Nella corsa per l’intelligenza artificiale (IA) generativa – e la sua regolamentazione – la Cina vuole arrivare prima di tutti e, se come annunciato, il 15 agosto entreranno in vigore le sue linee guida allora ci sarà riuscita.
Già ad aprile Pechino si era mossa in questa direzione e aveva lasciato intendere che le regole per l’IA generativa, tipo ChatGpt, sarebbero state molto rigide soprattutto per l’effetto che i chatbot possono avere sulla “mobilitazione sociale”. Ora, però, sembra voler affrontare la questione in una maniera più morbida.
LA BOZZA DEL REGOLAMENTO SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN CINA
La bozza con le linee guida per la gestione dell’IA era arrivata ad aprile dalla Cyberspace Administration of China (CAC), l’autorità cinese di regolamentazione di internet, che l’aveva resa visibile fino al 10 maggio per dare la possibilità al pubblico di commentarla.
Come preannunciato, terminata questa fase, il regolamento sarebbe entrato in vigore prima della fine dell’anno. E, ora, pare che ci sia una data ufficiale: il prossimo 15 agosto.
COSA PREVEDE E QUALI SONO STATE LE MODIFICHE
Rispetto alla versione iniziale, l’ultima pubblicata dalla CAC ha eliminato o chiarito alcune restrizioni rendendo più lente le strette maglie ipotizzate ad aprile.
Le norme di Pechino, riferisce Quartz, si applicheranno a tutti i servizi di IA generativa offerti al pubblico, tuttavia, le tecnologie sviluppate per essere utilizzate solo al di fuori del Paese sono ora esenti dalle regole.
La prima bozza poi parlava di multe non inferiori a 10.000 yuan (1.400 dollari) e non superiori a 100.000 yuan (14.000 dollari), mentre nell’ultima versione non vengono citate.
Infine, il testo originario diceva che i fornitori di servizi di IA generativa devono “essere in grado di garantire l’autenticità, l’accuratezza, l’obiettività e la diversità dei dati”. Ora, le parole sono state modificate ed “essere in grado di garantire” è diventato “prendere misure efficaci” per migliorare la qualità dei dati di formazione e aumentare l’autenticità, l’accuratezza, l’obiettività e la diversità dei dati di formazione.
COSA NON CAMBIA
Sempre Quartz fa sapere che, invece, alcune regole presenti nella prima bozza sono rimaste invariate. Tra queste, l’obbligatorietà per i fornitori di servizi di IA generativa di sottoporsi a una valutazione di sicurezza prima di essere rilasciati al pubblico e l’adesione ai valori socialisti.
Ad aprile la CAC aveva infatti dichiarato che la Cina “sostiene l’innovazione e l’applicazione dell’intelligenza artificiale e incoraggia l’uso di software, strumenti e risorse di dati sicuri e affidabili, ma i contenuti prodotti dall’IA generativa devono essere in linea con i valori socialisti fondamentali del Paese”, così come con le leggi sulla sicurezza dei dati e sulla protezione delle informazioni personali.
COME VA LA RIVALITÀ TECNOLOGICA TRA CINA E STATI UNITI
In risposta agli occidentali ChatGpt di OpenAI, Bard di Google e aspiranti tali, la Cina ha già schierato Ernie Bot di Baidu, Tongyi Qianwen di Alibaba, Hunyuan Aide di Tencent e SenseChat di SenseTime.
La stretta di Pechino – e quella che arriverà da Stati Uniti e Unione europea sugli strumenti di intelligenza artificiale generativa – avrà un ruolo fondamentale nel determinare vincitori e vinti di questa futuristica battaglia, con ovvie ripercussioni sugli investimenti, che tuttavia non saranno l’unico fattore decisivo.
Per la Cina, infatti, afferma Quartz, “rendere più permissive le regole governative potrebbe favorire ulteriormente lo sviluppo interno”. Inoltre, come ricordava qualche tempo fa Bloomberg, l’informatico Kai-Fu Lee, nel suo libro AI Superpowers: China, Silicon Valley, and the New World Order, ritiene che, nella competizione con gli Stati Uniti, la Cina potrebbe avere la meglio grazie alla creazione rapida di prototipi, alla raccolta di dati sui consumatori e al sostegno del governo.
Sebbene secondo i dati del 2022 di CB Insights, i finanziamenti per le startup di IA con sede negli Stati Uniti sono stati più di cinque volte superiori di quelli della Cina, per Kai-Fu “gli Stati Uniti possono essere in testa alle scoperte sull’IA, ma gli imprenditori cinesi sono più bravi a metterle in pratica”.
Inoltre, il South China Morning Post scrive che “la Cina ha ora un numero di startup di IA generativa superiore a qualsiasi altro Paese, raggiungendo quota 22 alla fine della prima metà dell’anno, rispetto alle 21 degli Stati Uniti”.
Resta un’incognita capire, invece, come si metteranno le cose in futuro quando i chatbot cinesi dovranno vedersela anche con le restrizioni degli Stati Uniti sulle esportazioni di tecnologia. Il Scmp osserva infatti che “andare oltre il mercato nazionale potrebbe essere più difficile, ma Hong Kong ritiene di poter essere un canale per questo”.
CONSEGUENZE DEL LIMBO DI USA E UE NELLA REGOLAMENTAZIONE DELL’IA
Lo stallo sulla regolamentazione dell’IA negli Stati Uniti e nell’Unione europea, che sta lavorando all’AI Act, secondo Jeff Wong, global chief innovative officer di EY, citato da Quartz, “mette le aziende, in particolare le startup, in una situazione difficile quando si tratta di costruire i loro prodotti di intelligenza artificiale” e questo le spingerebbe “a trasferirsi in Paesi meno restrittivi per evitare la regolamentazione”.
Ecco perché, come ha fatto il padre di ChatGpt, Sam Altman, nel suo tour europeo e OpenAI con le sue attività di lobbying a Bruxelles, le società stanno esercitando pressioni sui governi sì per regolamentare l’IA ma in un modo che vada a proprio vantaggio.
E potrebbero avere la meglio perché, come ipotizza Wong, è difficile che vogliano rinunciare “alla crescita economica che deriva dall’innovazione”.