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Spazio Asi

Asi, come e perché lo spazio italiano è nel caos

L’Asi, sempre più curvata alle dinamiche di spartizione franco-tedesche di Esa, rischia di perdere anche l’ultima partita, l’assegnazione del direttorato Scienza all’Italia. Ecco perché. L'intervento di Paolo Chersei

 

È ormai caos nello spazio italiano. L’Asi (Agenzia spaziale italiana) sempre più curvata alle dinamiche di spartizione franco-tedesche di Esa, rischia di perdere anche l’ultima partita, l’assegnazione del direttorato Scienza all’Italia.

La sottrazione sarebbe preoccupante, perché gli ingaggi che gravitano attorno a questo direttorato impegnano un massiccio coinvolgimento sia della comunità scientifica che dell’industria nazionale, compreso l’apporto dell’indotto che incide fortemente su tutti i programmi spaziali.

I motivi del rischio di mancare per la seconda volta l’importante appuntamento di avere un Direttore Scienza italiano possono essere sintetizzati nella trasandatezza che avviluppa da anni tutto quanto fa amministrazione delle attività spaziali in Italia o più probabilmente nella presunzione che all’apice dell’Agenzia vi sia pronta qualche candidatura per il secondo direttorato, l’Estec, il centro dell’agenzia europea che ha sede a Noordwijk, nel sud dell’Olanda. Proprio il sito da cui proviene l’attuale presidente dell’ASI.

Ma acquisire la direzione di Estec è tecnicamente improbabile per un candidato o candidata italiani, visto che il direttore uscente è un altro italiano, Franco Ongaro, passato alla direzione di Strategie di Leonardo in sostituzione di Roberto Cingolani quando questi è stato nominato ministro nel governo di Mario Draghi. La possibilità di avere in un organismo internazionale due direttori della stessa nazionalità che si succedono è altamente improbabile.

Quanto sta accadendo nella politica spaziale italiana è preoccupante: specie perché siamo nell’imminenza della Conferenza Ministeriale dello spazio di Parigi che assegnerà le nuove sottoscrizioni degli Stati membri ai programmi dell’Esa e che vede impegnato il nostro Paese per circa due miliardi di euro. Al momento non si sa quale componente del nostro governo andrà a rappresentare l’Italia e con il Comint depotenziato – ricordiamo che il comitato interministeriale regolato dalla legge 7-2018 ha recentemente disertato la riunione in cui si sarebbe dovuta approvare la nomina di due ulteriori consiglieri di amministrazione dell’Asi – per cui è difficile giustificare questo “limbo”, quando tra meno di due mesi si terrà la Conferenza Ministeriale 2022.

Superfluo ma non per questo meno importante sottolineare che l’Italia – terzo contributore di Esa – dovrebbe pretendere la posizione apicale del Direttorato Scientifico e auspichiamo che il governo che verrà comprenda adeguatamente la valenza di questo incarico, che consoliderebbe una leadership nazionale, senza lasciar decidere al nuovo Ufficio per le Politiche Aerospaziali, costituito frettolosamente a Palazzo Chigi lo scorso luglio dal ministro Vittorio Colao, membro di un governo già in uscita, ma spinto dalla necessità di voler dare una sua personale persistenza ad un esecutivo che non ha mostrato una grande capacità politico-strategica nel settore spaziale.

A questo punto, se proprio c’è l’intenzione di creare una discontinuità con il passato, sarebbe un grande errore lasciare andare le cose come si sono svolte fino a ora secondo la regola intramontata del Gattopardo.

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