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Sari Real Time

Riconoscimento facciale, Garante Privacy blocca Sari Real Time del Viminale

Il Garante Privacy boccia il riconoscimento facciale tramite Sari Real Time proposto dal Viminale. Tutti i dettagli

Il Garante della Privacy blocca l’utilizzo del sistema di riconoscimento facciale Sari Real Time da parte del ministero dell’Interno.

Secondo l’autorità garante per la protezione dei dati personali manca la base giuridica che legittimi il trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza.

Inoltre, per il Garante, il sistema Sari Real Time “realizzerebbe per come è progettato una forma di sorveglianza indiscriminata/di massa”.

All’inizio di quest’anno il ministro dell’Interno Lamorgese ha ricordato che il Viminale “ha avviato un progetto finalizzato a introdurre un sistema automatico a riconoscimento immagini (Sari) allo scopo di garantire un efficace supporto alle attività istituzionali volte alla repressione dei reati e alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il sistema Sari è composto da due componenti indipendenti. La prima Sari Enterprise e la seconda Sari Real Time”.

E proprio su questa seconda componente l’autorità presieduta da Pasquale Stanzione ha dato parere negativo.

“Il Garante della Privacy ha appena bocciato il possibile utilizzo da parte dell’Interno del Sari Real Time. Un passo molto importante nella tutela dei diritti delle persone”. Ha commentato su Twitter il deputato Pd Filippo Sensi. La settimana scorsa proprio Sensi ha depositato una proposta di legge che chiede una moratoria sull’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici.

Tutti i dettagli.

LO STOP DEL GARANTE PRIVACY

Non è favorevole il parere del Garante per la protezione dei dati personali sull’utilizzo del sistema Sari Real Time da parte del Ministero dell’interno.

COME FUNZIONA SARI REAL TIME

Come aveva spiegato Lamorgese, a differenza di Sari Enterprise, ‘Real time’ “permette di acquisire e trasmettere flussi video in contesti operativi differenziati attraverso un sistema multi tecnologico qualora sia necessario confrontare in tempo reale immagini con i volti presenti in una determinata banca dati”.

Il sistema sottoposto all’esame dell’Autorità non è ancora attivo.

Sari Real Time “consente attraverso una serie di telecamere installate in una determinata area geografica, di analizzare in tempo reale i volti dei soggetti ripresi, confrontandoli con una banca dati predefinita (denominata “watch-list”), che può contenere fino a 10.000 volti. Qualora, attraverso un algoritmo di riconoscimento facciale sia riscontrata una corrispondenza tra un volto presente nella watch-list ed un volto ripreso da una delle telecamere, il sistema è in grado di generare un alert che richiama l’attenzione degli operatori delle Forze di Polizia”.

“Il sistema consente, inoltre, — puntualizza il Garante Privacy nella nota diffusa — di registrare le immagini riprese dalle telecamere, svolgendo una funzione di videosorveglianza”.

POSSIBILITÀ DI SORVEGLIANZA UNIVERSALE

Inoltre il Garante, in linea con quanto stabilito dal Consiglio d’Europa, “ritiene di estrema delicatezza l’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale per finalità di prevenzione e repressione dei reati. Va considerato, in particolare, – afferma il Garante – che Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala che può riguardare anche persone presenti a manifestazioni politiche e sociali, che non sono oggetto di “attenzione” da parte delle forze di Polizia. Ed anche se nella valutazione di impatto presentata il Ministero spiega che le immagini verrebbero immediatamente cancellate, l’identificazione di una persona sarebbe realizzata attraverso il trattamento dei dati biometrici di tutti coloro che sono presenti nello spazio monitorato, allo scopo di generare modelli confrontabili con quelli dei soggetti inclusi nella “watch-list”. Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell’attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale”.

MANCA LA BASE NORMATIVA

È proprio a causa della loro forte interferenza con la vita privata delle persone che la normativa in materia di privacy stabilisce rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati, i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa. “Base normativa che non è stata rinvenuta nella documentazione fornita dal Ministero dell’interno” evidenzia l’autorità.

Infine, secondo il Garante “una base normativa adeguata dovrebbe tener conto di tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l’uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza. Ciò vale anche per aspetti fondamentali dell’impiego della tecnica di riconoscimento facciale, come i criteri di individuazione dei soggetti che possono essere inseriti nella watchlist, le conseguenze in caso di falsi positivi o la piena adeguatezza del sistema nei confronti di persone appartenenti a minoranze etniche”.

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