero civico) corrispondente alle proprie passioni (“CapitolHill” per la politica, “NapaValley” per l’enogastronomia, “Area51” per Ufo e complotti, “WallStreet” per affari e finanza, “TimesSquare” per i videogames, “Fashion Avenue” per la moda, “WestHollywood” per l’universo LGBT, “SoHo” per arte e letteratura, “CapeCanaveral” per scienza e spazio, “SouthBeach” per appuntamenti e occasioni mondane, “Rodeo Drive” per lo shopping e il luxury, e così via”).
In Clubhouse le stanze prevedono un moderatore, uno o più speaker, la platea degli ascoltatori che comunque possono interagire chiedendo la parola. L’impressione collettiva è quella di far parte di un cenacolo esclusivo e il solo averne accesso è gratificante per chi annaspa per far parte – anche solo digitalmente – della “buona società”.
DOV’È LA FREGATURA?
L’alone di mistero tipico delle manovre commerciali si è rapidamente dissolto, il numero degli “affiliati” ha preso a crescere in un rapido processo di proletarizzazione dell’iniziativa, l’assembramento ha cominciato a diventare la regola, i curiosi e i malintenzionati hanno iniziato a varcare la soglia. A quest’ultimo proposito, quelli dello Stanford Internet Observatory sono certi che le “brutte persone” ci fossero già dal primo giorno…
I dodici miliardi di dollari di investimento di Andreessen Horowitz e compagni ha permesso alla Alpha Exploration di sviluppare il nuovo social in collaborazione con l’azienda cinese “Agora” e ha consentito agli utenti (ormai oltre due milioni) di chiacchierare in libertà e – a quanto pare – di esporsi più del dovuto.
Il sistema – basato su soluzioni crittografiche obsolete – trasmetterebbe “in chiaro” una serie di “metadati” identificativi dell’utente rendendo, per i curiosi e i malfattori, molto trasparente il soggetto che si serve di Clubhouse.
Siccome questo social è di carattere sonoro, tra i punti deboli ci sono il microfono e quel che viene detto nel corso delle discussioni. Se è vera la possibilità – da parte di malintenzionati pur estranei al novero degli utenti ma comunque all’ascolto – di registrare le chiacchiere fatte, la situazione non è certo allegra.
A questo va aggiunto (e certo non tranquillizza) che la partnership tra gli sviluppatori e la Agora (che ha sede a Shangai) costringe il traffico di tutti i dati ad essere instradato su server cinesi che – nonostante la grande mole di informazioni in transito – potrebbero filtrare e selezionare le cose più interessanti e accontentare la committenza (Servizi, industria, politica….) più esigente.
La scelta di realizzare Clubhouse con un fornitore di servizi cinese è segno di una certa leggerezza (la fretta e il risparmio sono pessimi consiglieri), perché non tiene conto dei vincoli che il “socio” è tenuto a rispettare a proposito di sicurezza nazionale e cyber. In poche parole Agora è a disposizione delle proprie Autorità governative per fornire ogni informazione utile a fini giudiziari, di difesa dello Stato e di intelligence.
Più che in un riservatissimo circolo di elite, c’è così il rischio di trovarsi in un torbido ritrovo di scambisti all’aperto con un pubblico inaspettato e soprattutto pronto a rivendersi o a divulgare quel che ha origliato senza particolari sforzi.
Articolo pubblicato su infosec.news