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Spazio: ma l’Italia che fa?, e dove va?

È sperabile che il prossimo delegato allo Spazio del Governo di centrodestra abbia chiara la reale situazione del settore spaziale in Italia e non si faccia abbagliare da proposte solo apparentemente di prestigio. L’intervento del professor Ezio Bussoletti, ex vicepresidente Asi

 

Dal 20 al 22 novembre, a Parigi, si terrà la Conferenza Ministeriale in cui i ventidue paesi membri dell’Agenzia spaziale europea (Esa) dovranno decidere cosa e quanto finanziare per il prossimo triennio del piano faraonico di attività che è stato presentato dal Direttore Generale dell’Agenzia Aschbacher.

Per il prossimo triennio propone un inviluppo complessivo di 18,5 miliardi di euro, il 30% in più rispetto agli impegni concordati in occasione della precedente Ministeriale di Siviglia, che è stata di 14,4 miliardi.

Di rimando, se non ricordo male, il ministro Colao a suo tempo aveva lanciato l’idea che l’Italia impegnasse una cifra tra i 3 e i 4 miliardi, tra il 50% e il 100% maggiore dei 2,2 miliardi di euro decisi nel 2019.

Queste cifre e i relativi programmi sono nati in un contesto politico pacifico quando nessuno poteva nemmeno immaginare l’attacco russo all’Ucraina né tantomeno che l’escalation in corso avrebbe provocato i danni e la crisi economica e sociale che si sta sviluppando in Europa.

La sensazione chiara, che ho da tempo e che si sta rafforzando visti gli eventi, è che a decidere effettivamente le cifre da investire saranno i ministeri dell’Economia dei singoli paesi con la certezza che vi sarà ragionevolmente maggiore attenzione a confermare gli impegni per progetti in atto e molto meno verso nuove imprese per quanto belle siano. Posizione peraltro ragionevolissima vista la situazione e l’oscurarsi ulteriore del futuro grazie ai comportamenti assunti dal capo del Cremlino.

In questo contesto, che mi aspetto diventi sempre più agitato, a Parigi nel corso delle negoziazioni l’Italia, per ora, non si presenta con le spalle solide e rischia di compiere errori che in breve mostreranno i danni che hanno prodotto.

Con la caduta del Governo e le ultime iniziative del Ministro Colao fuori tempo massimo e che gli sono costate la pesante bocciatura politica di un COMINT convocato 5 giorni prima del voto dove erano presenti solo tre membri su 13 con diritto di voto, il risultato è che esiste soltanto una bozza di documento preparatorio per la Ministeriale non approvato dalla maggioranza politica uscente con una lista di proposte piuttosto frastagliata e priva di qualunque gerarchizzazione di merito.

In più non è nemmeno indicato con chiarezza l’intenzione di confermare il sostegno almeno a quei programmi già operativi o in fase di realizzazione.

Un ulteriore problema nasce dal posizionamento italiano al riguardo di quale scelta fare nella richiesta di leadership nei Direttorati; oggi ne abbiamo solo uno, anche se molto importante, quello sulle Osservazioni della Terra diretto dalla Dottoressa Simonetta Cheli. Come terzo contributore ce ne spetterebbe almeno un altro ma qui è importante fare molta attenzione dove indirizzare la nostra richiesta.

A Parigi Aschbacher informerà i delegati di quale sia la sua scelta dei Direttori per le due posizioni messe a bando un mese fa: ESTEC e la Scienza. Sulla prima posizione Paolo Chersei su questo giornale ha illustrato le motivazioni per le quali l’Italia non potrebbe avere l’assegnazione di ESTEC anche tenendo conto, a quanto è dato sapere, del non elevato livello competitivo di qualche candidato italiano.

Il rischio, e parlo specificatamente di rischio, è che ci siano in corso manovre per cercare di avere un italiano a capo del Direttorato della Scienza. Ove questo accadesse, chiunque fosse il prescelto, si tratterebbe, a mio avviso, di un grave errore.

Il motivo è semplice: per Statuto dell’Esa il finanziamento delle attività del Direttorato è vincolato ai contributi obbligatori che ogni paese membro è tenuto a versare. Nel 2022 i fondi a disposizione sono di 564 milioni e sono previsti salire, soltanto per una compensazione dell’inflazione programmata, al massimo nel 2025 a 654 milioni annui; tutte cifre non particolarmente elevate. Ogni tentativo di rimpinguare il bilancio della Scienza in maniera rilevante è stato già bocciato a larga maggioranza dal Council. Questa situazione oggettiva fa sì che il potere decisionale e negoziale di un Direttore, visto da molti nelle delegazioni più come uno scienziato “figurina di rappresentanza”, è piuttosto limitato e certamente molto al di sotto di quello dei colleghi che gestiscono programmi opzionali in cui la presenza industriale di un paese è strategica e frutto di delicate negoziazioni da sempre.

In più non bisogna nemmeno cadere nell’errore ingenuo per il quale, data la grande posizione di leadership scientifica degli scienziati italiani, avere in Esa il Direttorato della Scienza è un riconoscimento formale della situazione. La nostra leadership è consolidata e riconosciuta internazionalmente e non necessita di un ulteriore supporto interno all’ente perché è già intrinsecamente competitiva.

Viceversa è opportuno che l’attenzione governativa si indirizzi verso la richiesta di ottenere uno degli altri Direttorati molto più interessanti per peso economico, potere politico e capacità di sostegno all’industria. I primi scadranno tra marzo e dicembre 2023: rispettivamente Affari Legali e Operazioni. Data la situazione complessiva è molto probabile che anche quelli in scadenza nel 2024 — Esplorazione Umana e Robotica, Lanciatori, Telecom e Applicazioni — rientreranno nel calderone del negoziato tra le delegazioni a novembre.

È in questo contesto che sarebbe opportuno che l’Italia si orienti scegliendo la casella manageriale che meglio le serve anche perché i nostri storici competitori, Francia e Germania, si sono mossi da tempo a differenza delle iniziative spot che si sono susseguite nel corso dell’ultimo anno di governo senza prestare la dovuta attenzione a questo specifico filone che è invece strategico per gli interessi industriali nazionali.

È sperabile che il prossimo delegato allo Spazio del Governo in costruzione abbia chiara la reale situazione e non si faccia abbagliare da proposte solo apparentemente di prestigio ma, di fatto, economicamente e politicamente irrilevanti. Dipenderà anche molto dalla scelta dei collaboratori che saprà scegliersi; quello che è successo nel corso degli ultimi dieci anni, tra  pseudo vittorie trasformatesi in sonanti sconfitte, errori nella scelta di candidati, programmi imbarazzanti lanciati con colpevole leggerezza e lo stato in cui versa l’Agenzia spaziale italiana (Asi), dovrebbero far riflettere seriamente su come muoversi per ottenere un minimo di successo serio e duraturo.

 

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