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Medicina Sistema Sanitario Italiano

Come rendere più efficiente il Sistema sanitario nazionale

Consigli e auspici per efficientare il Sistema Sanitario Nazionale di Stefano Biasoli, medico ospedaliero in pensione

Da cosa iniziare per riformare, in modo efficiente, il sistema sanitario italiano? Dal codice delle esenzioni cliniche e dalle ricette.

In sanità, poche cose assillano- nella prassi quotidiana – i pazienti cronici:

-le esenzioni per patologia;

-le ricette per gli esami radiologici e di laboratorio;

-le ricette per le visite specialistiche;

-la fornitura dei farmaci di uso quotidiano.

LE ESENZIONI PER PATOLOGIA

Sono uno dei paradossi della medicina italiana. Infatti sono affidate esclusivamente agli specialisti dipendenti e non agli specialisti convenzionati, per una atavica diffidenza nei confronti di questi ultimi. Come se solo  “i primi” fossero rigidamente attenti alle regole del Ssn ed alla spesa sanitaria e “i secondi” fossero invece delle cicale spendaccione.

La proposta, semplice, è quella di una modulistica unica (nazionale e regionale) che possa essere compilata da ogni specialista, per singola specialità e ben identificabile.

La popolazione invecchia e non è piu’ accettabile costringere il p., che deve rinnovare l’esenzione, ad una visita specialistica specifica per esenzione, presso un ospedale pubblico al 100% (quindi non convenzionato) gia’ oberato da lunghe liste di attesa, per motivi medici e non burocratici.

Un carico di lavoro inutile, che potrebbe essere evitato consentendo agli specialisti convenzionati la compilazione dei moduli esentanti, con adeguato tariffario e responsabilizzazione personale.  Si tratterebbe di un “compito essenziale” per la “poace sanitaria”, compito che potrebbe anche essere affidato agli specialisti pensionati, analogamente a quelli che dovrebbero fare “i controllori” per conto dell’INPS.

LE RICETTE PER LA FARMACEUTICA

Ulteriore aspetto, essenziale per cittadini e medici. Ogni Regione lo ha affrontato in modo diverso, anche “smaterializzando la ricetta rossa” e facendo arrivare direttamente in farmacia la “ricetta bianca smaterializzata”.

Comunque sia, il tutto presuppone che:

-il paziente si accorga che “sta finendo quel farmaco”;

-il paziente chiami il Mmg e gli ponga il problema (o usi il computer, se ne è capace e se dispone di Internet);

-il Mmg controlli il suo data base e poi invii in farmacia la ricetta smaterializzata;

-il farmacista avvisi il paziente che la ricetta è pronta;

-il paziente ritiri i farmaci.

5 passaggi, difficili se il soggetto è anziano, solo, poco mobile.

Soluzioni alternative? L’infermiere di quartiere o di famiglia? Poco credibile, come soluzione, se costui dovessi farsi carico di circa 1000 famiglie (2/3 dei pazienti di un Mmg al massimale). Sistema anglosassone? Inserimento, da parte del farmacista, delle pillole necessarie per 2-3 mesi, in boccette di vetro personalizzate con etichetta relativa al paziente ed al farmaco. Boccette da restituire, vuote, al termine del periodo di fornitura. In questo modo il farmacista controllerebbe il corretto consumo del farmaco, comunicando al curante (Mmg) eventuali anomalie.

Ulteriore alternativa? Contestualmente allo “scarico Irpef del farmaco” il farmacista dovrebbe effettuare uno “scarico automatico delle compresse/confezioni consegnate”, con tracciamento delle stesse.

Soluzione alternativa? Per le patologie croniche “superspecialistiche (trapianti, grave scompenso cardiaco, Bpco, malattie oncologiche, infezioni croniche) fornitura diretta del materiale ai pazienti, da parte dell’ospedale/distretto, analogamente a quanto avviene per i malatiin dialisi domiciliare.

LE RICETTE PER LA DIAGNOSTICA

In questa fattispecie il problema presenta alcune peculiarità. La diagnostica viene richiesta dal Mmg o dallo specialista, a ragion veduta, ossia dopo una visita medica. Sulla base delle regole regionali solo il Mmg o entrambi (Mmg/specialista) possono compilare e motivare la singola richiesta specifica. Comunque sia, compilata la richiesta, entrambi hanno a che fare con il Cup (centro unico di prenotazione), con l’organizzazione del Cup e con le difficoltà operative del Cup. Una fase fondamentale, che va analizzata in dettaglio perche’ si tratta di un “imbuto sanitario”.

IL CUP (CENTRO UNICO DI PRENOTAZIONE)

Come scritto, è attualmente l’imbuto del Ssn. Può essere, oggi, strutturato “per azienda ospedaliera” o “per provincia”, raramente “per Regione”. All’interno della stessa Regione i Cup non colloquiano tra loro, se non occasionalmente.

Ecco, occorre modificare il Cup, organizzandolo (almeno) su base provinciale, con una struttura analoga a quella del 118. Orario 8-20, almeno 4 postazioni per turno, affidate ad infermieri professionali (IP) esperti e formati ad hoc, con la supervisione di un medico/turno. Medico, anche pensionato! Vanno strutturate le richieste telefoniche dell’utenza, con la predisposizione di una serie di quesiti che l’operatore deve porre al chi chiama.

Ad esempio: anagrafica/residenza del soggetto; medico richiedente; prestazione richiesta; ipotesi diagnostica; tempistica richiesta; data dell’ultimo esame analogo effettuato; struttura che l’ha eseguito.

In caso  di richiesta incompleta/poco chiara, contatto diretto tra Cup e Mmg per chiarimenti, chiusura della procedura, con contatto ulteriore tra Cup e paziente, con fissazione di sede e data dell’esame.

N.B: E’ evidente che, se in Regione fosse già attivo il Microchip Sanitario/chiavetta Usb – come da me proposto in un precedente articolo -, questa procedura potrebbe essere semplificata: microchip/chiavetta-Lettore/computer-connessione con il Cup-colloquio telefonico per completare le informazioni necessarie o prenotazione informatica, con successivo colloquio telefonico, caso per caso.

Annotazioni. Oggi l’accesso al Cup è problematico, sia per i medici che per i pazienti, con enorme perdita di tempo per entrambi e con pesante insoddisfazione per entrambi. “Le liste  sono chiuse, richiami!”. “Liste chiuse, si rivolga altrove”. “Abbiamo posto tra 6 mesi”. E potremmo continuare…

In una struttura poliambulatoriale la richiesta medica potrebbe essere avviata dal personale di Segreteria, in raccordo diretto con il Cup e con colloquio diretto, in caso di dubbi.

Negli ambulatori individuali dei Mmg e dei medici specialisti la richiesta della prestazione (compilata che sia) andrebbe affidata al paziente, con colloquio diretto con il Cup o tramite apposito servizio di farmacia (a pagamento?) o con l’infermiere di quartiere.

Farmacia= nuovo luogo dei servizi sanitari!

Infermiere di quartiere: nuova figura per i servizi sanitari, con compiti non solo di medicazione ma anche di tutoraggio.

L’impostazione proposta sarebbe fondamentale per la diagnostica radiologica, interventistica (colonscopie, gastroscopie, biopsie, agoaspirati, etc) e strumentale varia (ECG, EMG, HOLTER, Uroflussometria…). Invece la diagnostica di laboratorio (su sangue, urine, saliva…) potrebbe essere diretta (individuale e informatizzata), prescindendo dai Cup, o avvenire tramite farmacia.

PAZIENTI CON GRAVI CRONICITA’/PLURIPATOLOGIE

Per tutti costoro va fatta un’analisi specifica. I pazienti oncologici, trapiantati, immunodepressi, con scompenso cardiaco in stadio 3°-4°, direttamente o in Irc in stadio 4°-5°, con grave BPCO, con DM instabile andrebbero sempre gestiti dal reparto (Uoc) di riferimento.

Eliminando al massimo i passaggi inutili, sia diagnostici che terapeutici. Inclusa la fornitura diretta di tutti i farmaci essenziali. A tutti costoro andrebbe fornito un codice di priorità per gli accessi al Ps (Pronto soccorso) e una linea telefonica dedicata, per gli interventi a domicilio.

L’esperienza Covid-19 ha dimostrato che tutti costoro non possono essere abbandonati a domicilio e non possono essere affidati “integralmente” al MMG. Non solo ma va garantito a tutti costoro l’uso dei farmaci piu’ efficaci e con minori complicanze, anche se costosi per il Ssn.

Un esempio? Va ridotto l’uso del Coumadin e di farmaci similari (dicumarolici) a favore degli anticoagulanti più moderni e meno associati a complicanze (ad esempio apixaban o similari), senza aspettare che questi si presentino e siano pericolose per l’ammalato e costose per il Ssn, per i costi derivanti dagli interventi necessari.

POLIAMBULATORI TERRITORIALI

L’esperienza Covid-19 ha anche insegnato che, per i pazienti ambulatoriali, l’accesso all’ospedale va sempre ridotto anzi va drasticamente ridotto in presenza di virosi. Ciò dovrebbe portare ad una nuova organizzazione della sanità regionale/nazionale, come da noi inutilmente proposto da almeno 10 anni. Ne riparleremo, nei dettagli. Per ora ci limitiamo a scrivere che, sul territorio, dovrebbero esistere alcune nuove aggregazioni/fattispecie.

STUDI AGGREGATI DI MMG

Almeno 1 ogni 9.000 abitanti, con 6 medici, 3 IP, una segretaria.

Orario di lavoro (a turno): ore 9-13; 14,30-20, quindi 9,30 ore/die per 6 giorni/settimana, in modo da consentire l’accesso all’ambulatorio a tutti.

In pratica, 56 ore di ambulatorio settimanale garantito dai 6 medici, con 8.30 ore/medico/settimana in ambulatorio e il restante debito orario individuale da usare in modo più razionale di oggi.

In alternativa, 100 ore complessive/settimana, per i 6 medici con 16-17 ore/medico/settimana nell’ambulatorio aggregato e con il restante orario contrattuale da usare per gli ambulatori personali, per le visite domiciliari e per le pratiche d’ufficio non delegabili.

I 3 infermieri professionali servirebbero per le medicazioni, i cateteri, le consuete pratiche infermieristiche, le telefonate al CUP, la tenuta delle cartelle infermieristiche. La Segretaria espleterebbe le attività burocratiche, la modulistica, il raccordo con il distretto.

POLIAMBULATORI SPECIALISTICI TERRITORIALI (EX OSPEDALIERI)

In spazi esterni agli ospedali vanno realizzati i poliambulatori specialistici, almeno 1/35.000 abitanti (ad esempio, 140 in Veneto), da implementare sia ex-novo sia utilizzando i poliambulatori convenzionati o privati già esistenti sul territorio regionale.

Sono tutti da mettere in rete e da organizzare con la presenza sia di specialisti ospedalieri in libera professione aziendale (extra orario di lavoro istituzionale) sia di specialisti convenzionati.

Se fossero messi in rete, ciò consentirebbe una loro classificazione/gerarchizzazione: da quelli con specialità di base (medicina interna, cardiologia, chirurgia generale, ortopedia, geriatria, neurologia, fisiatria, dermatologia) a quelli con specialità più complesse (endocrinologia, chirurgia maxillo-facciale, nefrologia, diabetologia, neurochirurgia, pneumologia, malattie infettive, medicina sportiva, oculistica…).

Andrebbe messa in rete anche la diagnostica radiologica ambulatoriale, per evitare duplicazione di apparecchiature e per consentire una corretta programmazione di modernizzazione delle stesse.

Un analogo programma andrebbe impostato per la diagnostica di laboratorio ambulatoriale e extra-ospedaliera.

In questa logica andrebbero favorite alcune innovazioni:

-l’effettuazione dei prelievi ematici/urinari nell’arco dell’intera fascia diurna (fatte poche eccezioni);

-una corretta informazione all’utenza prima di alcuni esami particolari (ormonali, raccolte urine nelle 24 ore, curve da carico, test di stimolazione/soppressione);

-l’identificazione di 1-2 laboratori regionali ove concentrare l’effettuazione di indagini ormonali particolari e/o di dosaggi “delicati”.

Esempi? Gli ormoni ipotalamici, ipofisari; i radicali liberi; Cat-SOD- GHPX; aminoacidi; immunità cellulare e umorale; frazioni Hdl; genetica; oligoelementi essenziali per il funzionamento ormonale (rame, selenio, cadmio..); inquinanti vari (arsenico, Pfoa, Pfas); farmaci immunomodulanti…

Anche in questo campo, la struttura organizzativa di supporto dovrebbe essere simile a quella dei poliambulatori privati al “top”, con ovvi raccordi con i Cup provinciali, per una ottimizzazione della risposta alle richieste cliniche.

Fondamentale, ancora una volta, la carta sanitaria con Microchip e la possibilità di prenotazioni con modalità diverse (di persona, telefonica, informatica..), con pagamento immediato (carta pre-pagata, farmacia, tabaccheria) al momento della conferma della data e dell’ora, onde evitare code per il pagamento  il giorno dell’esame) o “improvvisi buchi” per defezione del soggetto da esaminare.

La consegna dei referti potrebbe avvenire o in sede o per via informatica, sia a domicilio del paziente che nella farmacia abituale (servizio farmaceutico) e/o al medico di “base”, cui – in ogni caso- andrebbe inviata copia dei referti stessi.

Chi pensa che, questi, siano aspetti marginali del problema sanitario italiano, non conosce ciò che sta succedendo in sanità, in questi anni e soprattutto in tempo di Covid:

-interpellano il Mmg per chiarimenti;

-coinvolgono altre figure mediche, in presenza di “esami con asterischi” o con “avvisi di pericolo” (zone di grigio o similari);

-cercano (e spesso non trovano) specialisti di settore;

-inviano e-mail “disperate” agli amici medici;

– ottengono – via web – risposte sanitarie più o meno qualificate, spesso superficiali (quindi pericolose) perchè valutate frettolosamente e perchè gratuite (quindi, “wasting time”).

Tutta questa consulenza informatica andrebbe – almeno minimamente – normata, per evitare possibili contenziosi medico-legali, con pochi elementi documentali “a difesa”.

In Regione Veneto il problema è oggetto di un tavolo di confronto.

Ricordiamo tuttavia che esiste, già oggi, un  in grado di ottimizzare i referti, ridurre i rischi legati ad una diagnostica incompleta, ottimizzando nel contempo il ricorso ad eventuali analisi supplementari , a completamento della diagnostica iniziale stessa.

LA TEMPISTICA DEI CONTROLLI

In ogni Regione, le singole associazioni specialistiche mediche dovrebbero elaborare una tempistica di massima per i controlli ambulatoriali di specialità, con una ratifica ufficiale, anche tramite Bur.

Detta tempistica potrebbe essere applicata nel 90-95% delle cronicità stabilizzate, potendo/dovendo ovviamente essere derogata in presenza di novità cliniche significative in capo al singolo individuo nonchè in caso di importanti variazioni terapeutiche, da monitorare strettamente.

Detta tempistica (tempario) consentirebbe di:

-contenere l’abuso di prestazioni;

-evitare il superlavoro dei Cup, almeno di quello legato alle dimenticanze dei pazienti;

-favorire la fidelizzazione dei pazienti verso quel “certo” poliambulatorio;

-favorire l’identificazione dei giorni utili per i pazienti cronici;

-attivare una “rete di avvisi” ai pazienti, nei giorni precedenti i controlli programmati (Sms, telefonate etc);

Non si intende qui entrare nel dettaglio, ma ci si limita ad alcune domande retoriche.

DOMANDE RETORICHE, CHE RICHIEDONO RISPOSTE CONCRETE

– Con quale frequenza viene controllato uno SCC (scompenso cardiaco) in fase 3 -4 ?

– Con quale criterio si abbandona la terapia con dicumarolici a favore dei farmaci anticoagulanti piu’ moderni, ovvero con minori effetti collaterali e senza obbligo di monitoraggio periodico ?

– Ogni quanti mesi si controlla/monitora una BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) ?

– Ogni quanti mesi si controlla un DM2 (diabete mellito 2) o, meglio, le potenziali complicanze di un DM2?

– Ogni quanti mesi si controlla una obesità di 3° grado?

– Ogni quanti mesi si controllano le condizioni motorie/cognitive di un disabile o di un residente in  una RSA?

-Ogni quanti mesi vanno riclassificati i disabili ( e non solo per le pratiche di accompagnamento)?

-Ogni quanti mesi vanno valutate le esenzioni per patologia?

-Ogni quanti mesi vanno rivalutate le esenzioni per reddito?

-Ogni quanti mesi andrebbe fatta una revisione ragionata della terapia in atto e delle interrelazioni tra i farmaci ?

-Ogni quanti mesi dovrebbe essere attuata una valutazione adeguata dell’assetto nutrizionale dei cronici?

– In tempi di Covid, qual è la tempistica ottimale per le vaccinazioni antinfluenzale e antipneumococcica, in attesa del vaccino specifico?

(Terza ed ultima parte di un intervento di Stefano Biasoli; qui rispettivamente la prima e la seconda)

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