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Le ultime trumpate di Biden contro la Cina sui chip

Gli Stati Uniti hanno imposto nuove restrizioni al commercio con la Cina di macchinari per i chip e di memorie a grande ampiezza di banda. Tutti i dettagli.

Gli Stati Uniti hanno imposto nuovi controlli alle esportazioni in Cina in modo da ostacolarne ulteriormente gli sforzi per lo sviluppo di un’industria avanzata dei microchip, necessari a loro volta per il progresso tecnologico, economico e militare.

IN COSA CONSISTONO LE NUOVE RESTRIZIONI

Queste nuove restrizioni riguardano gli apparecchi per la manifattura di semiconduttori e interessano tutte le aziende – sia statunitensi che straniere – che utilizzano tecnologie americane nei loro macchinari. Washington, inoltre, ha vietato la vendita in Cina di memorie a grande ampiezza di banda (o Hbm, da high bandwidth memory): si tratta di componenti necessari per i chip che alimentano i sistemi di intelligenza artificiale.

Più nello specifico, gli Stati Uniti hanno sottoposto a controlli ventiquattro tipologie di apparecchi di chipmaking precedentemente non soggette a restrizioni. Il Financial Times ha scritto che il governo americano ha esentato il Giappone, i Paesi Bassi e altre nazioni europee – non la Corea del sud, però – dalla foreign direct product rule, la norma che colpisce tutte le aziende di paesi terzi che utilizzano tecnologie americane nei loro prodotti. Sia Tokyo che Amsterdam, tuttavia, imporrano a loro volta dei controlli all’export in Cina.

La foreign direct product rule prende di mira anche quelle aziende statunitensi di apparecchiature per i chip, come Applied Materials e Lam Research, che hanno delocalizzato la produzione all’estero, per esempio a Singapore o in Malaysia, in modo da poter continuare a commerciare con i cinesi.

SI ALLUNGA LA “LISTA NERA” DEL DIPARTIMENTO DEL COMMERCIO

A detta della segretaria al Commercio Gina Raimondo, queste restrizioni rappresentano “i controlli più forti mai attuati dagli Stati Uniti per ridurre la capacità della Repubblica popolare cinese di produrre i chip più avanzati che utilizza per la sua modernizzazione militare”.

Il dipartimento del Commercio, inoltre, ha aggiunto centoquaranta società cinesi alla cosiddetta entity list, cioè la “lista nera” contenente tutti quei soggetti con i quali non si può commerciare liberamente. Tra le aziende cinesi soggette a restrizioni ci sono Huawei, Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic) e vari gruppi che realizzano strumenti di chipmaking.

Pare – così riporta il Financial Times – che ci sia stato un dibattito acceso all’interno dell’amministrazione di Joe Biden in merito all’inserimento delle fabbriche di Huawei nella entity list: dato che molti di questi stabilimenti non sono ancora operativi, non è chiaro se saranno destinati alla manifattura di microchip avanzati (e dunque “sensibili” per la sicurezza nazionale).

Nonostante la durezza sottolineata dalla segretaria Raimondo nella sua dichiarazione, poi, uno dei principali produttori cinesi di memorie a grande ampiezza di banda – cioè Cxmt – è rimasto fuori dalla “lista nera” e quindi potrà continuare a ricevere i macchinari.

– Leggi anche: Metalli, la Cina manda un messaggio a Trump con i controlli all’export?

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