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Google è monopolista. Parola di giudice Usa

Secondo una corte federale negli Stati Uniti, Google ha agito illegalmente per limitare la concorrenza e mantenere il monopolio sulle ricerche Internet. Tutti i dettagli di una sentenza definita storica.

Un giudice federale negli Stati Uniti ha stabilito che Google ha agito illegalmente per mantenere il suo monopolio nella ricerca online. La sentenza, emessa dal giudice Amit Mehta del distretto di Columbia (ossia di Washington, la capitale del paese), è stata definita dal New York Times “una decisione storica […] che potrebbe modificare radicalmente” le modalità di business delle grandi compagnie tecnologiche.

“Google è un monopolista”, ha scritto Mehta nella sentenza, “e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio”.

Nel 2020 Google era stata accusata di abuso di posizione dominante dal dipartimento di Giustizia e da alcuni stati degli Stati Uniti, secondo cui la società aveva pagato cifre miliardarie ad altre aziende – come Apple e Samsung – per far sì che le ricerche sul web effettuate sui loro dispositivi e browser venissero gestite automaticamente dal motore di ricerca Google Search.

UNA SENTENZA STORICA PER L’ANTITRUST AMERICANO

L’ultima grande sentenza antitrust negli Stati Uniti nei confronti di una società tecnologica risale a oltre vent’anni fa, contro Microsoft; da allora, però, sia Internet sia i modelli di business associati sono cambiati radicalmente. Per questo la professoressa Haw Allensworth dell’Università Vanderbilt ha detto al New York Times che quello contro Google è “il caso antitrust più importante del secolo” e il quotidiano ha scritto che la sentenza finirà probabilmente per influenzare le altre cause governative contro Apple, Amazon e Meta (ma anche contro Google, dato che è in corso un’altra causa sulla pubblicità online).

La sentenza di lunedì potrebbe quindi ripercuotersi sulle attività di Google in un momento delicato, nel quale l’azienda – che possiede effettivamente una posizione dominante nelle ricerche su Internet: basti pensare al neologismo “googlare”, diventato di uso comune – sta investendo parecchio nell’intelligenza artificiale per respingere i potenziali rivali.

COSA FARÀ GOOGLE?

Nella decisione del giudice non si fa menzione di rimedi per le pratiche scorrette della società, che potrebbe venire costretta a rivedere il proprio modello di business o a scorporare delle parti.

Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sostiene che quasi il 90 per cento delle ricerche sul web avvengano sul motore di ricerca di Google, permettendo all’azienda di generare profitti miliardari. Allo stesso tempo, Google spende cifre miliardarie ogni anno per essere il motore di ricerca predefinito sui browser di Apple (Safari) e di Mozilla (Firefox): ad esempio, nel 2021 la società ha pagato circa 18 miliardi ad Apple, ha scritto il New York Times.

Google ha detto che farà ricorso in appello contro la sentenza, la quale – a detta di Kent Walker, presidente degli Affari globali – “riconosce che Google offre il miglior motore di ricerca, ma conclude che non dovremmo essere autorizzati a renderlo facilmente disponibile”.

LA TESTIMONIANZA DI NADELLA (MICROSOFT)

Tra i testimoni del processo c’era anche Satya Nadella, l’amministratore delegato di Microsoft, che si è detto preoccupato del fatto che la posizione dominante di Google abbia creato un “web Google” e ha definito un “oligopolio” la relazione tra la società e Apple. Secondo Nadella, se Google verrà lasciata libera finirà per dominare anche il settore dell’intelligenza artificiale.

Microsoft sta cercando di intaccare la quota di mercato di Google nelle ricerche web attraverso un proprio motore di ricerca, Bing, dotato di funzionalità di intelligenza artificiale.

LA RISPOSTA DI PICHAI

Nella sua testimonianza l’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, ha detto che l’azienda ha creato un servizio migliore per i consumatori, che scelgono Google Search perché lo trovano utile. Il principale avvocato della società ha aggiunto che “Google sta vincendo perché è migliore”.

Secondo il governo statunitense, tuttavia, Google ha impedito alla concorrenza di raggiungere le dimensioni necessarie a competere con il suo motore di ricerca; allo stesso tempo, ha potuto raccogliere grandi quantità di dati dei suoi utenti per migliorare Google Search e renderlo ancora più dominante. Il giudice Mehta è d’accordo con questa versione: gli accordi con le altre società per rendere Google Search il motore predefinito sui dispositivi mobili e sui browser ha danneggiato la concorrenza e ha reso molto più difficile per le aziende rivali sfidare la sua posizione dominante. Questi accordi, ha scritto Mehta, “hanno dato a Google l’accesso a un’economia di scala che i suoi rivali non possono eguagliare”.

Nella sentenza, inoltre, si afferma che il monopolio di Google nella ricerca sul web le ha permesso di gonfiare i prezzi per le inserzioni pubblicitarie.

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