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Perché il tax free digitale è al palo?

L’approfondimento di Alessandro Albanese Ginammi Tra le varie bizzarrie legislative sul digitale introdotte dal Pd nella scorsa ​legge di ​Stabilità si nasconde una proroga di quasi un anno al tax free digitale. Il tema del tax free, sebbene sia poco conosciuto, è molto importante per il turismo nel nostro Paese, sottolineano gli addetti ai lavori:…

Tra le varie bizzarrie legislative sul digitale introdotte dal Pd nella scorsa ​legge di ​Stabilità si nasconde una proroga di quasi un anno al tax free digitale.

Il tema del tax free, sebbene sia poco conosciuto, è molto importante per il turismo nel nostro Paese, sottolineano gli addetti ai lavori: riguarda gli acquisti di beni che i clienti stranieri hanno diritto ad effettuare senza Iva. Basti pensare ai dati sul turismo e al fascino dello shopping in Italia per capire quanto il tax free sia ​rilevante per l’economia italiana.

Una possibilità che è tuttavia ​ostacolata da un farraginoso sistema burocratico fatto di fogli, procedure, timbri e code, lamentano gli operatori del settore. Per intenderci, se vedete in aeroporto una fila di centinaia di viaggiatori asiatici o arabi, stanno cercando di riprendersi i loro soldi dal tax free – e probabilmente non ce la faranno.

La digitalizzazione intrapresa anni fa dai nostri vicini Francia e Spagna,​ insieme​ alle innumerevoli frodi (con i nostri doganieri complici) che hanno danneggiato per milioni l’erario italiano, già tre anni fa​ ​aveva​no​ spinto il legislatore a prevedere un sistema di dogana digitale unito alla fatturazione elettronica, tema cardine dell’Agenda Digitale del Paese.

Insomma il tax free doveva essere il fiore all’occhiello della Pubblica amministrazione digitale, ma ovviamente è finito fanalino di coda. Se la Stabilità ha ​spostato l’entrata in vigore della riforma al 1 settembre 2018 per “dare più tempo ai commercianti di adeguarsi” – dicono dall’Agenzia delle Dogane, responsabile del settore – nulla invece ha fatto l’Agenzia stessa per avviare intanto il sistema.

Il motivo? Da un anno manca la firma del direttore a un atto burocratico, una sorta di circolare che dica “sì, si fa” in modo ufficiale. Perché in Italia, oltre alla legge, poi c’è anche la sua applicazione, che diventa una nuova discussione legislativa con tanto di “sintesi politica”, che fino ad oggi è stata l’immobilismo.

Teresa Alvaro, dirigente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, aveva assicurato che entro la fine di aprile tutto sarebbe stato finalmente pronto per il via. ​Poi n​on ha più risposto a​lla​ richiesta di commenti​ sul rischio di un nuovo ritardo burocratico. Riuscirà a mantenere la promessa? Intanto maggio è già iniziato.

La data dell’1 settembre 2018 si avvicina inesorabilmente e i commercianti restano confusi. C’è chi scommette, malignamente, che si farà nulla fino al 2020.​ ​L’unica ​​certezza è che​ burocrazia e digitale camminano a velocità diverse.​​ E sarebbe buona cosa che fosse la burocrazia a correre dietro al digitale e non il digitale a rallentare per aspettare la nostra Pubblica amministrazione.

Non resta che augurarsi un governo che il digitale, in tutte le sue forme, lo faccia applicare alla svelta, invece che rimandarlo di qualche lustro.

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