La sentenza negli Stati Uniti su Google, che avrebbe abusato della propria posizione dominante nel mercato delle ricerche online per impedire la concorrenza, è già stata definita storica benché il caso non sia ancora concluso – la società ha detto che farà appello – e benché le conseguenze concrete non siano chiare.
Il giudice federale, infatti, ha sì stabilito che Google ha mantenuto illegalmente il suo monopolio, ma non ha proposto soluzioni per rimediare a questa situazione: si parla di forzare lo scorporo di una parte dell’azienda (un’opzione ritenuta però improbabile), oppure di vietare alla società di stringere accordi economici con i produttori di smartphone per impostare Google Search come motore di ricerca predefinito.
GLI SFORZI DI MICROSOFT CON BING
La sentenza su Google potrebbe favorire Microsoft, che da anni sta cercando di intaccare il dominio del gigante californiano con un proprio motore di ricerca, Bing. Eppure, nonostante Microsoft sia una società dalla capitalizzazione di 3000 miliardi di dollari, proprietaria di un diffusissimo sistema operativo (Windows) e anche di un browser web (Edge), questi sforzi non stanno dando grossi risultati: secondo le rilevazioni di StatCounter, Google Search ha ancora una quota di mercato di circa il 90 per cento negli Stati Uniti mentre Bing – al secondo posto – del 7,4 per cento; seguono Yahoo! con il 2,5 per cento e DuckDuckGo con il 2,1.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E POP-UP
Nel tentativo di accorciare il divario con Google, Microsoft ha investito per dotare Bing di funzioni di intelligenza artificiale e ha anche riempito di pop-up le schermate di Chrome (il browser di Google, che fa concorrenza a Edge) sui dispositivi con Windows 10 e Windows 11 per pubblicizzare il suo motore di ricerca: se un utente clicca di sì sulla notifica, Windows imposterà Bing come motore di ricerca predefinito su Chrome.
COSA SCELGONO GLI UTENTI
Per la corte del distretto di Columbia, Google Search è così utilizzato non soltanto per le sue qualità, ma anche perché è il motore di ricerca predefinito sugli smartphone di Apple e Samsung e sui browser come Firefox di Mozilla: Google si garantisce questa condizione versando ogni anno cifre miliardarie – oltre 26 miliardi di dollari nel 2021 – a queste aziende.
Satya Nadella, l’amministratore delegato di Microsoft che ha partecipato come testimone alla causa contro Google, ha parlato della relazione economica tra Google e Apple come di un “oligopolio”. L’anno scorso Google ha pagato ad Apple circa 20 miliardi di dollari affinché il suo motore di ricerca fosse quello predefinito sugli iPhone, una cifra che equivale al 18 per cento del risultato operativo della società guidata da Tim Cook.
Nella sentenza il giudice Amit Mehta ha voluto sottolineare l’importanza delle impostazioni predefinite per il successo di un motore di ricerca. Ha portato proprio l’esempio di Bing, che sul browser Edge di Microsoft – dove è il motore di default – è il più utilizzato con una quota dell’80 per cento. A detta del giudice, ciò dimostrerebbe che altri motori di ricerca possono avere successo se Google Search non è sempre impostato come opzione predefinita.